Bluewashing all’One ocean summit? Tra il dire e il fare ci sono di mezzo le elezioni francesi

Creazione di aree protette e lotta alla pesca illegale sono i pilastri per preservare la biodiversità

[14 Febbraio 2022]

All’appello del presidente francese Emmanuel Macron a partecipare all’One Ocean Summit. tenutosi a Brest dal 9 all’11 febbraio, hanno risposto 41 paesi hanno (Barbados, Canada, Cina, Cipro, Colombia, Comore, Corea del sud, Costa Rica, Costa d’Avorio, Croazia, Egitto, Francia, Gabon, Germania , Ghana, Giappone, Grecia, Islanda, India, Irlanda, Italia, Madagascar, Malta, Messico, Monaco, Marocco, Namibia, Norvegia, Palau, Panama, Papua Nuova Guinea, Portogallo, Repubblica del Congo, Senegal, Seychelles, Spagna, Tanzania, Tonga, Tunisia, Regno Unito e Usa, più l’Unione europea), e la conferenza si è conclusa con dichiarazioni politiche impegnative ma che, secondo Greenpeace France, «Restano poco chiare su molti temi. In un momento di emergenza climatica e di crollo della biodiversità marina, questo vertice conferma l’obiettivo globale di proteggere il 30% degli oceani entro il 2030 e l’interesse per un trattato in alto mare ma non spiega le modalità della sua attuazione».

Per gli ambientalisti francesi l’odore di bluewashing è forte: «Poche settimane prima delle elezioni presidenziali, Emmanuel Macron riesce a mobilitarsi per la protezione degli oceani organizzando questo One Ocean Summit. E’ chiaro che l’esercizio della comunicazione politica ha funzionato poiché il trattato in alto mare ha un ampio consenso tra gli Stati presenti, come già avvenuto durante il summit IUCN lo scorso settembre, così come l’obiettivo di proteggere il 30% degli oceani entro il 2030».

Per François Chartier, responsabile della campagna Oceans di Greenpeace France, «Le dichiarazioni vanno nella giusta direzione, ma ora è necessario andare oltre: ci aspettiamo misure concrete sui meccanismi di conservazione e governance. Mancano anche chiarimenti sui livelli di protezione delle aree marine protette. Emmanuel Macron ha annunciato l’estensione delle riserve marine nelle Terres australes et antarctiques françaises (TAAF), dichiarando così di superare l’obiettivo fissato del 30% delle aree marine protette nelle acque francesi. Se in termini di superficie siamo bravi, nel dettaglio, la “protezione forte” non esclude del tutto le attività industriali come consigliano gli scienziati, e riguarderà in realtà solo il 4% delle acque francesi. Siamo quindi in definitiva molto lontani dall’obiettivo».
Nonostante questi annunci, Greenpeace France denuncia ancora una Iolta il doppio gioco di Emmanuel Macron, che continua parallelamente a difendere alcune attività tra le più dannose, tra le quali lo sviluppo dell’industria mineraria in acque profonde, che potrebbe essere un disastro per il clima e la biodiversità marina». Per Chartier, «Dietro la volontà di esplorare acque profonde per il miglioramento delle conoscenze, si nasconde la volontà di poter sfruttare queste profondità marine per estrarre metalli e minerali, come si spiega nella Stratégie nationale d’exploration et d’exploitation des ressources minérales dans les grands fonds marins. Questa fase preliminare di esplorazione, presentata da Macron con un obiettivo scientifico, mira soprattutto a studiare la fattibilità di un’operazione mineraria sostenibile. La posizione del Presidente sull’argomento è l’ennesima prova dell’incoerenza tra le sue parole e le sue azioni di fronte alle questioni climatiche e ambientali. Greenpeace France chiede al presidente Macron di riconsiderare la sua posizione sull’estrazione mineraria in acque profonde e in questo contesto ha lanciato una petizione alla fine di gennaio affinché la Francia firmi l’appello per una moratoria internazionale contro questa industria distruttiva, che ha già raccolto quasi 60.000 firme». Ma quello che Greenpeace evidenzia con maggiore forza è l’operazione di “blewashing”
e l’11 febbraio un centinaio di attivisti di Greenpeace e di altre associazioni si sono mobilitati a Brest per «Denunciare l’ipocrisia di Emmanuel Macron sulla protezione degli oceani». Un gigantesco burattino con le fattezze, un po’ demoniache, di Macron sovrastava uno striscione che ricordava il doppio gioco del Presidente: “Protection des océans: Macron au sommet de l’hypocrisie” e i manifestanti innalzavano cartelli l’esplorazione mineraria in acque profonde (“Non au pillage des fonds marins”) e per la petizione Protect The Oceans per un ambizioso trattato in alto mare, che è stata firmata da più di 4 milioni di persone di tutto ilmondo.

Inoltre, gli attivisti di Greenpeace France ha affisso un po’ in tutta Brest manifesti con l’immagine di Macron che guarda verso il fondo del mare con la scritta “Don’t Look Down”, un riferimento al film “Don’t Look Up”  che Chartier spiega così: «Non è una meteora diretta verso il nostro pianeta, è un disastro che potrebbe verificarsi sotto la superficie degli oceani e non possiamo permetterci di distogliere lo sguardo».

Eppure, mentre i capi di Stato si riunivano al Summit di Brest, ONG di  Usa, Unione Europea e Giappone – che insieme rappresentano oltre il 55% di tutti i prodotti ittici commercializzati a livello mondiale – avevano rivolto loro un appello perché dessero priorità alle politiche per porre fine alla pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (IUU).

Nella lettera, Greenpeace, Wwf, Oceana. Humanity United Action, Fish Wise, The Freedom Fund, ICAR, NRDC, GILRFJ, Anti IUU Foruim Japan, EJF, scrivono: «La pesca INN costituisce una delle minacce più gravi alla pesca sostenibile e alla funzione e conservazione degli oceani. Contribuisce direttamente alla pesca eccessiva, minacciando la sostenibilità degli ecosistemi marini e delle popolazioni ittiche; mina i mezzi di sussistenza delle comunità costiere e la sicurezza alimentare; destabilizza la sicurezza degli Stati marittimi; crea concorrenza sleale per i pescatori che operano legalmente; e può essere legata al traffico di esseri umani, droga e armi e alle violazioni dei diritti del lavoro nel settore ittico».

Alla manifestazione di Brest c’era anche Thibault Josse, coordinatore dell’associazione Pleine Mer che riunisce cittadini e pescatori artigianali e che si è lamentato èer il fatto che la piccola pesca sia stata dimenticata all’One Ocean Summit: «Non c’è un solo pescatore artigianale che e sia stato invitato a questo vertice. C’erano le multinazionali, i governi ma non quelli che vivono di mare. Eppure gli scienziati ci dicono che la pesca eccessiva è oggi il maggiore impatto sulla biodiversità marina. Tuttavia, questo è un argomento dimenticato al vertice».

Dopo la manifestazione Macron si è accorto di essersi dimenticati i suoi pescatori (ed elettori) e, a summit concluso, ha chiesto un accordo contro gli aiuti pubblici alla pesca eccessiva e alla pesca illegale, un argomento in discussione all’Organizzazione mondiale del commercio.