Cielo nero sul Brasile. Greenpeace: Amazzonia sotto attacco, nel 2019 gli incendi aumentati del 145%

Bolsonaro: gli incendi li appiccano gli ambientalisti per vendetta contro il mio governo

[22 Agosto 2019]

Greenpeace Brasil  dice che «Negi ultimi giorni scorsi l’acqua dei Rios Voadores (i fiumi volanti, ndr) che trasporta l’umidità atmosferica dall’Amazzonia a tutto il sud e il centro-ovest del continente, è stata sostituita dal fumo, che è stato persino notato negli stati di São Paulo e Paraná. La causa? Il numero di focolai registrati nell’Amazzonia nel 2019 è uno dei più grandi negli ultimi anni. Da gennaio al 20 agosto, il numero di incendi nella regione è stato del 145% superiore rispetto allo stesso periodo del 2018. Nell’Amazzonia brasiliana, i livelli di allerta per la deforestazione sono collegati all’incidenza del fuoco, che è uno dei principali strumenti utilizzati per la deforestazione. Dei 10 municipi della regione con il maggior numero di allarmi registrati dal sistema Deter (Inpe), 8 sono anche in cima alla classifica degli incendi».

E proprio l’ Instituto Nacional de Pesquisas Espaciais (Inpe) – da poco commissariato dal presidente neofascista brasiliano Jair Bolsonaro – conferma che  dal primo gennaio al 20 agostoi nell’Amazzonia brasiliana sono scoppiati 74.155 incendi attivi, anche se dice che l’incremento è stato “solo” dell’85% rispetto allo stesso periodo del 2018. Il dato ancora più preoccupante è che la metà di questi incendi sono stati fregistrati nei primi 20 giorni di agosto.

La situazione è particolarmente grave nello Stato dell’Acre e in alcune aree dello Stato dell’Amazonas (il più grande del Brasile) che hanno dichiarato lo stato di emergenza.  Nella “Nota técnica – Amazônia em chamas” pubblicata il 20 agosto, l’Instituto de Pesquisa Ambiental da Amazônia (Ipam) sottolinea che non esiste nessuna evidenza per poter dire che gli incendi sono la conseguenza di una mancanza di pioggia. Ane Alencar, direttrice scientifica dell’Ipam, ha detto che «Gli incendi che vediamo oggisono direttamente collegati alla deforestazione. Non sono incendi boschivi ma sono provocati da uomini che ogni anno accorrono in aree specifiche. Questo tipo di incendi sono l’ultima tappa del processo di deforestazione nella regione amazzonica. Tagliano gli alberi, lasciano seccare il legname e poi gli danno fuoco, in modo che le ceneri possano fertilizzare il terreno. Quando arrivano le piogge, l’erba cresce rapidamente dai nutrienti prodotti dalle ceneri. Usualmente, i fazendeiros tagliano e bruciano le loro terre all’incirca un mese prima dell’inizio della stagione delle piogge, Però le piogge non cominceranno prima della fine di settembre e ancora più tardi nella zona nord dell’Amazzonia. Questo potrebbe significare che più avanti potremo avere molti più incendi».

Greenpeace Brasil denuncia che il 10 e l’11 agosto i fazendeiros e i grileiros (accaparratori di terre) che vivono nei dintorni della  BR-163 hanno annunciato che avrebbero organizzato un ““dia de fogo” (il giorno del fuoco, ndr) e hanno mantenuto la promessa:  secondo l’Inpe nello scorso fine settimana nell’area è stato registrato un boom degli incendi.  Greenpeace Brasil spiega che «Questa azione coordinata ha fatto aumentare il numero di focolai del 300% durante la notte nella città principale della regione, Novo Progresso».

Mentre la foresta veniva data alle fiamme, la stampa locale di Novo Progresso scriveva che «I fazendeiros si sentono “supportati dalle parole del presidente e hanno coordinato l’incendio di pascoli e aree di deforestazione per la stessa data».  Uno dei  leader degli incendiari, che ha concesso interviste coperti dall’anonimato, ha detto che il loro obiettivo è quello di «Dimostrare al presidente che vogliono lavorare».

Negli ultimi anni l’Ibama aveva una base di ispezione a Novo Progresso durante la stagione secca, ma quest’anno l’operazione è stata annullata a causa della mancanza di sostegno sia da parte dello Stato del Pará, che due mesi fa ha cessato di sostenere l’agenzia federale per l’ambiente, sia della Força Nacional de Segurança Pública del ministero  federale della giustizia. Uno dei maggiori obiettivi di fazendeiros e grileiros è la Floresta Nacional do Jamanxim, l’Unidade de Conservação federal più devastada del Brasile negli ultimi 12 mesi, che in un anno ha perso 135 km2 di foresta. Un’altra Unidade de Conservação federal colpita da numerosi incendi e assediata dai fazendeiros è la Reserva Biológica Nascentes da Serra do Cachimbo, dove la legge non consenta nemmeno ma che è stata invasa dagli allevatori di bestiame.

Danicley Aguiar della campanha Amazônia di Greenpeace Brasil, sottolinea che «Coloro che disboscano e distruggono l’Amazzonia sono incoraggiati di discorsi e dalle azioni del governo Bolsonaro che, da quando è entrato in carica, è stato un vero e proprio demolitore della politica ambientale del Paese. Solo il recente attacco da parte del governo contro l’Amazon Fund  ha già comportato il blocco di donazioni per 288 milioni di real da parte di Norvegia e Germania, portando a conseguenze perverse per la a lotta contro la deforestazione e gli incendi in Amazzonia. Alla fine del 2018, le azioni di monitoraggio e controllo, tra cui la prevenzione e la lotta agli incendi boschivi e ai fuochi non autorizzati, rappresentavano il 47% dell’importo assegnato ai progetti sostenuti dal Fund, per un totale di 891 milioni di real. Di questo totale, circa il 90% è andato a progetti attuati da enti della pubblica amministrazione brasiliana (governi federali, statali e municipali), rivelando l’importanza strategica del Fund per la conservazione dell’Amazzonia».

Il presidente Bolsonaro è in difficoltà e ieri, con un’intervista alla Folha de São Paulo che poi è stata pubblicata sui social network governativi, ha cercato di uscire dall’angolo dicendo che le dietro gli incendi potrebbero esserci le associazioni ambientaliste: «Potrebbe essere, non lo sto dicendo (sic!). un’azione criminale da parte di questi membri delle ONG  per richiamare l’attenzione contro di me, contro il governo del Brasile». Secondo Folha de São Paulo l’obiettivo degli ambientalisti incendiari potrebbe essere proprio una rappresesaglia contro il governo di estrema destra per aver causato la sospensione di un finanziamento a fondo perduto di 32 milioni di dollari della Norvegia all’Amazon Fund.

Ma il problema di Bolsonaro è che dal 19 agosto, da quando il cielo di metropoli come São Paulo è diventato improvvisamente nero, gli incendi nell’Amazzonia brasiliana sono balzati finalmente all’attenzione dell’opinione pubblica internazionale. La cappa di fumo nero sopra  São Paulo dipende dalla combinazione di due fenomeni strettamente legati tra loro: l’arrivo di una massa di aria fredda che ha fatto aumentare le nubi basse e la nebbia sopra la città, l’espansione di questa stessa aria fredda ha provocato un cambio dei venti dominanti, portando fino a São Paulo  il fumo degli incendi forestali dell’Amazzonia, che briciano a 2.700 km di distanza, e da quelli che stanno incenerendo grandi aree nel più vicino Paraguay.

Il ricercatore della NASA Santiago Gassó, ha spiegato su UOL Noticias che  la formazione di questi “corridoi di fumo”  dipende da diversi fattori: «In quest’epoca dell’anno ci sono sempre incendi. Però il corridoio di fumo non si forma tutti gli anni e può dipendere da fattori come la quantità di incendi e dalla loro intensità, dal tipo di combustibile che produce il danno, dall’umidità del suolo e da problemi meteorologici».

Ricardo Mello, a capo dell’Amazon Program del Wwf ribatte a Bolsonaro: «Visti i dati recenti, gli incendi sono una conseguenza dell’aumento della deforestazione».

E Greenpeace Brasil  ricorda  che «Gli incendi e i cambiamenti climatici innescano un circolo vizioso: più incendi, più emissioni di gas serra e più il pianeta si riscalda, più spesso ci sono eventi estremi come le grandi siccità ricorrenti nel mondo. Nell’Amazzonia, oltre alle emissioni, la deforestazione contribuisce direttamente a un cambiamento dei modelli di precipitazioni nella regione, il che estende la durata della stagione secca, influenzando ulteriormente le foreste, la biodiversità, l’agricoltura e la salute umana».

E politicamente Bolsonaro ha un altro problema, molto più grosso degli ambientalisti con i quali cerca lo scontro: l’economia. Il mondo delle imprese ha cominciato a criticarlo dopo che ha licenziato il capo dell’Inpe colpevole di pubblicare dati scientifici che non gli piacevano perché mostravano un aumento dell’88% della deforestazione in Brasile a giugno rispetto allo stesso mese di un anno fa. Dati ritenuti precisi al 95% e confermati da diverse istituzioni scientifiche, tra cui l’ Academia Brasileira de Ciências.

Bill Udell, chief executive officer di Control Risks per le Americhe, ha detto in un intervista a Estadão che le dichiarazioni del governo brasiliano sono sotto esame: «Non so se le aziende stanno già per prendere una decisione economica con l’intenzione di marcare una posizione. Ma nelle compagnie c’è sicuramente la percezione che le imprese devono preoccuparsi dell’Amazzonia nello stesso modo in cui non si preoccupano di altri problemi. E penso che, se il rischio persiste o peggiora. potrebbe avere ripercussioni negative sull’economia. ”

Per Miriam Leitão di O Globo,  «Siamo sulla strada per una tempesta perfetta. Da un lato, un governo con una politica ambientale disastrosa che, inoltre, dissastra i governanti dei Paesi partner. Dall’altro, la guerra commerciale tra Cina e Stati Uniti che sembra spingere l’economia mondiale verso un’altra recessione. Per farsi un’idea di ciò che è già accaduto: quest’anno gli investitori stranieri hanno ritirato 19,1 miliardi di real dalla borsa brasiliana. Solamente nel mese di agosto sono stati 8,7 miliardi di real (…) in mezzo a questi terremoti, il governo brasiliano prende decisioni sbagliate in ambito ambientale. Nei prossimo mesi, il Brasile sarà sotto gli occhi di tutti in occasione di eventi come il Sínodo da Amazônia, la Cop [Unfccc] del Cile, i numeri annuali ufficiale della deforestazione, PRODES, che l’Inpe  pubblica normalmente tra ottobre e novembre. E se il governo cerca di nasconderli, sarà peggio. La politica ambientale alimenta il rischio di boicottaggio dei prodotti brasiliani. Le crisi esterne possono aggiungersi agli errori commessi dal governo Bolsonaro. Questa è la tempesta che si sta formando».

Sulla Folha de São Paulo Helio Schwartsman ha scritto un articolo provocatorio, prendendo sul serio la paranoica tesi di Bolsonaro secondo la quale ci sarebbero Paesi  stranieri che vogliono comprarsi l’Amazzonia: «La popolazione locale otterrebbe la cittadinanza di Paesi ricchi e sperimenterebbe un lungo ciclo di sviluppo. Il resto dei brasiliani riceverebbe un forte compenso per la cessione della “sovranità”, che useremmo saggiamente, strappando i legami che ancora ci legano al gruppo delle nazioni a medio reddito. Ancora più importante, il pianeta verrebbe notevolmente favorito dalla totale conservazione della foresta, che svolge un ruolo importante nella regolazione delle precipitazioni e del clima. Ne guadagnerebbero anche specie biologiche che non abbiamo ancora identificato, ma che sono già state decimate dall’eliminazione di parti della foresta. ”Usa gli” affari “per sottolineare che alcuni tipi di” nazionalismo “sono puramente patologici».

Schwartsman utilizza gli “affari” per dimostrare che «Alcuni tipi di nazionalismo sono puramente patologici».

Anche il governatore del Pará, Helder Barbalho, si è detto preoccupato per la deforestazione e la minaccia di ritorsioni per i prodotti brasiliani: «Riconosco la mancanza di controllo della situazione e prevedo conseguenze economiche interne ed esterne se il quadro non viene invertito».

Un editoriale di Valor  riporta addirittura le preoccupazioni dell’industria agroalimentare – che sta tanto a cuore a Bolsonaro – per le ripercussioni negative dell’aumento della deforestazione e degli atteggiamenti del presidente, come nel caso dell’Inpe,  «La minaccia di cambiare il termometro della deforestazione non fa che amplificare i sospetti, poiché le ricerche disponibili, provenienti dall’Inpe e dalle ONG, indicano un aumento della distruzione ambientale. Il governo non prende le distanze, non mostra alcuna preoccupazione, che in pratica è un velato incentivo all’attacco ambientale».

Guga Chacra, che ha un master in relazioni internazionali alla Columbia University, è commentatore per GloboNews, TV Globo e CBN Radio New York ed editorialista di O Globo, ha postato nel suo Twitter il seguente messaggio: «CEO di Apple, JP Morgan, Amazon, Wal-Mart, Pepsi e altri  delle 200 più grandi imprese degli Stati Uniti dicono che la preoccupazione per l’ambiente dovrebbe essere una priorità delle loro compagnie. In Brasile, qualcuno potrebbero chiamarli “comunisti”».