Datteri di Mare: Legambiente Capri e Campania parte civile al processo contro i bracconieri

I datterari che hanno distrutto le rocce dei Faraglioni di Capri. Difendere i fondali con l’Area marina protetta

[13 Settembre 2021]

Legambiente ricorda che il 14 settembre «Inizia il processo contro i datterari e la loro organizzazione criminale che per anni hanno distrutto i fondali marini del Golfo di Napoli e in particolare le coste dell’Isola di Capri e dei Faraglioni. e, in particolare, si sono accaniti con la loro attività criminosa contro i Faraglioni di Capri. Dopo anni di denunce, ed indagini da parte delle forze dell’ordine e della magistratura, siamo all’avvio del processo che vedrà parte civile Legambiente attraverso il proprio Centro di Azione Giuridica della Legambiente Campania ed i propri avvocati».

Nell’inverno 2020, le indagini hanno consentito dopo anni la scoperta di una stabile organizzazione criminale fatta di pescatori subacquei di frodo e di una rete di connivenze per la commercializzazione illecita dei datteri di mare (Lithophaga lithopaga), un frutto di mare che cresce nella roccia calcarea e che per estrarla illegalmente si è danneggiato irrimediabilmente fondali e pareti dei noti Faraglioni di Capri.

Il dattero di mare è un mollusco bivalve con conchiglia molto caratteristica, di foma ovale e allungata, di colore marrone scuro. La superficie delle valve è lucida e presenta evidenti strie di accrescimento.

Tra i bivalvi, il dattero di mare è quello che cresce più lentamente: dopo 3 anni misura appena 1 cm, dopo 15-20 anni le sue dimensioni raggiungono i 5 cm, ma ci vogliono 80 anni perché un dattero di mare arrivi a 8 cm di lunghezza. Vive scavando nicchie profonde dentro pietre e rocce del litorale, da cui il nome scientifico Lithophaga lithophaga. I fori provocati dal dattero di mare nella roccia presentano un\’apertura che ha un diametro inferiore a quello del bivalve, per cui per estrarre l\’animale è necessario frantumare le rocce.

Il prelievo del dattero di mare comporta la distruzione delle scogliere in cui vive e la completa desertificazione dei fondali per decenni.

Legambiente ricorda che «Le tecniche di immersione subacquea consentono oggi a chiunque di accedere ai banchi, senza difficoltà e senza limitazioni per tempo e profondità. Per prelevare i datteri di mare vengono utilizzati piccozze, scalpelli, martelli pneumatici e persino piccole cariche esplosive, una vera catastrofe ambientale, uno dei più gravi fenomeni di erosione della biodiversità nel Mediterraneo paragonabile solo ai disastri ecologici causati dal naufragio delle petroliere.  Il prelievo, la detenzione e il commercio del dattero di mare sono vietati nel nostro paese già dal 1988. Più recentemente, per salvaguardare le coste dell’intero bacino del Mediterraneo, è stata vietata anche ogni forma di importazione. Di conseguenza non solo chi offre datteri di mare, sia in pescheria che al ristorante, ma anche chi li detiene è punibile per legge».

Gli ambienti più minacciati dalla cattura del dattero di mare sono quelli litoranei di falesia calcarea, risultato di processi evolutivi particolarmente lunghi e complessi. Le zone più battute dai bracconieri di datteri di mare in Italia sono le coste della penisola sorrentina, in particolare i fondali dell’area marina protetta di Punta Campanella, le coste pugliesi dove oggi vengono frantumanti finanche i moli foranei, quelle delle Cinque Terre e del litorale spezzino e le cose sud orientali della Sicilia.

Un datteraio “professionista” può prelevare tra i 15 e i 25 kg al giorno di datteri di mare e si stima che lungo la Penisola Sorrentina  che si arrivi a un  prelievo giornaliero di 500 kg datteri di mare, provocando la desertificazione di  30.000 m2 di  fondali ogni anni nel Salento e 70.000 m2 lungo la penisola sorrentina.

I datteri di mare sequestrati ai bracconieri a Bari avevano una taglia massima di 4 – 5 cm e per cucinare un piatto di linguine ai datteri  vengno distrutti 10 m2 di costa sommersa. Il giro di affari annuale di questo bracconaggio distruttivo è valutato in 2 milioni di euro solo nella Penisola Sorrentina».

Annunciando la costituzione parte civile del Cigno Verde, Mariateresa Imparato, presidente di Legambiente Campania, e Nabil Pulita, responsabile Legambiente Capri, hanno detto: «Nulla rimarrà impunito  andremo fino in fondo per avere giustizia contro ecoreati che nuocciono così gravemente all’Isola di Capri ed al suo ambiente. Non può essere tollerata più, leggerezza e spavalderia nel deturpare bellezze di inestimabile valore come Capri ed il golfo di Napoli. Questa occasione ci spinge ancora di più a chiedere agli enti preposti una accelerazione nella salvaguardia di Capri attraverso l’Istituzione dell’Area Marina Protetta Isola di Capri».