Dagli anni ’50 le barriere coralline sono diminuite del 50% e la loro biodiversità del 60%

Ora le barriere coralline forniscono il 50% in meno di cibo, lavoro e protezione. A rischio i mezzi di sussistenza di milioni di persone

[20 Settembre 2021]

Lo studio “Global decline in capacity of coral reefs to provide ecosystem services”, pubblicato su One Earth da un team di ricercatori canadesi, giapponesi e statunitensi, fornisce la prima valutazione completa di cosa significano i cambiamenti climatici, la pesca eccessiva e la distruzione dell’habitat delle barriere coralline per i loro servizi ecosistemici, o la capacità della barriera corallina di fornire benefici e servizi essenziali agli esseri umani, inclusi cibo, mezzi di sussistenza e protezione dalle tempeste.

Secondo l’università della British Columbia (UBC), che ha guidato lo studio «Nel complesso, i risultati hanno dimostrato che la significativa perdita di copertura della barriera corallina ha portato a una perdita altrettanto significativa della capacità della barriera corallina di fornire questi servizi».

Ma lo studio ha fatto altre scoperte desolanti: dagli anni ‘50 del secolo scorso a copertura globale dei coralli viventi è diminuita di circa la metà dagli anni ’50 e, di conseguenza, anche biodiversità è diminuita di oltre il 60%.

Secondo il principale autore dello studio, Tyler Eddy, l’UBC Institute for the Oceans and Fisheries (IOF) e ora al  Fisheries & Marine Institute della Memorial University of Newfoundland, quello pubblicato su  One Earth.

«È un invito all’azione. Abbiamo sentito dire più e più volte dalla ricerca sulla pesca e sulla biodiversità che il continuo declino delle barriere coralline sane e la qualità dell’habitat che forniscono sta contribuendo a una diminuzione globale della fornitura di servizi ecosistemici per milioni di persone che si affidano a loro. Sappiamo che le barriere coralline sono hotspot di biodiversità. E preservare la biodiversità non solo protegge la natura, ma sostiene gli esseri umani che usano queste specie come loro mezzi culturali, di sussistenza e di sostentamento».

I ricercatori hanno analizzato i trend dei sistemi delle barriere coralline e dei loro ecosistemi in tutto il mondo, mettendo insieme dataset  provenienti da studi, timando la biodiversità associata alla barriera corallina, le catture e lo sforzo della pesca, gli impatti della pesca sulla struttura della rete alimentare e il consumo indigeno di pesci legati alla barriera corallina. Hanno anche analizzato i trend  livello globale e nazionale per i servizi ecosistemici e quelli per i piccoli Stati insulari in via di sviluppo.

Hanno scoperto così che «Oltre al calo della copertura della barriera corallina e della biodiversità, le catture di pesci sulle barriere coralline hanno raggiunto il picco nel 2002 e da allora sono costantemente diminuite, nonostante un aumento dello sforzo di pesca. La cattura per unità di sforzo, spesso utilizzata come indicazione dei cambiamenti nella biomassa, è ora inferiore del 60% rispetto al 1950».

L’autore senior dello studio, il direttore dell’IOF William Cheung, evidenzia che «Questo studio parla dell’importanza di come gestiamo le barriere coralline non solo su scala regionale, ma anche su scala globale, e dei mezzi di sussistenza delle comunità che fanno affidamento su di esse».

I risultati hanno portato i ricercatori a concludere che «Il continuo degrado delle barriere coralline negli anni a venire ora minaccia il benessere e lo sviluppo sostenibile delle comunità umane sulla costa che dipendono dalla barriera corallina».

Eddy ricorda che «Il pesce e la pesca forniscono micronutrienti essenziali nelle regioni costiere in via di sviluppo con poche fonti alternative di nutrimento, con la biodiversità e la pesca della barriera corallina che assumono un’importanza aggiuntiva per le comunità indigene e costiere, dove esistono importanti relazioni culturali con le barriere coralline e le comunità indigene costiere. il consumo di pesce è 15 volte superiore a quello delle comunità non indigene».

Andrés Cisneros-Montemayor, all’IOF all’epoca dello studio  e ora alla Simon Fraser University, conferma: «Lo studio evidenzia che le comunità indigene e costiere, in questo caso ai tropici, sono state ingiustamente danneggiate da azioni globali. Per noi, è straziante vedere foto e video di incendi o inondazioni, e quel livello di distruzione sta avvenendo proprio ora in tutte le barriere coralline del mondo e sta minacciando la cultura delle persone, il loro cibo quotidiano e la loro storia. Non si tratta solo di una questione ambientale, ma anche di diritti umani».

Cheung  conclude: «Rispettare gli obiettivi per la ripresa e l’adattamento climatico richiederebbe uno sforzo globale, affrontando anche le esigenze a livello locale. Le azioni di mitigazione climatica, come quelle evidenziate nell’Accordo di Parigi, la Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services e l’Intergovernmental Panel on Climate Change, richiedono tutti  un’azione integrata per affrontare le sfide della biodiversità, del clima e sociali. Non ci siamo ancora».