Brasile: assassinati l’indigenista Bruno Araújo Pereira e del giornalista inglese Dom Phillips

Erano scomparsi da 11 giorni. Greenpeace e indios Univaja: cosa è diventato il Brasile di Bolsonaro?

[16 Giugno 2022]

Ieri, l’União dos Povos Indígenas do Vale do Javari (Univaja), il movimento indigeno che rappresenta i popoli che vivono nella Terra Indígena Vale do Javari, ha confermato che i resti umani trovati dalla Polícia Federal (PF) appartengono all’indigenista brasiliano Bruno Pereira e al giornalista britannico Dom Phillips: «Dopo 11 giorni di ricerche, abbiamo avuto la notizia che i corpi di Pereira e Phillips, nostri partner e difensori dei diritti umani, sono stati ritrovati dagli organi competenti coinvolti nelle ricerche. Esprimiamo il nostro dolore e la nostra profonda tristezza di fronte a questa perdita. Per noi, povos indígenas do Vale do Javari, è una perdita inestimabile».

In una nota, l’Univaja ricostruisce la vicenda: gli indios dell’Equipe de Vigilância da Univaja (EVU) hanno partecipato alle ricerche dei due scomparsi insieme all’8º Batalhão da Polícia Militar di Tabatinga e sono stati i primi ad attraversare il fiume Itaquaí dopo Pereira e Phillips. E’ stata l’EVU a individuare l’area della foresta dove sono stati trovati i resti dei due attivisti assassinati. E sempre l’Univaja avverte che il caso non è chiuso: «Durante le indagini, le forze di polizia hanno effettuato due arresti: Amarildo da Costa Oliveira (alias Pelado) e Oseney da Costa Oliveira (alias Dos Santos). Tuttavia, Univaja comprende che l’omicidio di Pereira e Phillips costituisce un crimine politico, poiché entrambi erano difensori dei diritti umani e sono morti svolgendo attività a vantaggio di noi, le popolazioni indigene della Vale do Javari, per il nostro diritto a vivere bene, per il nostro diritto al territorio e alle risorse naturali che sono il nostro cibo e garanzia di vita, non solo della nostra vita, ma anche della vita dei nostri parenti isolati. Dal 2021, Univaja ha informazioni qualificate sulle invasioni nella erra Indígena Vale do Javari, attraverso l’Equipe de Vigilância da Univaja (EVU). Abbiamo inviato una serie di lettere ufficiali con informazioni qualificate al  Ministério Público Federal, alla Polícia Federal e alla Fundação Nacional do Índio. In queste lettere indichiamo la composizione di una banda di pescatori e cacciatori professionisti, legati a narcotrafficanti, che entrano illegalmente nel nostro territorio per estrarre le nostre risorse e venderle nei cmunicipi limitrofi. Forniamo informazioni attraverso i nostri rapporti alle autorità competenti». Ma le istituzioni interpellate non hanno prestato troppa attenzione all’allarme lanciato dagli indios e gli l’Univaja  accusano: «Ecco perché oggi assistiamo all’omicidio dei nostri partner: Pereira e Phillips. Alla luce di ciò, esprimiamo la nostra preoccupazione per la continuità delle indagini. Pelado e Dos Santos fanno parte di un gruppo più ampio, lo sappiamo. Esprimiamo la nostra preoccupazione per la nostra vita, per le minacce allla vita delle persone (poiché non si trattava solo di Bruno Pereira), componenti del movimento indígena, quando le Forças Armadas e la stampa se ne andranno dall’Atalaia do Norte. Cosa ci succederà? Continueremo a vivere sotto minaccia? Occorre approfondire e ampliare l’indagine. Abbiamo bisogno di un’efficace ispezione territoriale all’interno della Terra Indígena Vale do Javari. Chiediamo che le Bases de Proteção Etnoambiental (BAPEs) della Funai siano rafforzate».

Di fronte all’assassinio dei due attivisti Greenpeace Brasil si chiede: «Che cosa è diventato il Brasile? Negli ultimi tre anni il nostro Paese è diventato sempre più una terra in cui l’unica legge valida è quella del ““vale-tudo”. Vale l’invasione e l’accaparramento della terra; vale la proliferazione dell’attività mineraria; vale il disboscamento illegale; Vanno bene tutti i conflitti territoriali… e va bene uccidere per garantire che nessuna di queste attività criminali venga impedita. E tutto questo è alimentato dalle azioni e dalle omissioni del governo brasiliano. Quando coloro che cercano di sostenere un mondo più verde, più equo e più pacifico rischiano la vita, non c’è dubbio che la nostra giovane democrazia è a rischio ed è in equilibrio su una corda tesa».

Danicley de Aguiar, portavoce Amazônia di Greenpeace Brasil, sottolinea che «Abbandono e rivolta. Questi sono i sentimenti che devastano tutti noi che, da qui o fuori dall’Amazzonia, abbiamo dato la vita per la difesa di questa foresta e della sua gente. Grazie alle azioni e alle omissioni di un governo impegnato nell’economia della distruzione, siamo rimasti orfani di due grandi difensori dell’Amazzonia e, allo stesso tempo, ostaggi della criminalità organizzata che ora è sovrana nella regione».

In un comunicato congiunto, Greenpeace Brasil e Greenpeace UK ricordano che «Negli ultimi tre anni, i popoli della foresta hanno sperimentato un vertiginoso aumento della violenza nei loro territori e all’interno del Congresso la situazione non è diversa. Mentre il mondo piange la perdita di Bruno Pereira, Dom Phillips e tante altre vite che vengono distrutte quotidianamente in questa crociata contro l’Amazzonia, al Congresso vengono elaborati progetti di legge che minacciano le Terras Indígenas brasiliane (TI), come PL 191/2020, che dà il via libera all’estrazione mineraria e altre forme di sfruttamento economico all’interno delle TI, e PL 490/2007 che, incostituzionalmente, si pronuncia a favore del Marco Temporal. Ogni giorno che passa, la politica anti-indigena di Bolsonaro in Brasile avanza a passi da gigante e i diritti dei popoli indigeni vengono permanentemente violati. Per quanto tempo accetteremo un governo che incrocia le braccia di fronte a tali atrocità? Le morti di Bruno e Dom non sono fatalità, ma un progetto criminale del governo Bolsonaro, che apre la strada all’attuazione alla luce del sole di attività predatorie e crimini, trasformando l’Amazzonia in un dominio privato per la criminalità organizzata,  dove la legge non vale. Il Brasile è immerso in un contesto che rasenta la barbarie e questo scenario non può continuare ad andare avanti. Ripudiamo un tale atto di violenza e chiediamo urgentemente giustizia per Bruno e Dom.

Pat Venditti, direttore esecutivo di Greenpeace United Kingdom, il paese di origine del giornalista Dom. Phillips, che ha supportato il team di Greenpeace Brasile nell’avviare il procedimento giudiziario per la morte dei due attivisti, conclude: «Basta. Il mondo deve svegliarsi e prendere le misure necessarie per porre fine alla violenza e alla repressione intollerabili che affliggono l’Amazzonia. Il più grande tributo che ora possiamo rendere a Bruno e Dom è di continuare il loro lavoro vitale fino a quando tutti i popoli del Brasile e le sue foreste non saranno completamente protetti. Alle famiglie, agli amici, agli attivisti, alle popolazioni indigene e a tutte le persone che sostengono i diritti umani, le nostre più sincere condoglianze e solidarietà».