Cambiamento climatico: i caprioli del Trentino salgono più in alto

Scoperto anche il ruolo svolto dalla memoria nella ricerca del cibo da parte dei caprioli

[12 Aprile 2021]

Grazie a due studi ai quali ha partecipato la Fondazione Edmund Mach (FEM), i caprioli  (Capreolus capreolus) del Trentino in questi giorni hanno fatto la loro comparsa su due prestigiose riviste scientifiche internazionali: Scientific Reports e Pnas,  che mettono in risalto, il primo, l’effetto del clima sulla distribuzione dei caprioli nei prossimi decenni in Trentino (cambia il clima e il capriolo sale in quota) e il secondo il ruolo della memoria nella ricerca di cibo grazie all’analisi degli spostamenti (il capriolo cerca nutrimento in base al ricordo di esperienze passate e non in base alla percezione sensoriale).
Lo studio “Climate change and anthropogenic food manipulation interact in shifting the distribution of a large herbivore at its altitudinal range limit”, pubblicato su  Scientific Reports da un team internazionale guidato daJulius G. Bright Ross delle università di Oxford (UK) e Harvard (Usa) , ha consentito di predire la distribuzione dei caprioli sulle montagne trentine nei prossimi decenni a seguito degli effetti dei cambiamenti climatici.
«Si tratta – spiegano alla  FEM – di una fotografia futura dei movimenti animali ottenuta grazie alla rara possibilità di confrontare i dati di spostamento degli animali a distanza di decenni, precisamente quelli raccolti dall’università di Padova-Dipartimento DAFNAE all’inizio del 2000, e le più recenti localizzazioni di collari GPS della FEM, associati ad una proiezione climatica sviluppata con i dati di Meteotrentino che ha permesso di stimare la profondità di neve al suolo nei prossimi 50 anni».
Lo studio, che ha riguardato il Parco Adamello Brenta e zone circostanti nelle valli Rendena e Giudicarie, ha dimostrato che «Il limite delle coperture nevose si troverà a quote maggiori. Il capriolo, non adatto a spostarsi e ad alimentarsi nella neve profonda, potrebbe dunque in futuro occupare in modo stabile versanti ad altitudini maggiori delle attuali, probabilmente non migrando più tra siti stagionali invernali ed estivi».
Bright Ross, che con questi dati ha realizzato la propria Senior Thesis presso il Department organismic and evolutionary biology dell’università di Harvard, supervisionato da Paul Moorcroft e dalla ricercatrice Francesca Cagnacci del Centro ricerca e innovazione FEM, fa notare che «In realtà l’incremento di temperatura è stato registrato in modo notevole già durante il periodo considerato dalla nostra ricerca, con 1.5°C in più nei mesi invernali a Tione, nelle Valli Giudicarie».

La Cagnacci aggiunge: «In modo innovativo e raro, abbiamo utilizzato dei dati di comportamento reali per capire il futuro delle nostre specie di montagna, un ambiente particolarmente esposto ai cambiamenti climatici e agli interventi dell’uomo. Tenere conto delle variabili in gioco ci permetterà di preservare le nostre Alpi, sorgente preziosa di biodiversità, alla base della nostra salute».

Il secondo studio, “Experimental evidence of memory-based foraging decisions in a large wild mammal” pubblicato su Pnas da Nathan Ranc (università di Harvard), Paul Moorcroft (università di Cambridge) e da Federico Ossi e dalla Cagnacci della FEM, ha scoperto il ruolo che svolge la memoria nella ricerca di cibo con l’analisi degli spostamenti. Alla FEM evidenziano che «Fino ad oggi non era chiaro se a guidare la scelta di nutrimento nei grandi mammiferi fosse la memoria oppure la percezione sensoriale della presenza di cibo». La ecente ricerca condotta in Trentino nei boschi della valle di Cembra, ha fatto chiarezza sui processi cognitivi che sottendono alle decisioni relative alla ricerca di nutrimento negli ungulati e ha dimostrato che «La ricerca di cibo è dovuta prevalentemente al ricordo di esperienze effettuate in precedenza».
Nella sua ricerca di dottorato svolta alla FEM e ad Harvard, Nathan Ranc, insieme alla Cagnacci e a Ossi e Moorcroft hanno dotato 18 caprioli di radiocollari GPS e ne hanno tracciato i movimenti durante una manipolazione sperimentale della disponibilità di nutrimento.

Alla FEM spiegano ancora che «Lo studio empirico supportato da modelli matematici è stato svolto in Trentino, in Val di Cembra, in un’area dove viene praticato il foraggiamento artificiale regolamentato per ungulati. I ricercatori hanno modificato sperimentalmente l’accesso al nutrimento (mais) chiudendo le mangiatoie con assi di legno, ma lasciando il cibo all’interno, per poi riaprirle assicurando l’approvvigionamento continuo, a periodi alterni di due settimane. Con questo semplice accorgimento, i caprioli continuavano a percepire olfattivamente la presenza di cibo senza però poterlo mangiare. Il modello matematico ha dimostrato come durante le due settimane di chiusura delle mangiatoie i caprioli abbiano passato solo il 5% del proprio tempo presso questi siti di foraggiamento, una percentuale molto ridotta se confrontata con quanto riscontrato nelle due settimane antecedenti la chiusura, quando i caprioli restavano nelle immediate vicinanze delle mangiatoie per il 31% del proprio tempo».

I ricercatori fanno notare che «Se le visite ai siti di foraggiamento fossero state guidate dalla percezione della presenza di cibo, rimasta inalterata durante la chiusura, non sarebbe stato riscontrato il netto calo di visite osservato, che pertanto indica un processo cognitivo nelle decisioni di ricerca del nutrimento basato sulla memoria. Inoltre, a seguito della riapertura delle mangiatoie, i caprioli sono tornati a frequentare i medesimi siti, benché altre mangiatoie fossero disponibili nelle vicinanze. Questo conferma il ruolo della memoria negli spostamenti finalizzati alla ricerca di risorse e suggerisce una preferenza per i siti conosciuti, un processo noto come “familiarità”», già sottolineato in una precedente pubblicazione del gruppo di ricerca.
Secondo gli autori dello studio, «Una piena comprensione dei processi tramite cui gli animali rispondono ai cambiamenti ambientali, tra i quali anche la disponibilità di risorse, è fondamentale per sviluppare opportune strategie di conservazione e gestione della fauna, anche in considerazione dei rapidi cambiamenti climatici in corso».