Riceviamo e pubblichiamo

Fermiamo la strage di alberi

Le affermazioni abituali e la realtà

[20 Febbraio 2023]

Non si ferma la sindrome del povero Pino  Domestico che ha colpito i nostri amministratori toscani  ma anche una parte dei cittadini,   così se ne vanno piante mature che invece di continuare ad assorbire CO2 moriranno e come dice l’esperto Zanzi Daniele per ogni pianta tagliata ne dovremmo ripiantare 2600 e non una come dicono assessori e sindaci .

Crediamo che sia giunto il momento di abbandonare quelle assunzioni considerate vere o meglio quegli slogan che poi veri non sono, ma che, si sono affermati. Bisogna anche smettere di rivolgersi a personale definito esperto di queste tematiche, quando esperti non  sono, a meno che lo scopo non sia solo di scaricare su altri la responsabilità di dubbie  decisioni .

Affermazione abituale: gli alberi inclinati prima o poi cadono.

Gli alberi non sono materiali inerti a cui possono essere applicati leggi valide per profilati metallici o strutture minerali, o dai quali ci si aspettano reazioni semplici e dirette alle forze applicate. Gli alberi sono esseri viventi e si sono adattati alle condizioni più svariate adottando strategie che permettono risposte apparentemente non immaginabili. Un albero può inclinarsi per svariate ragioni (vento, conformazione del terreno ecc…) ma non è detto che, per questo motivo, perda stabilità. L’albero sviluppa, proprio nella zona meno stabile, un apparato radicale più ampio e profondo, avvolgendo sassi e infilandosi nella roccia per ancorarsi meglio e resistere ancora di più alle forze a cui è sottoposto. Nella zona del tronco soggetta ad un maggiore carico sviluppa una grande quantità di lignina che lo rende resistente alla rottura. Per questo motivo gli alberi sostengono gli argini nei versanti più scoscesi anche inclinandosi. Tagliare gli alberi che si sono inclinati non ha senso. Se facessimo questo addirittura in un terreno scosceso favoriremo le condizioni di smottamento.

Affermazione abituale: La potatura degli alberi rinvigorisce la pianta e la rende più sana.

La potatura degli alberi delle nostre città (sia per le conifere: pini, abeti, cedri, cipressi, sia per latifoglie: platani, tigli, lecci ecc…) va riservata alla asportazione delle parti secche. Sono interventi eccezionali e rari. Non serve quindi sprecare un enorme quantità di soldi pubblici per questi interventi che non sono utili, ma fortemente dannosi o addirittura deleteri. Il falso credo che con i tagli drastici la pianta si rinforzi e si risani è una enorme sciocchezza, smentita dalla letteratura e dalla pratica che ha portato a raccomandazioni specifiche anche nelle Linee Guida emanate dal Ministero dell’Ambiente.  Dopo il taglio la pianta emette una grande quantità di foglie giovani e verdi. Questa è la ragione che può far pensare a chi non è competente, che la pianta stia reagendo bene al taglio e che si stia rinvigorendo. In realtà questa non è altro che una reazione parossistica ad una condizione di stress, poiché la pianta si trova improvvisamente privata degli organi indispensabili per la fotosintesi e le sue attività metaboliche. E’ come se venisse soffocata. Se osservate i nostri platani, sottoposti a drastiche ed annuali potature, non mostrano una struttura armonica, ma presentano nella chioma una sorta di addensamenti scuri come fossero dei “bottoni”, distribuiti in corrispondenza dei punti dove sono stati eseguiti i tagli. Questo lo può notare chiunque. Infatti la pianta emette una grande quantità di piccoli rami a raggiera intorno al taglio, posizionando i nuovi rami in maniera disordinata. Si formano così una serie di ciuffi di rami che cambiano anche esternamente la fisionomia della pianta, come se fosse corredata di palle scure, una sorta appunto di bottoni. L’equilibrio ormonale viene sconvolto. Si apre così l’ingresso ai più svariati patogeni: batteri, funghi e virus, oltre che a favorire i danni da gelo.  Gli alberi che ne risultano non sono alberi rigogliosi che esercitano a pieno le loro funzioni, ma alberi al limite della loro capacità di sopravvivenza.  Se poi, invece di praticare i tagli a livello dei nodi, dove la pianta riesce a sviluppare tessuti speciali per consentire la deviazione dei rami e che sono dotati di una funzione protettiva, andiamo a posizionare i tagli nelle zone internodali, dove i meccanismi di difesa non sono espressi, allora il danno risulta ancora maggiore e amplifichiamo l’opera di distruzione.

Affermazione abituale: questo albero è malato quindi va abbattuto

Un albero convive con patogeni tutta la vita. Quindi mette in atto strategie di difesa che gli permettono di vivere in equilibrio con funghi, batteri virus ed insetti. Prima di dichiarare un albero malato, dovremmo constatare una infezione veramente seria o pericolosa. (Anche se con gli interventi sconsiderati di potatura facciamo tutto il possibile per ridurlo in queste condizioni) Troppo spesso si porta questo argomento a giustificazione di un abbattimento

Rimedio abituale: Tolgo un albero (adulto), ma ne pianto un altro (giovane).

E’ un mito da sfatare quello relativo alla sostituibilità di una pianta con un’altra. Ricerche recenti dettagliano le azioni che un albero svolge traducendole in numeri precisi. Mi riferisco per esempio alla quantità di anidride carbonica fissata da una pianta in un anno. Ebbene per sostituire un albero di grandi dimensioni, esempio un pino di 70-80 anni, occorrerebbe piantare circa 3000 nuovi alberi. Quando si elimina una pianta di queste dimensioni si arreca un danno alla comunità e quindi a noi cittadini. In un momento storico in cui ci viene raccomandato di attuare tutte le strategie possibili per abbassare i livelli di gas serra e contrastare il cambiamento climatico, non possiamo eliminare i grandi alberi, che sono tra i sistemi (viventi) più utili per contenere i livelli di CO2, sostituendoli magari con una solo piantina.

Affermazione abituale: Le radici dei pini sono superficiali e deformano l’asfalto creando disagi e pericoli.

Le radici dei pini, spesso considerate un grosso problema, diventano superficiali se copriamo il terreno con l’asfalto fino ad arrivare a ridosso del fusto. Questo succede perché in questa situazione alle radici non arriva più ossigeno, per cui queste si avvicinano alla superficie. Se intorno alla base del pino fosse lasciato uno spazio adeguato libero dall’asfalto, questo problema sarebbe fortemente ridotto. Dove non è possibile operare questa liberazione dall’asfalto potremo usare altri sistemi che sono stati adottati con successo, per esempio sui viali dei pini a Lignano Sabbiadoro in provincia di Udine, a Toscolano Maderno sul lago di Garda e sul viale Ceccarini a Riccione

Obiezione abituale: Gli interventi di salvaguardia dei pini costerebbero molto.

I costi di queste operazioni li potremo ricavare da quelli destinati alle operazioni di potatura che praticamente andrebbe quasi eliminata, ma che sono altissimi e rappresentano una grande percentuale dei soldi destinati al verde pubblico

Gli alberi ed il verde urbano, oltre alle funzioni sopracitate, ci aiutano a mantenere una adeguata ossigenazione e filtrazione dell’aria, a ridurre le bolle di calore, sempre più frequenti ed intense, ed a rendere le città più sane e vivibili.

Quando gestiamo questa importantissima risorsa dovremo fare il massimo sforzo per mantenerla e migliorarla con valutazioni molto approfondite.

Legambiente  Costa Etrusca                                                                                            

Movimento  Ambientalista Cecinese                                  

Comitato Rifiuti Zero Cecina