Bozza di normativa Ue sulla deforestazione, Greenpeace e Wwf: non basta per difendere biodiversità, clima e popoli indigeni

Un buon inizio, ma troppe scappatoie e gap devono ancora essere chiusi

[18 Novembre 2021]

Per Greenpeace, la prima bozza della normativa per eliminare la deforestazione dalle catene di approvvigionamento dell’Unione europea pubblicata ieri dalla Commissione Ua E Europea ha pubblicato oggi la. Secondo Greenpeace è «Un importante passo avanti verso la protezione delle foreste del mondo, ma il testo presenta ancora gravi lacune».

Infatti, anche se la normativa per la prima volta chiede alle aziende che immettono specifici prodotti e materie prime sul mercato comunitario, di tracciarne l’origine e dimostrare che non sono collegati alla distruzione o al degrado delle foreste. Martina Borghi, responsabile campagna foreste di Greenpeace Italia. Sottolinea che «La lista di prodotti e materie prime stilata dalla Commissione, tuttavia, non include carne di maiale, carne di pollo, gomma e mais, la cui produzione è legata alla distruzione di foreste ed ecosistemi”, “Inoltre, la protezione accordata alle foreste rischia di non interessare altri ecosistemi di grande importanza per la salvaguardia della biodiversità e del clima del pianeta, come le savane e le zone umide. È altresì preoccupante che il rispetto delle normative internazionali per la tutela dei diritti umani non venga considerato tra i requisiti per immettere questi prodotti sul mercato comunitario, lasciando i Popoli Indigeni e le comunità forestali tradizionali esposti ad abusi e violenze. Infine, la proposta non affronta l’impatto degli investimenti del settore finanziario europeo sugli ecosistemi planetari. I negoziati al Parlamento europeo e tra i ministri nazionali dovrebbero iniziare nella prima metà del 2022. Chiediamo alla Commissione Europea di sostenere l’adozione di una normativa rigorosa ed efficace, in grado di proteggere davvero gli ecosistemi del pianeta e chi da sempre li difende».

Anche l’European Policy Office del Wwf pensa che «Questa legge ha il potenziale per ridurre significativamente l’impronta ambientale del commercio globale creando nuovi standard per i prodotti chiave o le materie prime da immettere sul mercato europeo per dimostrare che non c’è deforestazione nella loro catena del valore, ma manca di alcuni aspetti importanti».

Ester Asin, direttrice dell’European Policy Office del Wwf, spiga che «In quanto blocco commerciale più grande del mondo, l’Ue ha la responsabilità di fermare la distruzione della natura causata dal suo consumo. Con questa proposta, la Commissione europea ha creato le basi affinché l’Ue diventi la prima regione ad affrontare in modo completo il proprio ruolo nella deforestazione globale. Questa legge è stata una promessa centrale dell’European Green Deal ed è uno degli elementi fondamentali dell’azione globale per il clima e la biodiversità, quindi è fondamentale che il livello di ambizione sia mantenuto e rafforzato dalle altre istituzioni».

Il Wwf riconosce che «Il testo include elementi forti, come la richiesta che tutti i prodotti che entrano nel mercato dell’Ue siano realmente sostenibili (cioè privi di deforestazione e degrado forestale) oltre che legali per gli standard del Paese produttore. Inoltre, il testo stabilisce che tutti i prodotti devono essere rintracciabili fino al loro luogo di origine, cioè dove sono stati prodotti o raccolti. Inoltre, la proposta prevede misure rigorose per far rispettare la legislazione in tutta l’Ue, comprese ammende che devono essere proporzionate al danno ambientale causato e al suo valore, e un quadro più chiaro per gli Stati membri sulle modalità di esecuzione di verifiche e controlli». Ma il Panda europeo fa notare che «Tuttavia, la legge proposta contiene scappatoie che riducono le grandi possibilità dell’Ue di tenere fuori dal mercato la distruzione della natura. In particolare, il Wwf aveva sostenuto che altri ecosistemi oltre alle foreste dovrebbero già essere inclusi nel campo di applicazione della legge fin dall’inizio, cosa che attualmente non avviene. Inoltre, le aziende che si riforniscono da Paesi “a basso rischio” non hanno bisogno di effettuare una valutazione del rischio, il che rischia di distorcere il mercato e creare concorrenza sleale. E, cosa importante, l’inclusione di un elemento sui diritti umani nella proposta è troppo limitata, quindi non protegge efficacemente i diritti delle popolazioni indigene e delle comunità locali».
Anke Schulmeister-Oldenhove, responsabile senior per le politiche forestali dell’European Policy Office del Wwf, ricorda che «1,2 milioni di cittadini hanno chiesto una legge che tolga una volta per tutte la deforestazione dai loro piatti. Con questa proposta, la Commissione dimostra di aver ascoltato, ma solo con un orecchio. Rimangono alcune scappatoie importanti, che non chiudono saldamente la porta a tutte le distruzioni della natura o alle violazioni dei diritti umani. Spetta ora al Parlamento europeo e agli Stati membri alzare ulteriormente l’asticella per rendere questa legge tanto forte quanto deve essere per affrontare davvero l’impronta del consumo dell’Ue e ispirare il mondo a seguire l’esempio».
Secondo il recente studio “FAO Remote Sensing Survey reveals Tropical rainforests under pressure as agricultural expansion drives global deforestation”, l’espansione agricola è alla base di quasi il 90% della deforestazione globale, un impatto molto maggiore di quanto si pensasse in precedenza. Da sola, l’Ue è responsabile del 16% della deforestazione tropicale legata al commercio internazionale di materie prime come soia, olio di palma e carne bovina. Per questo il Wwf dice che «L’azione dell’Ue per affrontare la sua impronta deve essere all’altezza della sfida» e che perché questa legge affronti efficacemente in modo olistico la deforestazione e la distruzione della natura provocate dall’Ue, deve: «Proteggere fin dall’inizio sia le foreste che gli altri ecosistemi naturali : la Commissione propone di valutare se includere altri ecosistemi naturali (come praterie, savane e zone umide) dopo la prima revisione della legge, due anni dopo l’entrata in vigore. E’ troppo tardi: questi ecosistemi si stanno perdendo a un ritmo allarmante. In poco più di un anno sono stati distrutti 5.075 km2 di terreno nella savana brasiliana del Cerrado , il più grande fornitore di soia dell’Ue. E’ una superficie tre volte più grande di Londra. Applicare le stesse regole a tutte le aziende: un’importante lacuna potenziale nel regolamento è l'”esenzione de facto” delle aziende che si riforniscono da Paesi a “basso rischio” per verificare se i prodotti sono collegati alla deforestazione o al degrado forestale. Ciò aprirà delle scappatoie poiché i prodotti ad alto rischio possono essere spediti anche attraverso paesi a basso rischio. La categoria a basso rischio dovrebbe essere eliminata del tutto. Inoltre, le stesse regole dovrebbero applicarsi a tutte le società per garantire parità di condizioni, senza scappatoie per le società canaglia. Includere i diritti umani: la proposta affronta i diritti umani solo in misura molto limitata, senza impedire l’immissione sul mercato dell’UE di prodotti legati a violazioni dei diritti umani. Attualmente i popoli indigeni e le comunità locali di tutto il mondo vengono sfrattati dalle loro terre e affrontano crescenti violenze in nome dell’agricoltura. La legislazione dovrebbe fare riferimento agli standard internazionali sui diritti umani. Coprire tutti i prodotti e le materie prime pertinenti che rischiano di essere collegati alla distruzione della natura: la proposta esclude la gomma e il mais con il pretesto che rappresentano solo una piccola frazione della deforestazione, anche se sono tra le prime 10 materie prime importate dall’Ue legate alla distruzione della natura. La decisione di includere le materie prime, ma anche i prodotti ulteriormente trasformati (ad esempio le barrette di cioccolato) dovrebbe basarsi su criteri oggettivi e scientifici. Inoltre, manca l’ampliamento della portata del prodotto per i prodotti in legno, che il Wwf chiede da tempo nell’ambito dell’EUTR (ad esempio, la carta è inclusa ma i libri no)».