Le reazioni di Legambiente, Greenpeace, Wwf e Lipu: ora azione decisa a livello nazionale

Biodiversità, accordo alla Cop15 Cbd, le associazioni: passo avanti ma ancora insufficiente

La viceministro Gava: «Occasione unica per investire su salute pianeta, impegno Italia c’è»

[20 Dicembre 2022]

Secondo il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani,  l’accordo finale approvato alla 15esima Conferenza delle parti della Convention on biologicalò diversity  (COP15 Cbd) «Rappresenta un primo passo per proteggere la biodiversità nel mondo, ma non è sufficiente. Per garantirne l’efficacia, serve un’azione forte e decisa da parte dei governi che dovranno attuare l’Accordo a livello nazionale. Ai singoli Paesi è stata, infatti, lasciata troppa discrezionalità, per questo sarà fondamentale che i singoli Stati implementino politiche specifiche a breve e a lungo termine per garantirne l’efficacia in tempi brevi e raggiungere gli obiettivi di conservazione della natura. A questo riguardo dall’Italia, che è il Paese europeo con maggiore biodiversità, ci aspettiamo un’azione politica seria e decisa in questa direzione. Non sono ammessi più ritardi, è ora di agire. Un vertice internazionale atteso da tempo, dopo quasi due anni di rinvii causati dalla pandemia, e fondamentale per continuare gli sforzi degli Aichi Biodiversity Targets, stabiliti nel 2010 all’inizio del Decennio delle Nazioni Unite sulla biodiversità».

Secondo legambiengte i punti chiave del Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework  (GBF) votato e sottoscritto all’unanimità da tutti i 196 membri della Cbd, che in molti considerano già «Il più ambizioso piano globale mai sviluppato per la biodiversità» sono: la conferma dell’obiettivo 30-30, ovvero l’impegno di proteggere entro il 2030 il 30% delle terre e delle acque del Pianeta, il riconoscimento della necessità di dotare il Global Biodiversity Framework di un’adeguata copertura finanziaria prevedendo 200 miliardi di dollari entro il 2030.

Antonio Nicoletti, responsabile nazionale aree protette e biodiversità di Legambiente, aggiunge; «L’obiettivo globale 30-30, che si pone per la prima volta nella storia e che ha visto tutti i Paesi d’accordo, – aggiunge – rappresenta uno strumento preferenziale per porre un freno alla perdita di biodiversità. La crisi climatica, unita alla perdita degli habitat, all’inquinamento e allo sviluppo, stanno mettendo in serio pericolo la biodiversità del mondo.  Dal canto suo tra le azioni che l’Italia può mettere in campo, a nostro avviso, è fondamentale incrementare le aree protette e le zone di tutela integrale; migliorare la conoscenza e il monitoraggio della biodiversità; rafforzare la rete Natura 2000 per garantire una migliore tutela e governance della biodiversità; promuovere una gestione integrata della costa, dando piena attuazione alla Strategia marina e favorendo la crescita della Blu Economy, in particolare nelle aree marine protette».

Greenpeace accoglie con favore «L’esplicito riconoscimento emerso dai negoziati dei diritti, del ruolo, dei territori e delle conoscenze dei Popoli Indigeni come la più efficace forma di protezione della natura». An Lambrechts, a capo della delegazione di Greenpeace alla COP15, ha sottolineato che «I popoli indigeni sono i custodi più capaci e consapevoli della natura. C’è un grande potenziale per un’efficace protezione della biodiversità se le popolazioni indigene ricoprono ruoli di leadership. Le tutele basate sui diritti dei nativi sono il futuro della conservazione e i finanziamenti diretti alle popolazioni indigene sono un passo successivo fondamentale. Nel complesso, tuttavia, il vertice non è riuscito a fornire l’ambizione, gli strumenti o i finanziamenti necessari per fermare un’estinzione di massa. L’obiettivo 30×30, di proteggere almeno il 30% della terra e del mare entro il 2030 è stato accolto con successo, ma è ridotto all’osso, senza le specifiche essenziali per escludere le attività dannose dalle aree protette. Così com’è, è solo un numero vuoto, con tutele solo sulla carta. 20 miliardi di dollari all’anno fino al 2025 e poi trenta miliardi di dollari all’anno fino al 2030 sono un inizio, ma non sono sufficienti. Con un deficit di finanziamento della biodiversità di settecento miliardi di dollari, non è chiaro da dove verrà il resto del denaro. Il finanziamento non è solo una questione di quanto, ma anche di quanto velocemente. L’istituzione di un fondo nel 2023 dovrebbe far arrivare più velocemente i finanziamenti ai Paesi in via di sviluppo. Gli schemi aziendali, come le compensazioni, si sono inoltre insinuati nei colloqui delle Nazioni Unite sulla biodiversità. Si tratta di false soluzioni che possono rivelarsi un costoso errore. Gli scandali e il greenwashing che si osservano oggi nella compensazione delle emissioni di anidride carbonica sono ciò che si rischia domani per la biodiversità».

Per Anna Ogniewska, European policy advisor di Greenpeace EU, presente a Montreal, «La COP15 ha lasciato come compito a casa ai leader mondiali un lavoro cruciale per la protezione della natura. Tornando da Montreal, i governi europei infatti dovranno spingersi molto più in là di quanto concordato per arrestare davvero la perdita di biodiversità. Ciò significa proteggere realmente almeno il 30% delle terre e dei mari dell’Ue da qualsiasi attività estrattiva e industriale, e proteggerne in modo integrale almeno il 10 per cento. Servono misure per affrontare finalmente le attività che stanno portando alla distruzione della natura in Europa e all’estero, come la sovrapproduzione di carne e latticini o il disboscamento irresponsabile delle foreste per prodotti di breve durata».

Pur dando un giudizio positivo della COP15 Cbd, Anche il Wwf «Non ha visto nell’esito dei negoziati la determinazione necessaria a dare una vera svolta nella crisi di natura per i prossimi 7 anni, come avrebbe richiesto la drammatica situazione che la biodiversità globale sta vivendo. Troppe azioni necessarie per rendere tale accordo trasformativo, infatti, sono state lasciate alla discrezione dei singoli Paesi. Se non verranno, ad esempio, adottate a livello nazionale politiche per la riduzione dell’impronta ecologica di produzione e consumo – uno dei principali fattori di degrado ambientale – i target dell’accordo non saranno sufficienti a raggiungere l’obiettivo lodevole di arrestare ed invertire la perdita di biodiversità entro il 2030. Il Wwf accoglie con favore l’impegno di arrestare l’estinzione delle specie entro il 2030, ma questo è il livello minimo di quanto è necessario fare, visti i fallimenti passati e una crisi ambientale sempre più grave».

Secondo il Panda, «L’Accordo al momento è solamente un punto di partenza: se non ci saranno un’accelerazione nell’implementazione degli obiettivi e una seria mobilitazione delle risorse, l’Accordo resterà un guscio vuoto di promesse.
L’impegno dei Paesi è stato quello di eliminare i sussidi dannosi per la natura – obiettivo che avrebbe già dovuto essere stato raggiunto nel 2020 – e di aumentare il livello delle risorse finanziare, mobilitando almeno 200 miliardi di dollari all’anno, provenienti da diverse fonti. Questo impegno deve essere assolutamente mantenuto e finalmente tradotto in azioni concrete, se vogliamo dare una chance alla natura».

Il Wwf Italia sottolinea che «Sarà ora fondamentale che, a livello nazionale, gli obiettivi globali si traducano nelle singole Strategie Nazionali per la Biodiversità, in modo da allineare tutti i piani affinché si raggiungano nei prossimi otto anni gli obiettivi prefissati dall’Accordo. I singoli Stati ora possono essere veramente protagonisti del cambiamento necessario e possono pianificare ed attuare anche più di quanto deciso. All’Italia, che vanta un patrimonio di biodiversità tra i più ricchi del continente europeo, il WWF chiede un impegno concreto in questa direzione. Non è più tempo di promesse, ma di fatti. Non è più tempo di “mezze misure”, ma di scelte decise e convinte.

Lipu-BirdLife Italia, definisce «Buoni i propositi generali e gli sforzi fatti», ma evidenzia a sua volta che «Serve una road map precisa e scadenze verificabili. Le speranze di rallentare e fermare il grave declino che ha colpito la biodiversità a livello mondiale escono rafforzate dall’esito della COP 15 di Montreal, ma c’è ancora un gap sull’attuazione delle misure proposte e c’è inoltre da agire subito a livello europeo tramite la Restoration Law. Il testo del Global biodiversity Framework pubblicato dalla Conferenza delle parti contiene l’importantissimo obiettivo 30×30, ossia l’impegno a proteggere e conservare il 30% del territorio e degli oceani entro il 2030, obiettivo raggiunto dopo anni di dibattiti e contrattazioni. La Conferenza ha inoltre riconosciuto la necessità di affrontare il declino delle specie e intraprendere azioni di gestione urgenti per ridurre il rischio di estinzione entro il 2030. Positivo anche lo sforzo a livello finanziario, con l’impegno preso di aumentare il livello delle risorse finanziarie in modo sostanziale e progressivo, entro il 2030, mobilitando almeno 200 miliardi di dollari all’anno».

Anche secondo Claudio Celada, direttore area conservazione della Lipu, «La COP 15 ha prodotto decisioni importanti, grazie all’impegno dei governi e alla maratona finale della scorsa notte. Tuttavia a questi impegni non si aggiungono elementi concreti e misurabili, e ciò rischia di vanificare gli sforzi fatti. Servono invece delle road map concrete cui far seguire un’azione degli Stati ad agire subito. Altrettanto è che l’Europa approvi al più presto la proposta di legge per il ripristino della natura, la cosiddetta Restoration Law #RestoreNature di cui oggi comincerà la discussione tra i ministri europei dell’Ambiente, tra cui il nostro Gilberto Pichetto Fratin. Si proceda con determinazione e urgenza. Il grave stato in cui versa la biodiversità lo impone come assoluta priorità».

Alle sollecitazioni delle associazioni ambientaliste risponde indirettamente la  viceministro dell’ambiente e alla Sicurezza energetica Vannia Gava (Lega – Salvini premier) che nel suo intervento alla COP15 Cbd aveva detto: «Oggi abbiamo l’occasione unica di investire sulla salute del nostro pianeta e di mettere le persone e la natura al centro della nostra agenda politica. Attraverso il Global Biodiversity Framework tutti ci impegniamo concretamente contro la degradazione dell’ecosistema, nella tutela delle specie in estinzione e a dare origine ad azioni trasformative che integrino la biodiversità in tutti i settori»

Dopo aver ricordato che a Montreal è stato adottato il Quadro globale per la biodiversità post-2020 per mettere l’umanità sulla strada per raggiungere l’obiettivo di “vivere in armonia con la natura” entro il 2050, la Gava ha concluso: «In questo contesto, le soluzioni Nature-based per la mitigazione del cambiamento climatico e l’adattamento sono cruciali, così come la conservazione e il restauro delle biodiversità marine e delle coste. L’Italia, in particolare è parte dell’High Ambition Coalition per le persone e la natura, che ha tra i suoi obiettivi la conservazione di almeno il 30% delle sue terre e delle sue acque entro il 2030. Abbiamo la necessità di essere uniti per raggiungere il risultato a livello globale. L’Italia si è impegnata a mobilitare risorse.  C’è bisogno che tutte le parti insieme si impegnino a farlo».