«Il Parco è stato ed è un incubo per molti, un sogno per altri»

Arcipelago toscano: il Parco nazionale vent’anni dopo, visto dal suo primo presidente

Dalle contestazioni all’epoca dell’istituzione agli applausi, l'Arcipelago è ancora sede di una grande sfida

[23 Maggio 2016]

Il 24 maggio  del 1996, a San Rossore, in occasione della “Giornata dei parchi europei”, Edo Ronchi,  neo ministro dell’ Ambiente del governo di Romano Prodi, dichiarava che in breve avrebbe portato in Consiglio dei ministri il decreto istitutivo dell’Ente Parco Nazionale Arcipelago Toscano, con  l’estensione dell’ area protetta all’Elba, al Giglio e a Pianosa.

Da subito si rinfocolò la “dialettica” fra favorevoli e contrari al Parco, “senza se e senza ma”, passando attraverso il variegato scenario politico e sociale, dei favorevoli/contrari, “con tanti se e qualche ma”.  Non mancarono le contestazioni, più o meno colorite e rumorose, che da sette anni – all’ indomani del decreto del  21 luglio del 1989  che aveva istituito il Parco nazionale nelle isole minori dell’Arcipelago (a parte Pianosa) – “vivacizzavano” lo scorrere dei giorni nell’Arcipelago, con ampio eco nei media nazionali e internazionali. Il 5 luglio il decreto era approvato dal governo e il 22 luglio il presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, decretava l’istituzione dell’ Ente Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano.

Poco più di un mese dopo  iniziarono le riprese della fiction di Rai2 con Tullio Solenghi, dal titolo “Il primo cittadino”. L’ambiente è l’Elba, amministrata da un unico comune. Le riprese durano quattro mesi. Largo spazio venne dato alle vicende del Pnat. Erano ancora freschi di colla i manifesti contro il Parco che avevano tappezzato l’Elba, il Giglio e Capraia, ed erano arrivati a Livorno, a Firenze, a Roma, al seguito di centinaia di manifestanti. Fresche di vernice le minacciose scritte sui muri, tipo: “Faremo l’Elba nera!”, seguite da più ragionevoli (sic): “Non bruciate l’Elba, ma le merde!”.

Giravano ancora le leggende metropolitane sugli ambientalisti che lanciavano dagli elicotteri vipere sul Capanne; sugli assurdi divieti nella raccolta di fiori, castagne, funghi, lumache; sul pascolo vietato; sugli  espropri dei terreni; sull’inevitabile destino di avere o un “Parco di carta”, o un ” Parco presidiato dai paracadutisti”; sugli apocalittici crolli del turismo, etc. etc. Questo  fino all’ ultima puntata della fiction, quando si vede la squadra di calcio elbana scendere in campo con ben evidente il nome del suo sponsor: “Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano”. Il Comune Unico resta, al momento, una fiction.

Correvano quei tempi, quando il  Corriere Elbano del 30 novembre 1996 riportava in prima pagina un articolo di Alfonso Preziosi dal titolo: “Per il restauro del Castello del Volterraio”. A fianco la notizia della mia designazione alla presidenza del Parco nazionale. Lo stesso giorno nell’auditorium della De Laugier si tenne la “Giornata della scuola”, alla quale partecipai come programmato da tempo, per commentare “L’Isola del ferro”. Un raro filmato, girato nel 1926 sulle miniere elbane, appena restaurato a cura del periodico Lisola. Quando Stefano Bramanti, organizzatore e conduttore dell’evento, annunciò il mio intervento – citando il Parco nazionale – dalle ultime file si elevò un brusio. Crebbe, nell’imbarazzo degli insegnanti, e sfociò in  una rumorosa contestazione. Ricordo ancora le scuse di Giancarlo Castelvecchi, il quale si dimenticava, come gli dissi per tranquillizzarlo, che «anche io ero un insegnate».

Tornata la calma, visto e commentato il filmato, giungemmo a parlare del Parco nazionale. Accennai a Montecristo, il primo tassello delle aree protette dell’Arcipelago, che le università toscane, il Cnr, le aziende forestali dello Stato e il Comune di Portoferraio, nel 1971, avevano “strappato alla speculazione e alla cementificazione”; di Capraia, dove negli anni Ottanta, nel consenso generale, era nata l’idea del Parco e dove, all’indomani del ” frettoloso” decreto del 1989, erano esplose le contestazioni degli isolani  e le critiche di alcune associazioni ambientaliste; di Pianosa, che nel  vissuto di quei giovani studenti era sempre stata soltanto un’isola blindata per terroristi e mafiosi; del grande e fragile patrimonio di natura, storia e tradizioni contenuto nelle terre e nel mare dell’Arcipelago.

Più o meno con queste parole conclusi il mio intervento: «Il Parco è stato ed è un incubo per molti, un sogno per altri. Di fatto una sfida culturale. Una sfida che potrà essere vinta solo se il Parco saprà trasformare l’incubo in sogno, e il sogno in una realtà condivisa. Una realtà della quale voi dovrete essere custodi e  guide».

Undici giorni dopo, l’11 dicembre 1996, mentre si stavano girando le ultime scene della fiction “Il primo cittadino”, il decreto sul Parco veniva pubblicato nella Gazzetta ufficiale. L’Ente Parco iniziava il suo cammino. Altri tempi. Tempi in cui i concetti sullo sviluppo sostenibile e gli effetti del   riscaldamento globale avevano ancora una posizione di nicchia nei media e nella pubblica opinione di un mondo dove erano appena una decina di  milioni (quasi tutti negli Stati Uniti e in Europa) gli utenti di Internet, e i cellulari analogici servivano solo per “telefonare”.

E ora, rimaniamo sempre alla De Laugier, ma facciamo un salto nel tempo e arriviamo al 19 aprile 2002, quando nella sala grande del vecchio convento francescano si tenne un  convegno e un bilancio sugli incendi nell’Arcipelago. Era il mio ultimo giorno di presidenza. Un paio di settimane prima, saldata l’ ultima rata,  il Volterraio e il “dirupo sasso” su cui era stato edificato erano entrati a pieno titolo nelle disponibilità del Parco. La sala della De Laugier era gremita dai protagonisti dell’antincendio: i Forestali, i Vigili del Fuoco, gli operai della Comunità montana, i tanti “ragazzi e ragazze” delle associazione di volontariato elbane, le forze dell’ordine. Coloro che, con il duro lavoro e l’ abnegazione combattevano i roghi, difendendo il territorio e riscattando la dignità e la cultura dell’Elba  dai pochi barbari che tentavano di infangarla. Quando il relatore ricordò il ruolo avuto dal Parco nel contrasto al fuoco, i protagonisti dell’ antincendio si alzarono in un lungo applauso. “Una vera standing ovation!”, come scrissero le cronache del tempo. Un giorno indimenticabile, e mi piacque e mi piace pensare che forse nella sala c’ erano anche gli studenti che cinque anni prima sedevano nelle ultime file della De Laugier.

Il prossimo 27 maggio  il Parco Nazionale ha organizzato  un incontro, sempre alla De Laugier, per festeggiare il ventesimo compleanno dell’ Ente. I tempi sono cambiati. Oggi sono più di tre  miliardi gli utenti collegati a Internet che con Facebook, Skype, WhatsApp si parlano e si vedono in tempo reale.  Viviamo in un “villaggio globale” di sette miliardi di persone, che hanno diritto a cibo, acqua e dignità, e popoliamo un Pianeta dotato di una quantità limitata di risorse e di una capacità finita di assorbire rifiuti. La consapevolezza di tutto ciò è cresciuta nei “grandi” decisori politici e industrial, e… nelle nostre pratiche quotidiane.

Ma il cammino è ancora lungo, le parole del vecchio Capo Seattle sono sempre quanto mai attuali. “Insegnate ai vostri figli quello che noi abbiamo insegnato ai nostri figli: che la Terra è la madre di tutti noi… la Terra non appartiene all’Uomo; l’Uomo appartiene alla Terra”. E se poi qualcuno dice che Capo Seattle non ha mai detto queste parole, basta scorrere il “Cantico dei Cantici” per trovare espressi gli stessi concetti. E se poi pensassimo che sono concetti datati e superati, basta leggere “Laudato sii” per incontrare un altro Francesco che li attualizza.

Al Volterraio, ” gallo-ottomani” (come dice il Ninci), incendiari e cumuli di sassi sono il passato. Dai suoi spalti, che dominano la Rada di Portoferraio, finalmente restaurati e percorribili, si apre un paesaggio magico di natura e di storia. Il cammino del  Parco nazionale – fra qualche passo indietro e qualche passo di lato – si è fatto più sicuro, accompagnato dalla crescente consapevolezza istituzionale e sociale di quale prezioso valore aggiunto esso sia, per l’ecologia e  l’economia turistica  dell’Arcipelago, e per promuovere i valori universali della solidarietà e del rispetto dovuto alla “madre Terra” e alle sue diversità biologiche e geologiche.

Sappiamo bene che niente deve essere dato per consolidato, e i valori “per una vita sana e produttiva in armonia con la natura” difesi giorno per giorno. L’Arcipelago è ancora sede di una grande sfida culturale e materiale. Una sfida che  si sublima in un tema di vitale e di globale importanza per noi e per le nuove generazioni: il mare. Dobbiamo in tempi brevi uscire da quel “limbo normativo” in cui, da quasi mezzo secolo, si trovano le aree marine protette dal Parco nazionale, rivedendone “intelligentemente”  la perimetrazione e le norme di tutela, e magari estendendole al mare dell’Elba e del Giglio.

Buon compleanno Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, e buon cammino assieme ai tanti che con il loro lavoro e il loro impegno hanno trasformato, trasformano e continueranno a trasformare un sogno in realtà.

Questo scritto è dedicato a Giuseppe Antoci, al Parco dei Nebrodi e alla ” gente perbene” che lotta contro le mafie