Crisi climatica e della biodiversità, soluzioni uniche per salvare la vita sulla Terra

Se l’umanità non vuole fallire, deve affrontare all’unisono entrambe le emergenze globali. Sono necessari grandi sconvolgimenti sistemici

[28 Settembre 2021]

Da tempo, chi studia gli impatti ecologici dei cambiamenti climatici chiede un’azione urgente per allineare le agende climatiche e della biodiversità ed affrontarle con attività a basso costo, poco rischio e minima manutenzione. Ora lo studio “Time to integrate global climate change and biodiversity science-policy agendas”, pubblicato sul Journal of Applied Ecology da un team internazionale di ricercatori guidato da Nathalie Pettorelli della Zoological Society of London (ZSL) afferma che «Trattare separatamente il cambiamento climatico globale e le crisi della biodiversità è, in molte situazioni, inefficace e, nel peggiore dei casi, aggrava il problema».

I ricercatori sottolineano che «Un approccio integrato è essenziale per affrontare le due sfide globali ed evitare di non trovare soluzioni» e identifica dove la ricerca potrebbe essere migliorata in cinque importanti aree di lavoro ecologico, comprese alcune delle più note soluzioni basate sulla natura (NbS), come la protezione dei territori e dei territori marini e il ripristino degli ecosistemi.

Mentre il consenso scientifico sul fatto che l’umanità sta affrontando una crisi climatica è enorme, anche la biodiversità sta diminuendo in tutto il mondo a ritmi senza precedenti.  Il 2020 Living Planet Index ha registrato un calo del 68% dell’abbondanza media della popolazione delle specie dal 1970 ad oggi. Il team di ricercatori ricorda che «La responsabilità dell’umanità di proteggere gli ecosistemi e le specie vitali va oltre l’etica, poiché questa perdita erode le basi stesse delle economie, dei mezzi di sussistenza, della sicurezza alimentare, della salute e della qualità delle vita in tutto il mondo».

Pubblicato volutamente prima della COP26 Unfccc di Glasgow, lo studio sostiene che «Quando si affrontano entrambe le questioni globali, rafforzare la ricerca scientifica non è sufficiente per migliorare drasticamente le probabilità dell’umanità, sono necessari grandi sconvolgimenti sistemici».

La Pettorelli, che studia gli impatti del cambiamento ambientale globale sulla biodiversità, evidenzia che «Il livello di interconnessione tra il cambiamento climatico e le crisi della biodiversità è elevato e non dovrebbe essere sottovalutato. Non si tratta solo del cambiamento climatico che ha un impatto sulla biodiversità; riguarda anche la perdita di biodiversità che aggrava la crisi climatica. La ridotta abbondanza di specie, le estinzioni locali, nonché il rapido degrado e/o la perdita di ecosistemi come mangrovie, foreste tropicali, torbiere e alghe stanno avendo un impatto importante sulla capacità del nostro pianeta di immagazzinare carbonio, riducendo al contempo la natura e la capacità delle persone di adattarsi e/o far fronte alle mutevoli condizioni climatiche. Non si può continuare a gestire in modo indipendente territori, zone umide di acqua dolce e territori marini per la conservazione della biodiversità o la mitigazione o l’adattamento ai cambiamenti climatici, sperando che l’uno possa automaticamente andare a beneficio dell’altro. Abbiamo urgentemente bisogno di migliorare in modo significativo l’integrazione scientifica e politica delle agende sulla biodiversità e sui cambiamenti climatici in modo che le situazioni vantaggiose per tutti possano essere identificate rapidamente e più facilmente».

Per gli scienziati, la tanto attesa COP26 Unfccc «Rappresenta una finestra di opportunità ideale per i governi di tutto il mondo per dimostrare leadership, trasparenza e responsabilità per aiutare a cambiare le sorti sia del cambiamento climatico che della biodiversità».

La ZSL chiede «Un solido impegno per il recupero della natura accanto alle numerose soluzioni finanziarie e tecnologiche che saranno concordate e discusse alla COP26» e sta esortando i decision-makers  a «Introdurre un sistema di tracciamento ampiamente accettato per le NbS, per aiutare a identificare i benefici e i rischi di questi per i più ampi sistemi ecologici che hanno un impatto». La ZSL chiede anche «Ulteriori protezioni per gli ecosistemi oceanici e di acqua dolce; che tutti i Paesi sviluppati mantengano il loro impegno annuale di 100 miliardi di dollari per sostenere le esigenze dei Paesi in via di sviluppo negli sforzi per affrontare entrambe le crisi».

La Pettorelli ha aggiunto: «Abbiamo bisogno di una revisione della legislazione ambientale globale per supportare meglio la conservazione della fauna selvatica in tempi di rapido cambiamento climatico. I finanziamenti per le crisi del clima e della biodiversità dovrebbero essere bilanciati e gli incentivi finanziari dannosi come grandi quantità di finanziamenti annuali da parte dei governi per l’esplorazione di combustibili fossili e sussidi dannosi per le industrie agricole, forestali o della pesca, dovrebbero essere relegati ai libri di storia. E’ imperativo che questa finestra di opportunità non venga persa. Nessuno di noi vuole vivere nel futuro che attualmente stiamo costruendo per noi stessi».

Oltre al cambiamento politico di alto livello, lo studio identifica 5 aree prioritarie di ricerca ecologica necessarie per migliorare le attuali tattiche per affrontare la emergenze della biodiversità e climatiche che includono lo sviluppo di un approccio ampiamente accettato per valutare i benefici che i progetti volti a mitigare i cambiamenti climatici apportano alla biodiversità; metodi per tracciare gli ecosistemi che stanno cambiando la loro distribuzione o stanno collassando a causa degli impatti dei cambiamenti climatici; lo sviluppo di modi per prevedere gli impatti dei cambiamenti climatici sull’efficacia delle NbS. Gli autori dello studio dicono che «Tutte le soluzioni devono corrispondere alla scala a breve e a lungo termine di entrambe le sfide globali e devono essere sviluppate prove e conoscenze per garantirlo. Infine, le NbS, come i progetti di ripristino e la risistemazione della natura, devono essere regolarmente valutati per garantire che siano sostenibili e che vadano a beneficio della fauna selvatica e delle comunità che intendono servire».

Uno degli autori dello studio, Jos Barlow del Lancaster Environment Center della Lancaster University, che studia le foreste dell’Amazzonia, conclude: «C’è un crescente interesse nell’utilizzo del ripristino delle foreste per mitigare i cambiamenti climatici, ma l’adozione di un approccio ad hoc rischia di perdere molti dei potenziali benefici collaterali che questo potrebbe portare alla conservazione della biodiversità. In molte regioni ci sono già dati e informazioni sufficienti per prendere decisioni informate e ottenere questi benefici collaterali: ora, la sfida è garantire il dialogo e il flusso di informazioni necessari tra responsabili politici, professionisti e ricercatori».