Floranet Life, il progetto per salvare dall’estinzione i fiori rari dell’Appennino abruzzese è stato un successo

Di Martino: «L’Appenino centrale, e più in generale le aree montuose italiane localizzate proprio al centro del bacino del Mediterraneo, sono un “hot spot” per la diversità della vita»

[25 Novembre 2021]

Avviato nel 2016, il progetto Floranet Life – dedicato alla salvaguardia e valorizzazione delle specie vegetali della flora appenninica di interesse comunitario – si sta concludendo a Sulmona con il meeting finale, che sta mostrando i frutti dell’iniziativa condotta grazie al contributo del programma Life dell’Ue e condotto dal Parco nazionale della Maiella con il Parco nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, il Parco regionale Sirente Velino, l’Università di Camerino e Legambiente.

«Floranet rappresenta pienamente l’idea di comunicare la straordinaria relazione tra l’Appennino e i suoi Parchi, intesi come strumento di conservazione e al contempo di riscatto culturale, economico e sociale di aree segnate da secoli di marginalità – spiega Stefano Raimondi, coordinatore nazionale Aree protette e biodiversità di Legambiente – La sua cifra distintiva è proprio quella di prevedere, accanto alla tutela e alla valorizzazione della biodiversità, anche la capacità di accompagnare le azioni di conservazione con una profonda azione di responsabilizzazione, in grado di incidere positivamente sui comportamenti individuali di chi lavora e vive in questi luoghi o, più semplicemente, ama frequentarli».

Floranet ha infatti scelto sette specie floristiche a rischio di estinzione presenti nel territorio appenninico Abruzzese e ha avviato un’intensa attività di ricerca, catalogazione, conservazione e propagazione, con l’obiettivo di preservare le popolazioni esistenti, riducendo le minacce legate alla pressione antropica e all’evoluzione spontanea della vegetazione naturale, e di aumentarne il numero, sia attraverso la riproduzione sul campo, che in vivaio, a partire da propaguli (semi e altre parti della pianta) raccolti in natura su cui sono state effettuate le analisi dei processi di germinazione.

L’attività scientifica sulle sette specie target (Giaggiolo della Marsica (Iris marsica), Scarpetta di Venere (Cypripedium calceolus), Androsace di Matilde (Androsace mathildae), Astragalo aquilano (Astragalus aquilanus), Serratula a foglie seghettate (Klasea lycopifolia), Adonide ricurva (Adonis distorta) e Senecio dell’isola di Gotland (Jacobaea vulgaris subsp. gotlandica) ha prodotto risultati molto soddisfacenti.

In particolare, le azioni di restocking, ossia il rinforzo delle popolazioni esistenti e la creazione di nuove stazioni, hanno portato a 5 nuovi popolamenti tra le diverse specie. Le azioni concrete sono state finalizzate a interventi selvicolturali, all’eliminazione/riduzione di specie concorrenti, alla protezione delle popolazioni a rischio e all’adeguamento dei confini dei Sic alla reale distribuzione delle specie.

Inoltre la raccolta di propaguli ha interessato oltre 100.000 unità tra semi, stoloni, rizomi e capsule con semi (questi ultimi per Cypripedium calceolus), utilizzati poi nella riproduzione vivaistica delle piante. Sono state propagate in vitro circa 200 piantine di Androsace mathildae e Cypripedium calceolus. Per Cypripedium calceolus è stato effettuato il test di germinazione asimbiotico di oltre 10.000 semi, con la produzione di 100 piantine attualmente in coltivazione.

«Concludiamo un progetto che ha visto tutti i partner lavorare con entusiasmo verso il comune obiettivo di salvaguardare e valorizzare il prezioso patrimonio di biodiversità dell’Appennino abruzzese attraverso azioni di tutela ispirate alla sostenibilità ambientale ed economica quale garanzia di benessere socio-economico a scala locale e globale – dichiara il direttore f.f. del Parco nazionale della Maiella Luciano Di Martino – Le specie oggetto del progetto sono legate sia ad habitat primari (rupi e ghiaioni di alta quota) che secondari (pascoli, arbusteti, boschi, campi coltivati a diverso grado di utilizzo). Questi ultimi rappresentano un’ottima base di osservazione per le trasformazioni ambientali avvenute nel corso dei secoli (dal neolitico ai giorni nostri) a fini agricoli e pastorali. Per molto tempo gli agroecosistemi hanno rappresentato un sistema stabile, in termini di produzioni e di occupazione dei territori, con un corteggio floristico che esprime appieno anche le vicende storiche e culturali. Le ulteriori conoscenze acquisite confermano che l’Appenino centrale, e più in generale le aree montuose italiane localizzate proprio al centro del bacino del Mediterraneo, sono un “hot spot” per la diversità della vita».