Epidemie: il distanziamento sociale funziona, non solo per gli esseri umani

I gorilla malati trasmettono malattie nel loro gruppo ma meno a quelli vicino. Le malattie respiratorie vengono trasmesse alle grandi scimmie dagli esseri umani

[12 Ottobre 2021]

«Tosse e raffreddore si diffondono rapidamente all’interno dei gruppi di gorilla di montagna selvatici, ma sembrano meno probabili tra i gruppi vicini». A dimostrarlo è lo studio “Rapid transmission of respiratory infections within but not between mountain gorilla groups” pubblicato su Scientific Reports da un team del Dian Fossey Gorilla Fund

I ricercatori ricordano che «Le malattie, in particolare le infezioni respiratorie, sono una delle maggiori minacce alla conservazione delle grandi scimmie. Poiché gli esseri umani e le grandi scimmie sono così strettamente imparentati, le grandi scimmie nostre cugine possono contrarre molte delle nostre stesse malattie. Tuttavia, le infezioni respiratorie relativamente lievi nell’uomo possono avere conseguenze importanti nelle scimmie come gorilla e scimpanzé, dove un caso di raffreddore o influenza può essere letale».

Negli ultimi 17 anni, gli scienziati del Dian Fossey Gorilla Fund hanno studiato 15 epidemie respiratorie per capire come le malattie si trasmettano attraverso una popolazione di gorilla di montagna nel Volcanoes National Park, in Rwanda e dicono che «Questi risultati aiuteranno a definire le future strategie di conservazione». Il principale autore dello studio, Robin Morrison, che lavora anche al Centre for research in animal behavior di Exeter, aggiunge: «Se riusciamo a capire meglio come le malattie si sono diffuse in passato, possiamo prepararci e rispondere meglio alle epidemie in futuro».

Gli autori dello studio hanno scoperto che «Lo stretto contatto e le forti relazioni sociali all’interno dei gruppi di gorilla hanno permesso alle malattie respiratorie di diffondersi rapidamente tra i membri del gruppo. Inoltre, i modelli di trasmissione non potevano essere previsti dalla rete sociale di un gruppo. In un focolaio, ci sono voluti solo tre giorni perché 45 membri su 46 del gruppo iniziassero a tossire».

Risultati che differivano da quelli dello studio “Social Network Predicts Exposure to Respiratory Infection in a Wild Chimpanzee Group”, pubblicato a gennaio su EcoHealth da un team di ricercatori statunitensi, che si occupava degli  scimpanzé, la cui organizzazione sociale più diffusa ha portato nel complesso a una trasmissione più lenta e i ricercatori sono stati in grado di prevedere la diffusione della malattia in base alla rete sociale degli scimpanzé.

Ma per la popolazione di gorilla in via di estinzione del Volcanoes National Park  ci sono anche delle buone notizie: i ricercatori hanno scoperto che «Le opportunità di diffusione delle infezioni tra gruppi vicini sono limitate».

Un’altra autrice dello studio, Yvonne Mushimiyimana, spiega che «Le epidemie che abbiamo studiato sembravano rimanere tutte all’interno di un singolo gruppo piuttosto che diffondersi attraverso la popolazione più ampia. I gruppi di gorilla interagiscono abbastanza di rado e, quando lo fanno, tendono a mantenere le distanze, avvicinandosi raramente alla cruciale distanza di 1 – 2 metri».

Questo distanziamento sociale nei confronti dei gruppi vicini  «può effettivamente aiutare a proteggere la popolazione più ampia limitando la trasmissione più ampia di queste infezioni», dicono al  Dian Fossey Gorilla Fund.

Ma se i gruppi di gorilla non si stavano infettando a vicenda, da dove venivano questi focolai? Da noi.

Altri studi sulle grandi scimmie selvatiche hanno infatti dimostrato che «Le epidemie respiratorie sono causate quasi esclusivamente da agenti patogeni di origine umana. In Uganda, due comunità di scimpanzé adiacenti hanno iniziato a mostrare segni di infezione respiratoria contemporaneamente, ma, attraverso analisi genetiche, lo studio “Simultaneous outbreaks of respiratory disease in wild chimpanzees caused by distinct viruses of human origin”, pubblicato su Emerging MIcrobes & Infections   nel gennaio 2019  ha dimostrato che queste infezioni erano causate da due agenti patogeni umani completamente diversi. Risultati che hanno sorpreso il team di scienziati statunitensi e ugandesi autori dello studio, che si aspettavano che l’infezione si fosse diffusa tra le due comunità di scimpanzé. Invece le analisi hanno mostrato che «Entrambe le infezioni erano state trasmesse dall’uomo indipendentemente».

Morrison  tira le fila di tutti questi studi e dice che «La nostra ipotesi migliore è che queste infezioni nei gorilla di montagna provengano dall’uomo, Questo evidenzia davvero l’importanza degli sforzi in corso per ridurre al minimo l’esposizione delle grandi scimmie selvatiche alle malattie umane durante attività come la ricerca, il turismo e la protezione. La vaccinazione, l’uso della mascherina e il mantenimento di una distanza adeguata sono più importanti che mai nel bel mezzo di una pandemia globale. Identificare strategie per limitare la trasmissione della malattia è una priorità di conservazione. Malattie diverse possono avere vie di trasmissione molto diverse, ma questo studio ci aiuta a capire come future epidemie con dinamiche di trasmissione simili potrebbero diffondersi nelle popolazioni di gorilla».

Tara Stoinski, presidente e direttrice scientifica del Fossey Fund, conclude: «I risultati di questo studio suggeriscono che, poiché le malattie respiratorie si trasmettono rapidamente all’interno dei gruppi di gorilla e la trasmissione tra i gruppi è molto meno comune, le strategie che impediscono la trasmissione iniziale in un gruppo possono essere più efficaci. Per il Covid-19 e altri agenti patogeni respiratori umani, ciò significa prevenire l’introduzione iniziale di una malattia da un essere umano a un gorilla. Sebbene la ricerca sia stata completata molto prima della comparsa del Covid-19, l’attuale pandemia evidenzia il fatto che è più vitale che mai ridurre al minimo i percorsi di trasmissione della malattia uomo-scimmia, che rappresentano un rischio sia per le grandi scimmie selvatiche che per gli esseri umani».