Digital for nature: un binomio di futuro sostenibile

L'Osservatorio sui parchi e le aree protette del Mezzogiorno al lavoro per promuovere la terza missione delle università nelle aree protette italiane, a partire da quelle del sud

[24 Aprile 2023]

La transizione digitale è un elemento chiave dello sviluppo economico e dell’autonomia strategica dell’Ue, ma anche per il rilancio di quella transizione ecologica strettamente correlata al contenimento dei cambiamenti climatici e alla prevenzione idrogeologica ed ambientale che, la pandemia prima e la guerra in Ucraina dopo, hanno piegato ad una pur importate transizione energetica cha da anni aspettava una via di rilancio.

L’intelligenza artificiale sta rivoluzionando molti settori dell’economia e della società, offrendo nuove opportunità per migliorare l’efficienza, la produttività e la sostenibilità delle attività umane. Uno degli ambiti in cui ha un potenziale significativo è l’ottimizzazione dell’uso delle risorse naturali, in particolare nella pianificazione e gestione sostenibile delle foreste e dei sistemi agricoli.

La digitalizzazione può fornire soluzioni a molte delle sfide che l’Europa e i suoi cittadini si trovano ad affrontare e offre opportunità quali: creazione di posti di lavoro; miglioramento dell’istruzione; incentivazione della competitività e dell’innovazione; lotta ai cambiamenti climatici e realizzazione della transizione ecologica; nuovi modelli di agricoltura 4.0.

In linea con gli obiettivi della strategia di biodiversità dell’Ue 2030, il contributo della tecnologia può dare un considerevole contributo ad una nuova Visione sui processi di conoscenza inerenti le seguenti problematiche: Biodiversità e servizi ecosistemici; pianificazione e gestione delle aree protette, adeguate alle misure dello stato di conservazione di specie e habitat basate su coerenti conoscenze e soluzioni aggiornate e monitorate; comprendere e affrontare i fattori del declino della biodiversità; rigenerare la governance del patrimonio di ” Biodiversità, servizi ecosistemici basatisullo sviluppo di soluzioni integrata industria sostenibile/naturalegati al ben-essere e alla salute umana”.

Tra i traguardi che l’Ue si pone in questi campi:

  • Una migliore comprensione dello stato della natura e dei fattori che contribuiscono alla perdita di biodiversità (legata all’attività umana diretta, ai cambiamenti climatici, ecc,…), allo stato di conservazione attraverso un migliore utilizzo dei dati esistenti e la conoscenza dei motivi e criticità che impediscono una coordinata, unitaria e confrontabile raccolta dei dati(secondo metodologie e procedure certificate)a livello centrale (facendo leva sulla rete nazionale e regionale delle aree protette), al fine di supportare l’implementazione della strategia di biodiversità dell’Ue 2030 e quindi di invertire la perdita di biodiversità e ripristinare e proteggere gli ecosistemi a rischio.
  • Una visione più completa dello stato di natura e della sua evoluzione necessaria per supportare l’attuazione e il processo delle politiche, compresi gli obblighi di rendicontazione degli Stati membri, sostenendo la definizione e l’attuazione delle misure di prevenzione, restauro e il monitoraggio del raggiungimento del loro obiettivi, estensione delle aree protette, il monitoraggio delle specie aliene invasive e l’implementazione di soluzioni basate sulla natura e la valutazione delle loro prestazioni.

Stiamo parlando della transizione ecologica – spesso indicata anche come transizione verde o energetica –  oggi di grande attualità, ma che in realtà dovrebbero essere al centro dell’agenda del Paese da tempo.

Questo perché quella che viene definita transizione ecologica, è tutta una serie di riforme strutturali che l’Unione europea richiede per accedere ai fondi del piano di investimenti NextGenerationEu e in particolare al dispositivo per la ripresa e la resilienza (Recovery and resilience facility), un budget di 672,5 miliardi di euro in prestiti e contributi a fondo perduto per i paesi membri, da destinare alla trasformazione del tessuto economico e industriale dell’Unione.

L’Agenzia nazionale per la valutazione dell’università e della ricerca (Anvur) è in grado di identificare chi sia in possesso di curricula scientifici che garantiscano le competenze di possibili figure da coinvolgere attraverso la terza missione delle università, come avvenuto nel caso della pandemia. Lo stesso non avviene quando si trattano questioni ambientali.

Pianificare la transizione ecologica senza esperti di ambiente equivale ad affrontare una pandemia senza competenze in campo medico ed epidemiologico. Sarà necessaria una conversione politica e culturale su questo argomento, per attualizzare questi temi su cui sta da tempo lavorando l’Osservatorio sui parchi e le aree protette del Mezzogiorno (Opm) presso il dipartimento di Farmacia dell’Università di Salerno, che nasce al fine di  promuovere nelle Università la terza missione nelle aree protette a partire dal Sud Italia, attraverso la valorizzazione delle competenze multidiscipli­nari, la creazione di nuove sinergie dei saperi, promuovendo l’interazione con il mondo della scuola, della cultura, delle imprese e delle istituzioni e con la società nel suo insieme.

In tal senso, lo scorso anno, l’Osservatorio ha dedicato un seminario sul Pnrr – Aree protette del Mezzogiorno e terza missione delle università – per valorizzare e favorire il dialogo tra le istituzioni e territori interessati, e sta promuovendo una iniziativa sul “Digital for nature”, in cooperazione con il ministero delle Imprese nell’ambito della rete delle Case delle tecnologie emergenti, col ministero dell’Ambiente, con le imprese di settore e coi policy maker territoriali nel Mezzogiorno, per affrontare le sfide europee dal fronte italiano.