Calabria, operazione Lande Desolate, Legambiente: «A poco serve dire lo avevamo detto»

Nell’indagine infrastrutture sciistiche nel Parco della Sila e l’aviosuperficie nel SIC del fiume Lao

[18 Dicembre 2018]

Secondo il procuratore aggiunto di Catanzaro Vincenzo Capomolla, l’operazione “Lande desolate” della Guardia di finanza di Cosenza, che sta terremotando la politica regionale della Calabria  (ci sono già le prime richieste di commissariamento della Regione), può essere riassunta così: «Un diffuso degrado del senso di legalità. Il sostanziale fallimento di quelle opere che dovevano garantire sviluppo al territorio, creando invece grave danno alla comunità».

Secondo l’accusa, il presidente della Regione Mario Oliverio (PD) «nella sua qualità di presidente di Regione,  recepiva e assecondava le richieste di Zinno e Veltri (rispettivamente dirigente della Regione  e consigliere di amministrazione della Lorica Ski, ndr), consapevole dello stallo dei lavori, altresì, della incapacità tecnica e finanziaria del gruppo Barbieri di assolvere all’obbligo contrattualmente assunto di co-finanziare i lavori di Lorica con capitali privati, provocava non meno di due incontri in cui disponeva procedersi alla liquidazione dell’intero importo alla Stazione appaltante ai fini del conseguente accredito alla ‘Lorica Ski’ di Barbieri, così ‘accollando’, per intero, alla Regione Calabria il costo dei lavori».

Gli indagati sono accusati di aver «intenzionalmente, in costante e reciproca collusione, assumendosene la responsabilità, anche, politico-amministrativa», indotto il responsabile di linea Gaetano Prejanò e il  dirigente di settore Tommaso Loiero e il dirigente generale Pasquale Anastasi «ad adottare il decreto n. numero 16003 del 23 dicembre 2015 di liquidazione di 2.900.000 euro in favore del Comune di Pedace (capofila associazione dei Comuni) da erogare alla società ‘Lorica Ski’, a copertura dei lavori apparentemente eseguiti a Lorica«, procurando così  un ingiusto vantaggio patrimoniale a Barbieri «consistito nel risparmio derivante dall’omesso versamento della quota a suo carico stabilita di finanziamento (privato)».

Loiero, a cui è stato assegnato l’obbligo di dimora, respinge con sdegno ogni addebito e annuncia che «Di fronte ad accuse infamanti ho deciso di fare lo sciopero della fame. La mia vita e il mio impegno politico e istituzionale sono stati sempre improntati al massimo di trasparenza, di concreta lotta alla criminalità, di onestà e rispettosa gestione della cosa pubblica. I polveroni sono il vero regalo alla mafia. Tra l’altro l’opera oggetto della indagine non è stata appaltata nel corso della mia responsabilità alla guida della Regione. Quanto si sta verificando è assurdo. Non posso accettare in nessun modo che si infanghi la mia persona e la mia condotta di pubblico amministratore. Sarebbe come accettare di aver tradito la fiducia dei cittadini. Chiedo chiarezza. Lotterò con tutte le mie energie perché si affermi la verità».

Sulla vicenda interviene anche Legambiente Calabria: «Nella nostra Regione l’affermazione della legalità deve essere la bussola di ogni azione civica e politica, la legalità deve essere affermata giorno per giorno. Tutta la Calabria onesta deve essere “coltivatore di legalità”»

In una dichiarazione congiunta, il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani, e il presidente di Legambiente Calabria, Francesco Falcone, aggiungono: «Non deve però emergere ed avanzare la disperazione e l’ineluttabilità dello stato delle cose. C’è la Calabria che abbiamo incontrato ieri a Scala Coeli sul basso jonio cosentino di giovani, donne e anziani che dall’onesto e duro lavoro della terra traggono i suoi frutti producendo le eccellenze del territorio: l’oro giallo della Calabria, l’olio del Nicà. Imprenditori agricoli che fanno
un corretto uso dei fondi pubblici e realizzano non cattedrali nel deserto ma frantoi oleari veri e funzionanti che danno reddito, lavoro e speranza a tante famiglie. C’è la Calabria dei tanti parroci come don Pasquale Aceto che abbiamo incontrato e che a Papanice a Crotone con tanti cittadini e comitati difende il proprio territorio dalle discariche e dagli inquinamenti. C’è la Calabria che non si piega al dio denaro ed alla sua montagna di corruzione e corruttela».

Ma Ciafani e Falcone non si nascondono che «C’è anche, però, la Calabria del malaffare e di una politica che al di là dei colori e delle appartenenze ad ogni appuntamento di governo delude le speranze e le attese di cambiamento dei calabresi onesti. Ma siamo garantisti e confidiamo che alla fine la verità vera emerga e che ogni coinvolto in questa brutta pagina di storia calabrese faccia emergere la propria onestà. Ma non possiamo sottacere che oltre al danno all’ambiente siano state anche drenate risorse pubbliche che invece di creare sviluppo e lavoro onesto sono andate ad alimentare sacche di illegalità e di false attestazioni con la connivenza di funzionari pubblici che del pubblico e della sua tutela hanno poco a che fare».

Legambiente Calabria ricorda di aver detto da tempo che bisognava «fare attenzione ai cosiddetti “imprenditori – prenditori” che rubano il futuro alle nuove generazioni calabresi, oltre a rubare soldi pubblici per opere mai portate a
termine o mai iniziate e addirittura del tutto inutili».

Tempo fa, il Cigno Verde aveva rivolto proprio a Oliverio un appello contro le nuove infrastrutture nel Parco Nazionale a Lorica che si prospettavano e che ora sono nel mirino dell’attuale inchiesta. L’associazione sottolinea che aveva invitato il Presidente a «non assecondare proposte per inutili infrastrutture a Lorica sostenendo che il turismo sarebbe dovuto andare nella direzione della sostenibilità e non del consumo di risorse naturali e per lo più a favore dei soliti “prenditori”». Per Legambiente «Quella dell’impianto a Lorica non era altro che una proposta anacronistica e contro la natura ed addirittura appaltata senza il prescritto parere dell’Ente Parco. Su questo alla magistratura chiediamo di fare chiarezza e di ricercare responsabili e responsabilità e che gli stessi siano chiamati a rispondere e pagare dei danni arrecati al territorio ed alle casse pubbliche».

L’Associazione ambientalista aveva tenuto la stessa posizione quanto riguardava l’aviosuperficie di Scalea per la quale presumeva una violazione del diritto comunitario: «Anche per questi lavori eravamo intervenuti con note alla Regione Calabria, al ministero dell’ambiente ed alla Commissione Europea – concludono Ciafani e Falcone – infatti a seguito della prosecuzione dei lavori di ammodernamento dell’aviosuperficie di Scalea, chiedevamo la Valutazione di Impatto Ambientale e la verifica di violazione del diritto comunitario atteso che l’area ricade all’interno del SIC “Valle del fiume Lao” e situata a poca distanza dalla Zona a Protezione Speciale “Pollino e Orsomarso” ed anche a rischio idrogeologico».