Buone pratiche per ridurre il conflitto uomo – fauna selvatica

Si possono prevenire i conflitti e promuovere la coesistenza uomo-fauna selvatica

[7 Ottobre 2020]

Lo studio “Human adaptation strategies are key to cobenefits in human–wildlife systems”, pubblicato su Conservation Letters da Alexander Killion, e Neil Carter della School for environment & sustainability dell’università del Michigan e da Julianna Ramirez del Department of biological sciences della Boise State University, analizza le migliori buone pratiche per promuovere la coesistenza uomo-fauna selvatica nei territori che condividono.

Gli autori dello studio scrivono che «Gli esseri umani e la fauna selvatica spesso si influenzano reciprocamente in modo dannoso nei territori che condividono insieme. I grandi predatori possono mangiare il bestiame, ad esempio, oppure le persone possono uccidere gli animali selvatici per ridurre questi rischi. La coesistenza tra esseri umani e fauna selvatica è quindi più probabile quando gli esseri umani si adattano a questi rischi in modi che portano a benefici sia per gli esseri umani che per la fauna selvatica, piuttosto che avvantaggiare un solo gruppo».  Ma Killion fa notare che «Tuttavia, non abbiamo una buona comprensione di come i diversi fattori sociali ed ecologici contribuiscono ai risultati di co-beneficio, limitando le opportunità di affrontare le questioni locali e aumentare le azioni di conservazione di successo».

Lo scienziato statunitense, esperto di sviluppo sostenibile e conservazione della fauna selvatica, spiega che «Abbiamo eseguito la prima revisione globale della letteratura sull’interazione uomo-fauna selvatica per valutare quali strategie di adattamento umano hanno generato co-benefici e in che modo il coinvolgimento delle parti interessate e altre condizioni specifiche del contesto hanno mediato tali risultati. Abbiamo scoperto che la protezione attiva, le recinzioni, i repellenti e i meccanismi socioeconomici hanno portato costantemente a co-benefici tra specie e nei diversi contesti. Questi interventi potrebbero quindi essere i migliori candidati per aumentare la coesistenza dalla scala locale a quelle regionale o nazionale. Sorprendentemente, il coinvolgimento delle parti interessate è stato meno consequenziale rispetto ad altre variabili, ma nel complesso ha svolto un ruolo importante nel sostenere i benefici collaterali indipendentemente dalla strategia di adattamento o dal contesto socio-ecologico».

Lo studio evidenzia anche i possibili futuri percorsi di ricerca per aiutare a gestire la coesistenza e raggiungere risultati sostenibili nei territori condivisi.

Killion sottolinea che «Trovare modi per creare benefici collaterali nei territori condivisi ha il potenziale per far avanzare gli obiettivi di sviluppo sostenibile. Abbiamo scoperto che gli adattamenti umani basati sul miglioramento delle strategie di protezione attiva avevano maggiori probabilità di produrre benefici collaterali. Gli adattamenti basati sul miglioramento del comportamento responsabile dell’allevamento di animali o delle coltivazioni sono a basso costo, facili da adottare e hanno il potenziale per fornire le basi agli esseri umani e fauna selvatica per condividere in modo sostenibile i territori in tutto il mondo. Questi risultati rappresentano elementi positivi (o bright spots) delle pratiche esistenti che supportano un buon Antropocene, così come aree che necessitano di ulteriori ricerche “.

Carter aggiunge: «In questo lavoro volevamo ampliare il modo in cui definiamo il successo della conservazione e aiutare a prendere decisioni che ci mettano sulla strada verso la convivenza in un mondo sempre più affollato e complesso».

Dato che si tratta di un’analisi globale, Killion evidenzia che i risultati non possono essere utilizzati per formulare raccomandazioni locali specifiche perché «Ogni sistema può avere una serie unica di condizioni complesse. Invece» ma aggiunge che lo studio ha posto il problema di trovare iniziative efficaci che possano essere dimensionate e testate in molti territori con caratteristiche simili.

Killion conclude: «Gli sforzi di pianificazione transdisciplinare insieme ad adattamenti guidati dagli stakeholder per prevenire e rispondere ai cambiamenti promettono di promuovere la coesistenza uomo-fauna selvatica».