Deforestazione in Amazzonia: fornire tecnologia ai popoli indigeni frena la perdita di alberi

La tecnologia può aiutare le comunità indigene a combattere deforestazione e cambiamento climatico

[13 Luglio 2021]

Negli ultimi 40 anni, governi e associazioni ambientaliste hanno investito molto nell’utilizzo della tecnologia satellitare per monitorare l’abbattimento delle foreste.

In Amazzonia, i governi di Brasile, Perù e Colombia hanno messo in atto un sistema di allarmi deforestazione ad alta risoluzione, ma ci sono poche prove che queste informazioni raggiungano le comunità indigene più colpite.

Oltre un terzo della foresta pluviale amazzonica si trova all’interno del territorio di circa 3.344 comunità indigene riconosciute, ma da decenni queste aree vengono attaccate da invasori determinati a tagliare alberi per una serie di scopi tra i quali l’attività mineraria, il disboscamento illegale e la piantagione di colture illecite come la coca per produrre cocaina.

Gli indigeni che vivono nell’Amazzonia peruviana sono stati dotati di dati satellitari e smartphone da alcune associazioni ambientaliste, cosa che ha reso possibile ridurre della metà le perdite di alberi nel primo anno del progetto. Le riduzioni sono state maggiori nelle comunità minacciate dall’estrazione illegale dell’oro, dal disboscamento e dal traffico di droga.

Il nuovo studio “Satellite-based deforestation alerts with training and incentives for patrolling facilitate community monitoring in the Peruvian Amazon”, pubblicato su  Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS) da Tara Slough (New York University), Jacob Kopas (indipendente) e Johannes Urpelainen (Johns Hopkins University), puntava a capire se mettere le informazioni direttamente nelle mani delle comunità indigene che vivono nella foresta fa davvero la differenza.

Con In questo studio randomizzato e controllato, gli autori hanno identificato 76 villaggi remoti nell’Amazzonia peruviana, 36 dei quali sono stati scelti in modo casuale per partecipare al nuovo programma di monitoraggio. 37 altre comunità fungevano da gruppo di controllo e hanno continuato ad attuare le usuali pratiche di gestione forestale.

Tre membri di ciascuna comunità selezionata sono stati formati all’uso della tecnologia ed hanno mostrato agli altri come effettuare pattugliamenti per scoprire e segnalare la deforestazione.

Il modello di monitoraggio forestale, chiamato Rainforest Alert, è stato guidato dall’Organización Regional de los Pueblos Indígenas del Oriente (ORPIO) e da Rainforest Foundation US (RFUS) nel 2017, coivolgendo le comunità indigene Shipibo di Patria Nueva e Nuevo Saposoa nell’Amazzonia peruviana.

La drastica riduzione della perdita di foreste ha contribuito ad estendere il programma anche alle comunità di controllo randomizzato che hanno partecipato allo studio che ha coperto quasi 250.000 ettari di foresta pluviale nel dipartimento peruviano di Loreto.

I dati sulla deforestazione per il modello provengono dal World Resource Institute (WRI). Quando le immagini satellitari registrano i cambiamenti nella copertura forestale, appaiono come avvisi sulle piattaforme online e mobili del  Global Forest Watch di WRI. Fino a questo programma, gli avvisi di deforestazione raramente raggiungevano le comunità remote della foresta pluviale colpite maggiormente dalla distruzione delle foreste. Ma nel progetto pilota del 2017, RFUS ha collaborato con WRI per progettare un sistema di allerta per servire le comunità con infrastrutture Internet e di telecomunicazioni limitate.

Quando le informazioni satellitari mostravano una sospetta attività di deforestazione in un’area, le foto e le coordinate GPS venivano caricate su chiavette USB e trasportate lungo il Rio delle Amazzoni e consegnate dai corrieri. Le informazioni sono state quindi scaricate su apposite app per smartphone che portavano con sicurezza i guardiani della comunità verso i siti dove era in atto una sospetta deforestazione.

Quando queste pattuglie forestali indigene confermavano una deforestazione non autorizzata, riferivano a un’assemblea generale dei membri della comunità per decidere l’approccio migliore. Nei casi in cui fossero coinvolti trafficanti di droga, la comunità poteva decidere di segnalare il problema alle forze dell’ordine. Ma se l’intervento veniva percepito come meno rischioso, allora i membri della comunità potevano intervenire e cacciare loro stessi i trasgressori dalla loro terra.

Quando i ricercatori hanno esaminato l’impatto del nuovo approccio, hanno scoperto che «La deforestazione è diminuita del 52% nel primo anno e del 21% nel secondo».

Kopas  sottolinea in un’intervista a BBC News che «E’ un impatto piuttosto considerevole. Nelle comunità del programma abbiamo visto prove di un minor numero di casi di perdita di copertura arborea rispetto alle comunità di controllo. In media, quelle comunità sono riuscite a evitare 8,8 ettari di deforestazione entro il primo anno. Ma le comunità più minacciate, quelle che hanno avuto più deforestazione in passato erano quelle che avevano più peso e stavano riducendo la deforestazione più delle altre».

Tra il 2000 e il 2015, in Amazzonia circa il 17% della perdita di alberi si è verificata su aree protette a livello nazionale o assegnate alle popolazioni indigene e questo trend dovrebbe aumentare nei prossimi anni. Cameron Ellis, di RFUS, che ha contribuito allo studio, sottolinea che «Nel prossimo decennio, se non cambierà nulla, si prevede che le popolazioni indigene del bacino amazzonico perderanno 4,4 milioni di ettari di foresta pluviale, principalmente a causa di estranei che invadono i loro territori per abbattere alberi. Ma se la metodologia di monitoraggio forestale basata sulla comunità potesse essere ampiamente adottata e la governance locale rafforzata, la perdita di foreste in Amazzonia potrebbe essere ridotta fino al 20% in tutte le terre indigene. Se l’approccio fosse mirato alle regioni con alti tassi di deforestazione, la perdita di foreste in quelle aree potrebbe essere ridotta di oltre tre quarti».

I risultati dello studio sono gli ultimi di una serie di ricerche che dimostrano che le popolazioni indigene preservano le loro foreste pluviali in modo coerente, affidabile ed economico. Più di 1/3 del bacino amazzonico rientra nei territori delle popolazioni indigene , ma dal 2000 al 2015 solo il 17% della deforestazione amazzonica si è verificato lì.  Questo nuovo studio è stato progettato per determinare se questa associazione sia stata una coincidenza o il risultato diretto della gestione attiva delle foreste pluviali da parte delle popolazioni indigene. Ha confermato quest’ultimo. La direttrice esecutiva di RFUS, Suzanne Pelletier, fa notare che «Sebbene il riconoscimento formale del possesso della terra delle popolazioni indigene sia fondamentale, è più efficace se combinato con una solida sorveglianza delle foreste e una forte governance locale».

I gruppi indigeni hanno accolto con favore lo studio e dicono che è tra i primi a dimostrare i benefici dell’empowerment delle comunità locali. Secondo Jorge Perez Rubio, presidente dell’ORPIO, «Lo studio fornisce la prova che supportare le nostre comunità con la tecnologia e la formazione più recenti può aiutare a ridurre la deforestazione nei nostri territori».

Nel corso dello studio di due anni, le comunità forestali hanno impedito il rilascio di oltre 234.000 tonnellate di emissioni di CO2 ad un costo di circa 5 dollari per tonnellata. Per RFUS, «I risultati dello studio forniscono una base per determinare quanti dei 518 milioni di ettari di foresta pluviale dell’Amazzonia potrebbero essere salvati se Rainforest Alert fosse adottato dalle popolazioni indigene in tutta l’Amazzonia Bolivia, Brasile, Colombia, Ecuador, Guyana francese, Guyana, Perù, Suriname e Venezuela».

I geografi della RFUS stimano che «L’approccio, implementato in tutte le regioni del bacino amazzonico minacciate in modo simile, potrebbe prevenire fino a 1.140.000 ettari di deforestazione nel prossimo decennio: un’area una volta e mezzo la dimensione dello Yellowstone National Park. Questa foresta salvata impedirebbe ogni anno a quasi 100 milioni di tonnellate di anidride carbonica di entrare nell’atmosfera, un impatto ambientale pari a togliere dalla strada più di 21 milioni di auto ogni anno».

Nel corso dello studio, le comunità indigene sono diventate più efficienti nell’individuare e affrontare la deforestazione, con le segnalazioni di incursioni illegali nella terra che sono raddoppiate subito dopo l’inizio dello studio. Secondo i ricercatori, «L’aumento del rilevamento è coerente con gli scout comunitari che imparano dove è più probabile che si verifichi la deforestazione. E’ anche coerente con ciò che la RFUS ha sempre saputo: che i popoli indigeni dell’Amazzonia hanno un’esperienza unica e che, dotati di tecnologie all’avanguardia, difenderanno queste foreste meglio di chiunque altro».