«Dragare il Magra in estate è una follia». Legambiente: ricatto occupazionale odioso

Confindustria: Intermarine potrebbe decidere di delocalizzarsi

[11 Luglio 2016]

Secondo Stefano Sarti, vicepresidente di Legambiente Liguria, e Alessandro Poletti, presidente del circolo “Valdimagra” del Cigno Verde, «La decisione di realizzare un dragaggio nel tratto terminale del fiume Magra in piena stagione estiva è veramente una follia. Se a questo associamo il neppure tanto velato ricatto occupazionale fatto da Confindustria circa il rischio che Internarine, la società che ha chiesto di realizzare il dragaggio, possa abbandonare il sito in sponda sinistra del Magra, comune di Sarzana, se ostacolata il quadro che si va a completare è inaccettabile è desolante».

I due esponenti di Legambiente si riferiscono evidentemente al comunicato di Confindustria La Spezia dei giorni passati,  nel quale si leggeva che «La nostra associata Intermarine, già pesantemente penalizzata nel passato in conseguenza delle ripetute esondazioni del fiume Magra si trova oggi ad affrontare nuovamente problemi connessi alla navigabilità del fiume stesso. Appare evidente come i danni economici e sociali conseguenti all’impossibilità di portare a termine la commessa entro fine luglio da parte dell’azienda associata a seguito degli impedimenti di tipo ambientale risulterebbero assai rilevanti : un ulteriore ritardo nella consegna dell’imbarcazione da parte di Intermarine che fa seguito ai numerosi impedimenti accaduti nel passato potrebbe compromettere definitivamente l’immagine dell’impresa nei confronti della propria clientela che facilmente potrebbe giudicare il cantiere inaffidabile a seguito della evidente rischiosità del sito. Non solo: occorre tenere presente che la ripetitività e l’eterogeneità dei fenomeni conseguenti alle esondazioni del fiume hanno comportato e comportano un aumento dei costi operativi anche in termini di premi assicurativi a fronte di rischi praticamente certi e ciò indebolisce il livello di competitività dell’azienda nei confronti dei competitors sul mercato. Da tutto ciò deriverebbe non solo una perdita economica ma soprattutto una perdita sociale di ricaduta in termini di occupazione permanente sul territorio».

Confindustria riconosce che qualche problema c’è: «Ci rendiamo ovviamente conto che il fastidio causato dalla torbidità dell’acqua conseguente al dragaggio, comunque monitorato costantemente dall’Arpal e dall’azienda stessa in modo da verificare che rimanga sempre entro i limiti ammissibili, può generare un impatto psicologico negativo sulla componente turistica, ma appare altresì evidente che tale fastidio non provoca alcun danno permanente avendo carattere di assoluta temporaneità, mentre i danni di immagine e di occupazione da parte della Società sarebbero elevati e prolungati nel tempo». Per questo Confindustria La Spezia «ha sostenuto attivamente in quest’ultimo periodo l’azienda associata, di rilevanza strategica per il territorio, adoperandosi nelle sedi opportune per rimuovere gli ostacoli che avrebbero generato i suddetti ritardi come la rimozione del materiale del vecchio ponte della Colombiera, l’apertura del nuovo ponte per il passaggio dell’imbarcazione ed il ripristino della navigabilità del fiume. Nell’iter di sostegno all’attività dell’azienda associata, esprimiamo forte apprezzamento per la sensibilità e la disponibilità mostrata dalle Istituzioni locali nell’affrontare i problemi esposti ricercando le soluzioni ottimali nel rispetto dell’ambiente. Ci auguriamo che questa esperienza porti le Istituzioni a programmare in via ordinaria e non più di urgenza tutte le attività che garantiscono il passaggio delle navi costruite dai cantieri lungo il fiume. Ci teniamo inoltre a puntualizzare che Intermarine costantemente si è impegnata nell’organizzazione del proprio lavoro cercando di risolvere le questioni che da tempo affliggono il sito. Ciononostante, il nostro timore è che l’azienda possa decidere di delocalizzarsi a discapito del territorio con ricadute sociali che tutti possiamo immaginare.»

Sarti e Poletti rispondono: «Ora non ci si voglia far credere che Intermarine voglia andar via dal Magra solo perché il fiume riempie ad ogni nuova piena ciò che viene svuotato l’anno prima, ma anche per i danni che subisce ad ogni piena, per i costi dovuti all’uscita degli scafi dal cantiere per il trasporto dal cantiere, con relativa apertura del ponte, al luogo dell’allestimento e a tutti gli “intoppi” di cui sopra. La verità è che la Ditta, e in generale tutti i Cantieri nautici operanti nel Magra, sono assolutamente incompatibili dal punto di vista ambientale a operare in un fiume di soli 72 km, a regime torrentizio, e con una portata di piena in Italia seconda solo al Po».

Gli ambientalisti ricordano che «Nel 2001 col Piano di Parco l’Ente Parco medesimo cercò di far quadrare il cerchio, prevedendo anziché la ricollocazione, l’ambientalizzazione e la messa in sicurezza dei Cantieri, Intermarine compresa. Ad oggi ci chiediamo se è stato realizzato il Piano di ambientalizzazione e mitigazione del rischio. E se si, a quale livello e con che risultati? In ogni caso se nel 2001 si tentò questa operazione di equilibrio tra i vari interessi, oggi il Piano di Parco è obsoleto, nel frattempo il’Area Protetta è diventata anche Sito d’Interesse Comunitario, Intermarine ha subito due disastrose alluvioni, le condizioni poste dal Piano del 2001 non quadrano più. D’altronde anche volendo analizzare solo la situazione contingente, anche in situazioni come l’attuale bisogna fare una programmazione, non si può arrivare all’estate e dire: dobbiamo dragare! Ci rifiutiamo di pensare che un’azienda strutturata e solida come Intermarine sia impossibilitata a definire, con una seria programmazione, tempi e modalità per affrontare e risolvere le problematiche produttive e di consegna lavoro connesse».

Ma il problema è anche politico e amministrativo: «Nello stesso tempo non si può fare lo scaricabarile nascondendosi sotto la foglia di fico del ricatto occupazionale come fatto dal Sindaco di Sarzana che in tal senso lascia la fatidica miccia accesa nelle mani del Sindaco di Ameglia – scrivono Sarti e Poletti – . Così lo stesso Sindaco di Ameglia non può solo far notare le sue evidenti non responsabilità dirette in questo specifico caso, ma deve muoversi preventivamente e politicamente affinché altri non prendano decisioni che poi penalizzano soprattutto Ameglia».

Quanto a quello che viene definito « ricatto occupazionale», i due legambientini concludono: «Suona ancora più odioso per la mancanza di giustificazioni materiali visto che , essendo Sarzana e Spezia nello stesso territorio assolutamente indolore risulterebbe un trasferimento dell’azienda, e anche dei due altri Cantieri Nautici del Magra, San Lorenzo e Metalcost Euromare. Lo spostamento dei cantieri dal Magra a La Spezia, a garanzia della presenza sul territorio in futuro delle società, con la clausola della salvaguardia delle maestranze ora occupate e con il massimo delle garanzie di gestione ambientale dei processi, crediamo sia l’unica soluzione. E pensiamo pure che aprirebbe nuovi orizzonti occupazionali potendo contare di bacini in grado di ospitare tonnellaggi ben più importanti».