Però sono state bocciate le proposte per commerciare globalmente avorio in futuro

Cites, no a una maggiore protezione degli elefanti. Colpa dell’Unione europea

«Atteggiamento paternalistico e colonialista. Il sangue degli elefanti africani ricade sulle mani dell’Ue»

[4 Ottobre 2016]

Alla 17esima Conferenza delle parti (CoP17 ) della Convention on international trade in endangered species of wild fauna and flora (Cites) che si conclude domani a Johannesburg, in Sudafrica, alla fine  non è passata  la proposta di un divieto permanente del commercio internazionale di avorio di elefante, ma  sono state bocciate anche due proposte opposte, che avrebbero permesso in futuro di commerciare legalmente avorio  su scala globale.

Quindi, alla fine i delegati dei 158 Paesi presenti al summit Cites non hanno approvato con  la necessaria maggioranza dei due terzi la proposta presentata dall’African elephant coalition (Aec) di inserire tutti gli elefanti  africani nell’Appendice I, il più alto livello di protezione in base al diritto internazionale: 66 delegati hanno detto sì e 44 no. rifiutare. L’Aec comprende 29 Paesi africani che rappresentano oltre il 70% dell’areale dell’elefante africano.

Non è servito nemmeno che  il Botswana, uno dei 4 Paesi nei quali gli elefanti sono nell’Appendice II Cites  si sia dichiarato a favore della proposta dell’Aes. Intervenendo nella lunga sessione plenaria, Tshekedi Khama , ministro dell’ambiente, della fauna selvatica e del turismo del Botswana ha detto: «Rinunciamo senza riserve a questo status e appoggiamo l’up-listing di tutti gli elefanti africani nell’Appendice I. Anche se il Botswana aveva già sostenuto gli scambi limitati, ci rendiamo conto che non possiamo più sostenere la vendita di avorio; Non siamo in grado di affrontare questo problema in un vacuum».

Lee White, della delegazione del Gabon, ha  ricordato che «Il mio Paese ha subito un’emorragia di circa una tonnellata di avorio al mese a causa del bracconaggio. Mille ranger dei africani hanno perso la vita negli ultimi 10 anni nella lotta contro il commercio illegale. L’up-listing  di tutti gli elefanti africani avrebbe inviato un messaggio assolutamente chiaro che il commercio deve fermarsi».

Gli Stati dell’Africa australe, Botswana escluso, hanno ribattuto che l’up-listing deve basarsi sulla scienza, e che la maggior parte delle popolazioni degli Stati dell’Appendice II avrebbero popolazioni di pachidermi consistenti e non così a rischio da rientrare nell’Appendice I. La ministro dell’acqua e per gli affari ambientali del Sudafrica, Edna Molewa, ha addirittura detto che «Le Parti  devono rispettare l’integrità della Convenzione». Charles Jonga, rappresentante delle comunità rurali dello  Zimbabwe, ha detto che «Se le persone potessero beneficiare dell’avorio, non diventerebbero bracconieri e  li potremmo proteggere [gli elefanti], ci darebbero una ragione per proteggerli, non per temerli».

Ma a fare la differenza è stata l’Unione europea, rappresentata dalla Commissione europea e che ha partecipato alla Cop17 Cites con il blocco elettorale dei suoi 28  Stati membri, che ha votato contro la proposta dell’Aec.  Tra i principali Paesi europei, solo la Francia ha preso le distanze dalla decisione dell’Ue e si è espressa per la piena protezione degli elefanti africani. Il voltafaccia più clamoroso è venuto dalla Gran Bretagna che, dopo aver  dato rassicurazioni sul fatto che avrebbe appoggiato il bando del commercio dell’avorio, si è allineato alle posizioni dell’Unione europea. Si vede che in questa materia la Brexit non conta.

Fortunatamente la Cop17 Cites aveva sonoramente sconfitto con voto segreto la proposta 14 della Namibia (73 no, contro 27 sì) e 15  dalla Namibia e Zimbabwe ((0 no e 21 sì) che volevano ammorbidire le regole sul  commercio di avorio globale legale. In molti dicono che il voto elettronico, usato per la prima volta alla Cites e che è andato in tilt più volte, potrebbe aver falsato la votazione sull’Appendice I.

Secondo Vera Weber, presidente della Fondazione Franz Weber, «La posizione dell’Unione europea è scioccante. Il loro atteggiamento paternalistico e colonialista con  la stragrande maggioranza degli Stati africani dell’areale dell’elefante che richiedono di elencarli nell’Appendice I è vergognoso. Anche il Botswana che si è dichiarato  a favore di un up-listing to  nell’ Appendice I, non è stato ascoltato».

Anche Rosalind Reeve, senior advisor to della Fondation Franz Weber e della David Shepherd Wildlife Foundation, attacca l’Unione europea: «L’Ue ha  bloccato l’inclusione nell’ elenco dell’Appendice I  di  tutti gli elefanti africani. I numeri parlano chiaro. Se l’Ue avesse sostenuto la proposta dell’African elephant coalition,  ora sostenuta anche dal Botswana, l’elencazione nell’Appendice I sarebbe passata. Il sangue degli elefanti africani ricade sulle mani dell’Ue».

Ci va giù duro anche il britannico Robert Hepworth, ex presidente del Comitato permanente della Cites e senior advisor della David Shepherd Wildlife Foundation: «Tutti i paesi dell’Unione europea hanno votato contro la proposta più importante in questa Conferenza per proteggere gli elefanti e dovranno sostenere una parte pesante di responsabilità e delle conseguenze. L’Ue era terrorizzata di offendere il Paese ospitante. Hanno ignorato una petizione forte di milioni di firma, una risoluzione del Parlamento europeo, il punto di vista di una grande maggioranza degli Stati africani dell’areale e anche l’intervento coraggioso del vicino del Sud Africa, il Botswana. Sicuramente il Botswana corre molti più rischi rispetto all’Ue per le sue relazioni con il grande vicino. Il comportamento dell’Ue mi ha fatto vergognare di aver votato per rimanere in Europa».

Anche se i sostenitori della proposta Aec  sono delusi dal risultato dalla votazione e dal tradimento europeo, incassano le altre decisioni che potrebbero contribuire a ostacolare il bracconaggio e a garantire una protezione in più per gli elefanti africani: la scorsa settimana è stato finalmente approvato con una maggioranza schiacciante il no alla continuazione del dibattito, che dura da 8 anni, per  arrivare a un meccanismo che in futuro avrebbe  consentito di legalizzare il commercio di avorio e i delegati della Cites  si sono accordati sul fatto che i Paesi dovrebbero urgentemente chiudere i loro mercati nazionali agli scambi commerciali in avorio raw e lavorato, la prima raccomandazione mai approvata dalla Cites di chiudere i mercati nazionali  invece di regolamentarli

Tutte le popolazioni di elefanti africani erano già stati inseriti nell’Appendice I nel 1989ma nel 1997 e 2000 le popolazioni i di Botswana, Namibia, Sudafrica e Zimbabwe erano state “declassificate” nell’Appendice II, per consentire a due vendite di grandi scorte di avorio al Giappone e alla Cina nel 1999 e nel 2008.

Una moratoria sulle proposte per il commercio di avorio da parte dei Paesi nell’Appendice II è in vigore dal 2008, ma decadrà nel 2017 il che potrebbe aprire la strada  a nuove proposte di commerciare avorio.