Estremi climatici: le foreste toscane verso cambiamenti irreversibili

Bussotti (UniFi): «Serve un monitoraggio regionale preventivo per scongiurare danni ulteriori»

[29 Settembre 2022]

Dopo questo inizio autunno caratterizzato da forti nubifragi, Filippo Bussotti, professore di biologia vegetale e botanica forestale al Dipartimento di scienze e tecnologie agrarie, alimentari, ambientali e forestali (DAGRI) dell’università di Firenze attira l’attenzione sullo stato di salute delle foreste: «Le foreste toscane hanno sofferto molto la siccità e per scongiurare cambiamenti irreversibili del paesaggio sarebbe importante attivare un sistema di monitoraggio a livello regionale che, con il supporto degli scienziati, possa preservare l’ecosistema da danni ulteriori. Quello che è accaduto nei boschi con la siccità della stagione estiva si ripercuote inevitabilmente sul resto del territorio, sia collinare che urbano, nei mesi successivi. Infatti, le foreste, in cui gli alberi hanno perso le foglie e si sono indeboliti a causa della siccità, non sono state in grado di regimare le piogge successive.  Viene a mancare un importante servizio ecosistemico, svolto dalle foreste, di protezione del suolo e di regimazione delle acque. E’ possibile ristabilire questo servizio con un’azione preventiva di gestione del territorio e del bosco».

Un quadro preoccupante ma corroborato dai dati elaborati dal monitoraggio europeo International Co-operative Programme on Assessment and Monitoring of Air Pollution Effects on Forests (ICP Forests) portato avanti in collaborazione con i Carabinieri Forestali: «La defogliazione media in Toscana, determinata sulle 30 aree permanenti di monitoraggio, è passata dal 22% del 2010 al 33% del 2017, valore che rimane stabile negli anni successivi. Non cambia lo scenario a livello nazionale, che mostra una crescente percentuale di alberi con defogliazione superiore al 25% (dal 29 al 42% dal 2010 – 2021), accompagnato da una mortalità che supera l’1% annuo sulla popolazione totale, il doppio di quella stimata come dovuta per normali processi d’invecchiamento degli alberi».

All’UniFi ricordano che «Il cospicuo peggioramento dello stato di salute dei boschi toscani è stato rilevato negli ultimi dodici anni, a partire dal 2010, nelle aree di monitoraggio presenti in vari comprensori forestali regionali: dalle faggete di Vallombrosa, del Pratomagno e del Mugello a quelle della Garfagnana; dai boschi di querce decidue di roverella e cerro nelle colline attorno Firenze alle cerrete e ai boschi misti di latifoglie decidue xerofile nella Toscana centrale e nelle Colline Metallifere. Nella zona del Chianti fiorentino e senese i boschi di roverella sono apparsi molto danneggiati dagli eventi siccitosi, con piante ingiallite già in piena estate. Così è stato anche per i rimboschimenti di conifere e nelle cerrete di Monte Morello e delle Riserve Naturali di Berignone-Tatti (Pisa), di Belagaio e Farma (Grosseto, Siena). Dalle osservazioni è emerso, inoltre, che le leccete costiere, sia ad alto fusto sia i boschi cedui invecchiati della Toscana meridionale, sono gli ecosistemi forestali che hanno subito i maggiori dann»i.

I botanici del DAGRI prevedono che «Nelle zone ecologicamente più difficili gli alberi danneggiati dalle ondate di calore e siccità, che si sono susseguite negli ultimi anni, assumano un portamento cespuglioso e la foresta si possa trasformare in macchia, con serie ripercussioni sulla biodiversità». Bussotti aggiunge; «Anche i popolamenti relitti di faggio in ambiente mediterraneo sono stati colpiti dai cambiamenti climatici, con conseguenze evidenti sulle specie vegetali e animali presenti nei boschi, sulla loro rinnovazione e quindi sulla capacità di sopravvivere, produrre frutti e semi eduli per la fauna selvatica».

Secondo i ricercatori, «Gli alberi che crescono su suoli profondi e fertili sono in grado di tamponare il danno subito; tuttavia, la sempre maggiore frequenza delle ondate di calore e siccità, determina un progressivo indebolimento delle loro capacità di difesa e quindi aumenta il rischio di essere attaccati da parassiti di debolezza, sia insetti che funghi».

Bussotti. Conclude: «La complessità dei problemi che riguardano le foreste, la gestione delle risorse naturali, implica la necessità di una stretta collaborazione non solo fra differenti aree di competenza tecnico-scientifica, ma anche tra pubblico e privato. Oltre alle tante reti possibili e alle varie iniziative di ricerca, un supporto importante può arrivare dalle segnalazioni dei cittadini. Nessuno più di loro conosce meglio il proprio territorio. In altri paesi europei questa collaborazione è già una best practice, un esempio virtuoso di salvaguardia dell’ambiente che può aiutare a salvare le foreste e altri sistemi agronomici».