Fare sistema: aree protette e integrazione delle competenze

In linea con l’iniziativa europea sugli impollinatori, i Parchi nazionali stanno esprimendo il meglio attraverso 5 progetti su base ecoregionale e trasversale: l’esempio dell’app Bio-Poms Italia

[27 Ottobre 2022]

La direttiva del ministero per la Transizione ecologica per i progetti di conservazione della biodiversità nei Parchi nazionali e nelle Aree marine protette, su specifiche linee guida coerenti con la strategia nazionale, è diventata nel corso degli anni – insieme ai progetti Life –, uno degli strumenti più importanti per il monitoraggio e la programmazione dei progetti di tutela della biodiversità e degli ecosistemi del Paese (modifiche articoli 9 e 41 della Costituzione italiana).

Questo insieme di azioni su specie ed habitat, costante e continuo nelle attività e missione dei Parchi nazionali e delle Aree marine protette, è volto ad affermare il valore specifico della nostra biodiversità attraverso il lavoro scientifico e il continuo aggiornamento tecnico nel sistema delle Aree protette italiane, integrato dallo sviluppo delle conoscenze scientifiche dell’Ispra e delle università italiane.

Fare sistema, nel mondo delle Aree protette, è sempre stato complesso. Lo hanno dimostrato piani, programmi e progetti che seppure lungimiranti restano inattuati e/o condizionati da logiche miopi e autoreferenziali, come la previsione e mancata attuazione dell’art. 1 bis della stessa legge quadro sulle Aree protette n. 394/91, sui “Programmi nazionali e politiche di sistema” e dell’art. 4 della stessa legge quadro sul “Programma triennale per le aree naturali protette” avviato e poi sospeso per carenza di fondi, ma anche il progetto Ape – Appennino Parco d’Europa che aveva coinvolto anche le Regioni dell’Appennino centrale, subendo una lenta agonia per la troppa lungimiranza dell’azione e mai più riproposto.

Fare sistema è guardare tutti nella stessa direzione. In un ecosistema i singoli soggetti mantengono la propria autonomia gestionale ma sono tenuti insieme da uno schema organizzativo e da una fitta rete di legami e di relazioni che gli consente di muoversi come un’unica impresa.

Questo approccio scientifico e culturale, prima che operativo, si attaglia perfettamente ai processi di crescita e sviluppo delle azioni di sistema nelle Aree protette italiane, per formazione e caratteristiche proprie della stesse Aree protette, ampiamente vissute dai territori ormai ben consapevoli delle proprie risorse ed oggi protagonisti della tutela e valorizzazione di ambienti sani nei quali si sviluppa e costruisce giorno dopo giorno, dalla tradizione all’innovazione, un modello di qualità della vita, certamente utile al resto del Paese in questa difficile fase di transizione ecologica e digitale.

La prima direttiva del ministro dell’Ambiente, emanata nel dicembre 2012 dal ministro pro tempore e rivolta solo ai Parchi nazionali, si proponeva quale strumento d’indirizzo per la pianificazione degli obiettivi di miglioramento delle performance degli Enti parco, con l’obiettivo di rendere attivi gli scopi e le finalità istitutive delle Aree protette promosse dalla legge n. 394/91.

Le direttive, negli anni, hanno evidenziato l’importanza di rafforzare il sistema delle Aree protette a terra e a mare, valorizzandone in particolare il significativo ruolo di sistema per la tutela della biodiversità e dei servizi ecosistemici, che rappresentano quella serie di servizi che i sistemi naturali generano a favore dell’uomo (Millennium ecosystem assessment, 2005), su aree vaste del Paese (connessioni ecologiche).

Dal 2012 al 2018 sono state emanate sei direttive che hanno avuto come oggetto di studio e monitoraggio specie ed habitat prioritarie all’interno delle stesse Aree protette nazionali. Con lo strumento della direttiva, pertanto, si è passati da una fase di conservazione delle Aree protette, ad una fase di conoscenza, promozione e valorizzazione del patrimonio naturale.

La direttiva del Ministro del 2019, dando coerente seguito a due azioni portate avanti dagli Enti parco con le direttive 2017 e 2018 “Le api come bioindicatore della qualità ambientale” e “Insetti di valore conservazionistico, presenza, status e interazione con specie di fitopatogeni”, ha indirizzato, con la collaborazione di Ispra, le azioni degli Enti parco su un unico macroprogetto diretto ad affrontare le implicazioni ambientali, economiche e sociali del declino degli insetti impollinatori, riconoscendone il ruolo insostituibile per gli equilibri ecosistemici.

Con l’ultima direttiva del Ministro, emanata a fine 2021, nonostante la pandemia da Covid-19, è stata data indicazione agli Enti parco di proseguire le attività sugli impollinatori avviate con la precedente direttiva, in linea con l’iniziativa europea sugli impollinatori e il processo europeo di monitoraggio, articolate secondo tre linee di attività (monitoraggio, valutazione e raccolta dati, interventi sul territorio, attività di comunicazione).

Ed è proprio su questo ultimo indirizzo ministeriale, nell’ambito dell’attuazione dell’Eu Pollinators monitoring scheme – Eu-Poms, che le Aree protette nazionali stanno esprimendo il meglio di un’esperienza gestionale di sistema organizzando, attraverso 5 progetti su base ecoregionale e trasversale, altrettanti poli di raccolta e sistematizzazione dei dati di monitoraggio, secondo metodologie e procedure messe a punto da Ispra e Università di Torino.

Si sta costruendo così un sistema digitale che permette una raccolta dati omogenea e confrontabile, attraverso l’uso di strumentazioni automatiche per la raccolta e trasmissione dei dati da remoto, l’archiviazione delle informazioni sugli hub locali (riferiti ai 5 capofila dei progetti di sistema) che, oltre alla ricondivisione del dato ripulito su server/cloud certificati in aree vaste[1], sviluppano modelli e algoritmi basati su meccanismi operativi di diversa/graduale complessità per la pulitura e l’analisi dei dati, mediata dall’intelligenza artificiale, per rendere più veloci e omogenee le operazioni e confrontabili le misure di biodiversità e i modelli descrittivi e previsionali negli scenari di cambiamento ambientale e climatico in atto.

L’esperienza, in avanzata sperimentazione sul campo, ha evidenziato la capacità dei Parchi nazionali (in particolare dell’area definita dal Dgpnm del Mite “Tirrenico-Adratica”[2]) in cooperazione e coordinamento scientifico con Ispra, di fare sistema mettendo a punto una App che risponda ai requisiti indicati dalla stessa Dgpnm del Mite, secondo le citate metodologie e procedure per la raccolta dei dati proposte da Ispra-Unito.

L’App ha permesso, inoltre, di implementare una infrastruttura per i servizi della pubblica amministrazione (Spcloud), con qualificazione Agid e certificazione dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (Acn), che oltre alla sicurezza e certificazione dei dati con tecnologie blockchain sui terminali mobili (tablet) dotati di sim (per la gestione dell’App), potrebbe permettere, con ulteriori specifici fondi legati alla digitalizzazione dei parchi nazionali (Pnrr), di implementare un assistente virtuale intelligente che grazie all’utilizzo di motori semantici e a tecnologie di intelligenza artificiale e machine learning, sia in grado di comprendere la richiesta espressa in linguaggio naturale, elaborarla e provvedere a fornire una risposta esaustiva, trasferendo il contatto all’operatore fisico quando opportuno.

L’assistente virtuale intelligente è inoltre in grado di gestire più utenti contemporaneamente e di fornire risposte immediate, con notevole riduzione dei tempi di attesa. In questo modo sarebbe garantito un customer care attivo h24, 7/7 giorni che può essere associato ad un canale di accesso testuale (Chatbot) o vocale (Voicebot) ed essere consultato via web, canale telefonico, sistemi di messaggistica e via smart speaker per semplificare l’uso dell’App e delle applicazioni automatiche e sensoristiche avanzate in situ, ex situ, oltre alla rete di centraline per la misurazione dello stress dei sistemi ambientali (stazioni di rilevamento degli inquinanti, delle caratteristiche atmosferiche, dei parametri ambientali, stazioni antincendio) e trasmissione diretta dei dati a centri di analisi in situ o trasmissione diretta delle informazioni ad hub istituiti per scala vasta.

Il progetto di sistema area “Tirrenico/Adriatica” denominato “Sistema di valutazione e raccolta dati della presenza e diversità, degli impollinatori” (Si.Ra.D.I.), a partire dal rapporto Ipbes 2019, secondo gli standard del Nnb, ha visto il prioritario impegno sul territorio di competenza dei Parchi nazionali Alta Murgia (Capofila), Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese, Aspromonte, Gargano, Pollino, Sila, Vesuvio, attivando il monitoraggio di apoidei e lepidotteri secondo l’Eu-Poms, campionando le variabili ambientali secondo il metodo proposto da Ispra e raccogliendo i risultati nel Network nazionale della biodiversità (Nnb), che rappresenta l’hub centrale.

Il progetto ha previsto lo sviluppo dell’App Bio – Poms Italia 1.0 il cui utilizzo, dopo 2 anni di test e successivo collaudo sulle funzioni e dotazioni (open source), è stato esteso a tutti i Parchi nazionali.

Ciò ha permesso, per la prima volta in Italia, di attivare un monitoraggio digitale su campo, capace di garantire, non solo il rispetto delle metodologie e procedure, ma soprattutto di sistematizzare in maniera sicura, omogenea e confrontabile, il valore certificato del dato in sede dei 5 capofila dei progetti di sistema (hub locali) di validare i dati e trasmetterli al Nnb secondo standard condivisi. Il progetto per la sua rilevanza ecologica e ambientale oltre che la validata innovazione tecnologica è stato segnalato nell’ambito del “Eea survey on protected areas management in Europe”, tra le buone pratiche italiane per la Strategia Europea sulla Biodiversità 2030.

Tutto questo è stato possibile grazie ad una fondamentale volontà e capacità di fare sistema tra Aree protette aderenti, insieme con le migliori esperienze nazionali[3], attraverso l’approccio dei nuovi modelli di gestione amministrativa dei partenariati speciali (pubblico/privati) in materia di capitale naturale, già sperimentati nel Pnrr in attuazione del comma 3 dell’art.151 del codice dei contratti pubblici (D.Lgs 50/2016) e, più recentemente, nel Fondo complementare del Pnrr per i Parchi nazionali del Gran Sasso e dei Sibillini. Tale approccio è finalizzato ad assicurare la fruizione del patrimonio culturale della nazione e a favorire altresì la ricerca scientifica applicata e, attraverso apposite circolari e disposizioni ministeriali (Mite), potrebbe dare un’ulteriore spinta a fare rete nelle Aree protette per la conoscenza evolutiva della biodiversità e degli ecosistemi.

Questi sono, infatti, fattori fondamentali nei processi delle dinamiche ambientali (anche indotte

dall’uomo come i cambiamenti climatici) per le quali è necessario comprendere che operare con e per la tutela della natura richiede flessibilità, semplificazione e azione condivisa e partecipata tra chi opera a livello centrale e chi sui territori, al fine di attuare gli ambiziosi obiettivi della Strategia europea sulla biodiversità 2030, così come dei Programmi del “Next generation Eu”, rafforzando ed attuando quei programmi nazionali e politiche di sistema di cui all’art.1bis della legge quadro sulle Aree protette n. 394/91, oltre che dell’art.4 della stessa legge quadro sul “Programma triennale per le aree naturali protette”.

L’obiettivo è di rendere sempre più concreta ed operativa quella leale cooperazione istituzionale, per le sfide che le Aree protette italiane affrontano già ora, con difficoltà gestionale ed amministrativa, ma con altrettanta passione e amore per la natura.

NOTE

  1. Direttiva n. 16925 del 5.03.2020 della Direzione per il patrimonio aturalistico del Mite
  2. Direttiva n. 25347 del 08.04.2020, della Direzione per il patrimonio naturalistico (ex Mattm)
  3. Un ringraziamento particolare, per i risultati sempre più significativi ed utili al sistema di raccolta dati per settori strategici per la conoscenza, la tutela e conservazioni di specie ed habitat vitali per la nostra stessa esistenza, alla direzione generale del Patrimonio naturalistico e del mare del Mite, alla sezione Aree protette, pianificazione e gestione del territorio e del paesaggio di Ispra, al gruppo di lavoro Unito, ai colleghi ed operatori di tutti i Parchi nazionali italiani  aderenti e partecipanti alla sperimentazione, a tutto lo staff del Parco dell’ Alta Murgia che ha permesso di mettere in  campo la sfida del progetto di sistema (Si.Ra.D.I.) con il prestigioso e autorevole gruppo di lavoro coordinato da  Fondazione per lo viluppo sostenibile con Unife e Digistone srl/Digital Innovators.