Cinghiali: la caccia non è la soluzione, ottiene il risultato opposto

Convegno università di Teramo e Wwf a Teramo: efficaci le catture con chiusini, recinti elettrificati e sterilizzazioni

[7 Febbraio 2022]

Il convegno “Il cinghiale e il territorio: dalla ricerca scientifica alla gestione” organizzato dall’università degli Studi di Teramo e dal Wwf Abruzzo ha confermato che «Affidarsi solo alla caccia, come si fa da decenni, non risolve la situazione ma la peggiora. Un confronto aperto e tecnicamente supportato può aiutare a individuare azioni davvero efficaci».
La partecipazione al convegno e gli interventi di rappresentanti del mondo accademico, dei Carabinieri Forestali, delle ASL, delle aree naturali protette, delle associazioni ambientaliste e di categoria, ha evidenziato che le problematiche legate all’aumento del numero dei cinghiali sono molto sentite in Abruzzo come nel resto d’Italia. Il Wwf evidenzia che «La gestione del cinghiale è una questione complessa che investe e coinvolge molti settori della società e che proprio per la sua complessità richiede interventi basati sulle evidenze scientifiche e sull’analisi dei risultati delle pratiche messe finora in atto».

Il convegno è stato aperto da una relazione di. Andrea Mazzatenta dell’università di Teramo e da una review di oltre 80 pubblicazioni presentata da Filomena Ricci, delegatoa del Wwf Abruzzo, e da Marco Galaverni, direttore scientifico del Wwf Italia, che sono servite a sottolineare  che «In buona sostanza la caccia, così come il cosiddetto selecontrollo, intervenendo sulle dinamiche ecologiche della specie ottiene risultati opposti rispetto alle intenzioni: più abbattimenti e pressione sulla popolazione ci sono, più i cinghiali si riproducono (i numeri quindi aumentano anziché diminuire) mentre i gruppi familiari si destabilizzano. Di conseguenza crescono sia i danni all’agricoltura sia gli incidenti stradali. Lo dimostrano ormai numerosi studi, ma lo dimostra anche l’esperienza pratica: da anni l’emergenza cinghiali si contrasta affidandosi quasi soltanto a doppiette e carabine ma la situazione è tutt’altro che migliorata».

Dai dati presentati al  convegno è anche  emerso che «Le catture con i chiusini si sono dimostrate efficaci riuscendo a essere più selettive rispetto al prelievo venatorio come dimostrano alcune esperienze pratiche condotte sul campo nella riserva regionale e Oasi Wwf del Lago di Penne e dei Calanchi di Atri. Anche le misure di prevenzione con i recinti elettrificati, laddove sono state attuate, hanno avuto effetti positivi, pur necessitando di alcune accortezze nella fase di installazione e per la manutenzione, come è stato illustrato dall’esperienza della riserva regionale e Oasi Wwf  dei Calanchi di Atri. Così come vi sono primi esperimenti di sterilizzazione, attraverso interventi però complessi da gestire su ampi spazi».

Ma ambientalisti e ricercatori lamentano il fatto che si tratta di «Evidenze scientifiche che purtroppo difficilmente diventano elemento su cui basare le scelte. Si preferisce invece riproporre da anni sempre le stesse soluzioni anche se non hanno prodotto risultati. L’intero settore continua infatti a risentire dell’approccio per cui la gestione faunistica finisce per coincidere con la gestione venatoria: nulla di più errato! Il caso dei cinghiali dimostra esattamente il contrario: a causa della caccia dagli anni 60 del secolo scorso vi sono state enormi immissioni di cinghiali provenienti dall’Est Europa che hanno finito per determinare un disequilibrio che l’aumento della pressione venatoria non solo non ha risolto, ma ha addirittura fatto aumentare. Se quindi l’obiettivo dichiarato è quello di diminuire il numero dei cinghiali per far diminuire i danni alle colture (e in alcuni casi anche al patrimonio naturale) è inutile aumentare i periodi di caccia arrivando, come è oggi in Abruzzo, a consentire il prelievo venatorio – nella forma della caccia e in quella del selecontrollo – tutto l’anno».

E infatti il Vicepresidente della Regione Abruzzo, Emanuele Imprudente, ingtervenendo al convegno ha rivbadito che la Regione intende proseguire sulla strada fin qui seguita ritenendo che non occorrano ulteriori studi e che sia invece necessario agire rapidamente per risolvere il problema. Una esigenza, quella della rapidità, condivisa da tutti. Il Wwf ricorda che «Non c’è del resto alcuna necessità di ulteriori ricerche, perché gli studi già ci sono! Si tratta solo di adottare le soluzioni che questi propongono, andando poi a costante verifica della loro efficacia».

Michele Amorena dell’università di Teramo, ha fatto notare che «E’ sbagliato pensare di fornire soluzioni semplici a problemi complessi» e, nelle conclusioni, Dante Caserta, vicepresidente del Wwf Italia, ha ammonito: «E’ ancora più sbagliato continuare con strategie che fino ad oggi si sono dimostrate a dir poco inefficaci, o proposte come estendere la caccia tutto l’anno. Una vera soluzione è possibile solo attraverso una strategia che coinvolga tutti i portatori di interesse e che si basi esclusivamente sulle evidenze scientifiche e sulle modalità più efficaci. In caso contrario, il rischio è che tra qualche anno avremo tanti cinghiali uccisi in più, ma con ancora più danni di quelli registrati ad oggi. Per questo l’intenzione dell’università di Teramo e del Wwf Abruzzo è quella di continuare a offrire occasioni di riflessione chiedendo disponibilità al settore dell’agricoltura attraverso le associazioni di categoria: solo un confronto aperto e tecnicamente supportato potrà aiutare ad adottare soluzioni davvero efficaci».