Chi fila e chi sfila: Zea e Zes, due argomenti per le “eccellenze ambientali” italiane in un ordine del giorno per il Governo

Valorizzare il patrimonio di natura e cultura per guidare la transizione ecologica del Mezzogiorno

[29 Luglio 2021]

L’Europa ci invita ad una vera transizione ecologica e noi facciamo la transizione energetica. L’Europa ci invita a semplificare e noi continuiamo a complicare.

Il grande patrimonio di natura e cultura del paese, con il quale finalmente qualcuno ha capito che “si mangia”, è l’esempio di quella “transizione” che nel senso letterale del “passaggio da una situazione a un’altra, sia in senso statico, come condizione intermedia definita, che in senso dinamico in quanto implichi l’idea di un’evoluzione in atto”,  potrebbe permettere al paese di voltare pagina rispetto ad un’idea di paese consapevole e responsabile rispetto alle Sue vocazioni.

Le Zone economiche ambientali (Zea), nate da una felice intuizione del ministero dell’Ambiente sull’onda dell’applicazione di una direttiva europea nelle aree di “eccellenza ambientale” del Paese,  rappresentano una innovazione apprezzata in europa e replicata in altre nazioni come un modello del Green deal.

Il compimento ed attuazione di questa iniziativa, soprattutto nel Mezzogiorno, è dare corpo e anima ad un disegno che il legislatore lungimirante ha determinato oltre 30 anni fa nell’attuare due articoli della costituzione il 9 sul “paesaggio” e il 32 sulla “salute” , entrambi di grande attualità, nella individuazione, istituzione e gestione del più grande bacino di biodiversità d’Europa, con la legge quadro sulle aree protette n.394/91.

Con altrettanta lungimiranza, il deputato Federico Conte ha ritenuto dover richiamare il Governo con un ordine del giorno sulle sfide rilanciate dall’Europa, per affermare un principio di grande innovazione per la ricchezza d’Italia: “la tutela dell’ambiente”.

Di fatto come affermato nell’ordine del giorno, nella seduta della Camera dei Deputati del 23 luglio 2021, “La sfida del green new deal del Governo”, oltre a prevedere che “tutti i piani di investimento pubblico dovranno avere al centro la protezione dell’ambiente, il ricorso alle fonti rinnovabili, la protezione della biodiversità e dei mari, il contrasto dei cambiamenti climatici ribadisce che bisogna adottare misure che incentivino prassi socialmente responsabili da parte delle imprese e che occorre promuovere lo sviluppo tecnologico e le ricerche più innovative in modo da rendere quanto più efficace la transizione ecologica”, deve  indirizzare l’intero sistema produttivo verso un’economia circolare.

Per questo ultimo obiettivo concreto ed operativo, funzionale alla riduzione del tasso di disoccupazione del Mezzogiorno, se il 40% delle risorse territorializzabili del Pnrr e del Fondo complementare rappresentano la ‘quota Sud’ di tutte le linee di intervento delle 6 missioni del Piano, allora altrettanto chiaro che processi di innovazione e crescita della transizione verso un’economia circolare deve e può passare per i luoghi dove questa condizione è già matura e dotata di adeguati strumenti per accelerare la transizione in “senso dinamico … di un’evoluzione in atto”, per portare immediati benefici sui territori del sud Italia, da leva per il resto del mezzogiorno e tessere quella tela di relazioni e risorse che permetterebbe al sud di diventare il centro della transizione ecologica.

In proposito, se le Zea rappresentate da Parchi nazionali hanno rappresentato un primo segnale di inversione di tendenza, lo strumento delle Zone economiche speciali per il Mezzogiorno (Zes) rappresenterebbe il compimento di quella parte della legge quadro n.394/91 che all’art.7 in termini di “priorità” individua nei singoli cittadini e soprattutto per le giovani imprese “verdi” e in generale per la green economy del Mezzogiorno, per valorizzare quella attitudine vocazionale, nel quadro della integrazione dei tanti strumenti europei dalla Strategia europea sulla biodiversità 2030, ai Paf (Prioritised action frameworks), dalla direttiva Farm to fork, alla Carta europea del turismo sostenibile verso la strada di quel “turismo responsabile ed esperienziale” recentemente sostenuto dal ministero della Coesione e del Sud.

Di fatto la normativa europea in materia di aiuti di Stato stabilisce che le agevolazioni fiscali offerte dalle Zes non possono essere applicate indiscriminatamente all’intero territorio italiano, ma solo a determinate aree chiaramente identificate sulla base di parametri misurabili e caratterizzate da una difficile situazione economica (come i tanti Comuni delle aree protette nazionali del Sud Italia) dei quali molti interessati dalla Snai ad integrazione delle politiche per le aree interne.

Combinare Zea e Zes nel Mezzogiorno rappresenta per il patrimonio di natura e cultura, la direzione possibile di incrementare il valore di una vocazione mai adeguatamente promossa e determinata per il Mezzogiorno che si esprime con consapevolezza e decisione nei tanti bacini della qualità italiane nel mondo (vedasi i tanti siti riconosciuti dall’Unesco patrimonio dell’umanità del sud Italia) determinando, come auspica l’impegno che l’ordine del giorno proposto al Governo Italiano,  per una decisa, incontrovertibile e necessaria rigenerazione dei principi fondanti la qualità della vita nel Paese.

di Domenico Nicoletti* 

*Segretario dell’Osservatorio europeo del paesaggio di Arco Latino e Direttore del Parco nazionale dell’Alta Murgia