Confindustria: sul Piano Cave Legambiente mente sapendo di mentire. Il Cigno Verde: non si risolve un problema rendendolo “normale”

Ravaneti: «Confindustria sta difendendo un’attività particolarmente dannosa per l’ambiente»

[10 Agosto 2020]

Confindustria Massa Carrara ha scritto una lettera aperta a Legambiente per spiegare perché gli ambientalisti sbagliano.  I toni sono durissimi: «Quando Legambiente definisce il Piano Regionale Cave, recentemente approvato dal Consiglio Regionale della Toscana, una cessione alle lobby mente sapendo di mentire. E’ infatti falso e tendenzioso affermare che quel piano, approvato da una assemblea democraticamente eletta dai cittadini toscani, risponda a logiche di parte. Quel Piano non fa altro che prendere atto della realtà, e cioè del fatto che i ravaneti, molti dei quali centenari, o i materiali derivanti dalla realizzazione di una strada di accesso non possano essere conteggiati nel rapporto di resa di una lavorazione in cava».
Secondo Confindustria il Cigno Verde commette un errore di fondo: «Ritenere che nel determinare i volumi di resa di una cava debbano essere calcolati anche questi materiali. Si tratta di materiale che nel momento in cui dal monte scende a valle viene conteggiato alla pesa pubblica, ma che non riguarda i derivati del lavoro di escavazione. La resa infatti è data da un rapporto in cui al numeratore c’è il materiale ornamentale estratto e al denominatore il materiale escavato in quel momento. Mettere al denominatore tutto il materiale che viene portato a valle, ad esempio un ravaneto ripulito dopo anni, significa falsare il rapporto percentuale, aumentando artificiosamente il denominatore e riducendo così la percentuale di resa. E’ evidente quindi che conteggiare, come fa Legambiente, questi materiali nel dato complessivo di una cava falsi il dato riguardante la resa effettiva di quella cava. Così come è evidente che continuare in questo errore di misurazione ha come unico scopo quello di diffondere informazioni false e tendenziose al fine di screditare il mondo del lapideo apuano additandolo come nemico da colpire. Vorremmo consigliare a tutti quanti di smetterla di continuare a perseverare nell’errore perché se sbagliare è umano, perseverare è sempre diabolico e produce conseguenze a volte anche deleterie e pericolose, come testimoniano le aggressioni sui social contro i lavoratori delle cave a cui alcuni addirittura sono arrivati ad augurare la morte».

Poi Confindustria si chiede  «COme mai Legambiente non usi la stessa vis polemica contro le cosiddette cave di scopo che hanno come unico ragione quello di estrarre materiale da riempimento o per altre lavorazioni, mentre le nostre cave hanno come primo obiettivo quello di ricavare materiale ornamentale per cui, non a caso, Carrara è famosa e conosciuta in tutto il mondo. Così come non ci spieghiamo perché Legambiente non confronti le rese delle cave di Carrara con le rese di altre cave in Italia e nel Mondo. Forse, temiamo, perché si renderebbe conto che grazie alla capacità dei nostri lavoratori noi siamo quelli che hanno le migliori tecniche e metodi per ottenere dall’escavazione rese incomparabilmente più alte di tutti. Inoltre grazie alla Carrara Marble Way, le imprese apuane hanno realizzato un sistema di economia circolare per utilizzare, ad esempio nella lotta all’erosione delle coste, anche il materiale residuo derivante dalla escavazione del marmo che un tempo veniva considerato rifiuto e gettato via. Insomma ci auguriamo che Legambiente non diffonda più false informazioni».

Pronta la risposta delle Direzione Regionale di Legambiente che riportiamo integralmente:

 

Nella sua lettera aperta, Confindustria accusa Legambiente di diffondere informazioni false e tendenziose che alimentano un clima di odio verso i cavatori. Nel merito, sostiene sia giusto che, nel calcolo delle rese in blocchi, non vengano computati tra i detriti quelli derivanti dall’asportazione dei vecchi ravaneti, dalla realizzazione della viabilità di accesso e da altri impieghi (riempimenti, sbassi, viabilità, messa in sicurezza etc.).

Nel ribadire che le cave apuane hanno come primo obiettivo quello di ricavare il materiale ornamentale che ha reso Carrara famosa nel mondo, Confindustria nega che il Piano regionale cave (PRC) sia il risultato di un cedimento alle pressioni della lobby del marmo.

Per ristabilire la verità occorre tener conto che, sebbene le cave di marmo siano consentite all’unico fine dell’estrazione dei blocchi, i dati della pesa comunale dal 2005 a oggi dimostrano che più di un terzo delle cave ha portato a valle meno del 10% in blocchi (oltre il 90% di detriti): difficile credere che ciò sia il frutto di eventi occasionali, anziché la cruda realtà quotidiana. Senza considerare le numerose cave apparentemente virtuose, avendo rese blocchi dal 30 al 100%, ma solo perché hanno abbandonato abusivamente i detriti al monte.

A nulla è servito neanche il Piano regionale attività estrattive (PRAER) del 2007 che,per porre fine a questo scandalo, stabilì il requisito autorizzatorio di una resa in blocchi di almeno il 25% e la verifica annuale da parte del comune.Il principio fu solennemente ribadito nel 2015 dal Piano paesaggistico regionale (PIT-PPR), stabilendo che le caveavrebbero dovuto «limitare quanto più possibile la produzione di inerti».

Il PRC, in effetti, sotto l’impulso dell’Assessore Ceccarelli, ha tentato di farlo, stabilendo inizialmente una resa minima in blocchi del 30% (art. 13, comma 2). Poi, in Consiglio, il piano è stato oggetto di una sfilza di emendamenti tesi a scartare dal calcolo una gran quantità di categorie di detriti, ed è arrivato a consentire rese in blocchi addirittura inferiori al 10%. È mera dietrologia pensare che le pressioni siano pervenute dagli industriali del marmo?

Confindustria, respingendo l’accusa che il PRC risponda a logiche di parte e accusandoci di tendenziosità, sostiene che quel piano non fa altro che prendere atto della realtà. Condividiamo in pieno quest’ultima affermazione: in effetti il piano, pur constatando l’insostenibilità del prelievo, ha risolto il problema “rendendolo perfettamente normale”.

Confindustria considera questa torsione una semplice presa d’atto della realtà. Per quanto ci riguarda, invece, tutelando interessi e valori di un’intera comunità, la consideriamo il via libera alla devastazione di una delle montagne più fragili e belle del mondo. Siamo proprio sicuri che i cittadini accettino riconoscenti l’esistenza di cave che distruggono un ecosistema per ridurne oltre il 90% a detriti? Uno stravolgimento così plateale del PIT-PPR (norma ricordiamo sovraordinata) mette davvero in pessima luce la versione finale del PRC.

Infine, Confindustria focalizza l’attenzione sui detriti asportati dai vecchi ravaneti che, non provenendo dall’escavazione in atto, a suo dire non dovrebbero essere conteggiati. Possiamo concordare su questo punto, ma precisando non solo che l’asportazione di vecchi ravaneti dovrebbe ricevere un’autorizzazione distinta e separata (non essendo equiparabile a un’attività di cava vera e propria), ma anche che Confindustria sta difendendo un’attività particolarmente dannosa per l’ambiente. Infatti:

l’asportazione dei vecchi ravaneti si traduce nel prelievo delle scaglie, abbandonando in loco terre e marmettola: in tal modo si incrementano l’instabilità dei ravaneti e l’inquinamento di fiumi e sorgenti; i vecchi ravaneti hanno bisogno dell’intervento esattamente opposto: asportazione delle terre, lasciando sul posto le scaglie, da risistemare in ‘ravaneti-spugna’ per ridurre il rischio alluvionale; allo stesso fine, anche una parte delle scaglie prodotte dall’attività corrente di cava dovrebbe essere lasciata sul posto e sistemata in ravaneti-spugna.

Per concludere, lanciamo sinceramente una sfida a Confindustria: che appoggi la nostra richiesta di introdurre, come requisito di partecipazione alla gara pubblica per il rilascio delle concessioni, l’obbligo di lavorare in loco la gran parte dei blocchi prodotti. Lascerebbe al territorio apuano almeno una buona ricaduta occupazionale nella filiera locale, anziché solo criticità e devastazioni.

Direzione Regionale di Legambiente