Biodiversità, perché è importante tutelare (soprattutto?) specie che non verranno mai reclamizzate da nessuna grande Ong

Sulle spalle di Oscar de Beaux e Gerald Durrell: la tassonomia e la conservazione ex situ hanno un messaggio importante per la società

[4 Ottobre 2019]

È appena uscito un articolo di Spartaco Gippoliti, mammologo e socio onorario della Società italiana per la storia della fauna “G. Altobello”, sul primo fascicolo della rivista Journal of animal diversity, dal titolo “Conservation breeding programs and refined taxonomy as a political tool for biodiversity conservation: the de Beaux’s and Durrell’s legacies”. In questo lavoro Gippoliti, ben conosciuto per i suoi contributi sull’interfaccia tra tassonomia e biologia della conservazione, tenta una sintesi originale tra la necessità di una tassonomia “a grana fine” e che sia quindi in grado di catturare la reale diversità di questo nostro magnifico pianeta, con il valore anche politico di programmi di riproduzione ex situ che potrebbero essere decisivi a prescindere dal rilascio effettivo di esemplari in natura.

«La tassonomia è cruciale affinché possiamo stabilire l’esistenza quanto più obbiettiva possibile di specie o lignaggi filogenetici che meritano di essere presi in considerazione nelle strategie di conservazione – ci dice Gippoliti – Oscar de Beaux (Firenze 1879 – Torre Pellice 1955) non è stato solamente un grande tassonomo dei mammiferi; nel suo opuscolo Etica biologica del 1930, ad esempio, afferma l’esigenza etica di conservare popolazioni che mostrano caratteristiche peculiari, citando espressamente i cinghiali e i caprioli dell’Italia meridionale».

Il nostro de Beaux è stato un precursore della conservazione della biodiversità. Negli Stati Uniti, l’Endangered species act ha permesso di salvare, attraverso l’allevamento in cattività, due particolari forme di lupi, il lupo messicano e il lupo rosso della Carolina. Sebbene meno conosciuti del costosissimo ed egualmente fruttuoso salvataggio del condor della California, questi e altri similari progetti possiedono un forte messaggio politico: lo stato riconosce l’importanza della biodiversità e si impegna in ogni modo per preservarla. Ovviamente, questi progetti ex situ sono tanto più preziosi quanto dedicati a specie neglette.

«Purtroppo oggi assistiamo ad un fiorire di interesse diretto a poche specie animali, generalmente mammiferi carismatici come l’elefante africano, il lupo, il gorilla o lo scimpanzé, che forse sottintendono più la necessità psicologica di “visibilità” di questi supporter che non il tentativo di rendersi utili anche per specie e habitat oscuri – continua Gippoliti – Per questo mi è tornato in mente uno dei miei eroi di gioventù, lo scrittore e naturalista britannico Gerald Durrell (19251995), fondatore del famoso zoo nell’Isola di Jersey che porta il suo nome. Durrell e il suo team sono stati un esempio per generazioni di naturalisti e conservazionisti proprio perché hanno percepito l’importanza strategica di dedicarsi agli ‘ultimi’, cioè a quelle specie come il piccione rosa di Mauritius o la volpe volante di Rodriguez che sono sconosciute anche agli zoologi e non hanno lobby che le “sponsorizzino”. Il Durrell conservation trust è ad esempio impegnato da decenni nell’allevamento e nello studio di un rarissimo suide indiano, il cinghiale nano Porcula salvania (nella foto dell’American society of mammalogists, ndr), specie che non verrà mai reclamizzata da nessuna grande Ong ma che rappresenta un’eccezionale specie emblema delle praterie dell’Assam».

L’articolo quindi invita ad utilizzare pienamente, senza timori, i risultati di vere revisioni tassonomiche che analizzano sia i dati morfologici delle collezioni museali che quelli genetici, e auspica una maggiore collaborazione tra zoo, organizzazioni ambientali e naturalisti al fine di identificare specie endemiche prioritarie su cui investire, preferibilmente in habitat e regioni che non attirano l’interesse degli ambientalisti contemporanei: «Qualsiasi contributo materiale e ideale contro l’omogeneizzazione della biosfera – conclude Gippoliti – è ai giorni nostri benvenuto».

di Corradino Guacci, Società italiana per la storia della fauna “Giuseppe Altobello”