Amazzonia: «Il serpente si sta mangiando la coda»

José Pedro de Oliveira Costa: il vorace appetito per occupare l'Amazzonia compromette l'immagine del governo e minaccia l'industria agroalimentare brasiliana

[28 Agosto 2019]

José Pedro de Oliveira Costa è un 73enne professore in pensione della Faculdade de Arquitetura e Urbanismo dell’Universidade de São Paulo (USP), della quale è però ancora ricercatore all’Instituto de Estudos Avançados, dove coordina il programma Amazônia em Transformação ma è anche uno dei più noti ambientalisti brasiliani ed ha avuto anche una lunga carriera istituzionele: è stato primo Segretario dell’Ambiente dello Stato di São Paulo, due volte segretario alla biodiversità del ministero dell’ambiente –  nei governi di centro-destra di Fernando Henrique Cardoso e di quello para-golpista di Michel Temer che ha defenestrato la presidente Dilma Vana Rousseff del Partido do Trabalhadores – e ha partecipato alla creazione di oltre 100 milioni di ettari di aree protette in Brasile, compreso il Parque Nacional Montanhas do Tumucumaque, nello Stato dell’Amapá, più grande parco della foresta pluviale del mondo, e all’istituzione delle più grandi aree marine protette del Brasile, di alcune delle il più emblematico della Mata Atlântica, come Parque Estadual da Serra do Mar e la Estação Ecológica da Jureia.

Il Jornal da USP si è rivolto a lui per avere un’autorevolissima opinione su quel che sta accadendo in Amazzonia e Costa  ha risposto senza peli sulla lingua, sottolineando che «Questa non è la prima volta che gli incendi o la deforestazione sono aumentati in Amazzonia; ma questa è la prima volta dalla ri-democratizzazione che questo è avvenuto con la connivenza ufficiale del governo federale».

Secondo Costa, «La legge brasiliana è stata completamente violata in modo vorace. Stiamo distruggendo aree chiave per la conservazione del mondo e della biodiversità brasiliana, senza possibilità di recupero e nessuna prospettiva praticabile che questo possa essere controllato. Il disprezzo per la conservazione e la volontà del presidente Jair Bolsonaro di occupare l’Amazzonia sono così grandi che stanno già iniziando a erodere l’immagine del governo stesso. Il serpente si sta mangiando la coda. Anche l’agroindustria è già preoccupata per le possibili conseguenze commerciali ed economiche di questo danno per il settore».

 

Ecco i principali brani dell’intervista di José Pedro de Oliveira Costa al Jornal da USP:

Non è la prima volta che la deforestazione o gli incendi sono aumentati in Brasile. Cosa sta accadendo di diverso ora, al punto da innescare una crisi internazionale al riguardo?

Quel che è diverso è che stiamo assistendo a tutto ciò con una connivenza ufficiale e ufficiosa del governo centrale. Questo discorso non è una novità: è stato il discorso ufficiale della campagna del presidente Bolsonaro, e il risultato è qui: stiamo distruggendo aree chiave per la conservazione del mondo e della biodiversità brasiliana, senza possibilità di ritorno e nessuna prospettiva praticabile che questo possa essere controllato. Tutti i governi precedenti – alcuni di più, altri di meno – hanno fatto un discorso di protezione. Non sto parlando di zero deforestazione, ma del rispetto della legislazione e del rispetto della Costituzione. La legge brasiliana è stata completamente violata in modo vorace. Ciò che è un bene della popolazione brasiliana si sta trasformando in un bene privato, proprio sotto il nostro naso.

Cosa vuol dire senza possibilità di ritorno? Cosa c’è in gioco?

Tra le altre cose, la reputazione del Paese: fino a poco tempo fa, il Brasile era riconosciuto a livello internazionale come leader nella protezione della biodiversità e si era trasformato rapidamente nel Paese che teneva di più alla ricchezza della biodiversità. Questo è l’aspetto politico di questo problema. Usando un daetto caipira – perché sono nato nell’interno – “il serpente si sta mangiando la coda.” L’esperienza è così grande e la volontà di occupare viene così voracemente esercitata che si lamenta anche l’agroindustria. Chi acquista da noi sono la Cina e i paesi europei, con i quali stiamo entrando in conflitto diretto, inutilmente.

L’immagine che il governo tenta di vendere è che il Brasile è il Paese che protegge di più la sua biodiversità e preserva l’ambiente.

Il Brasile ha lavorato in modo molto efficiente per avere questa immagine e per questo ha ricevuto risorse. Ho lavorato nel governo federale e la maggior parte delle risorse per il controllo della deforestazione proveniva dalla cooperazione internazionale. Oggi questa cooperazione viene interrotta perché questo lavoro non sta avvenendo in maniera efficiente. Basta guardare le immagini satellitari, che oggi sono pubbliche, e mettere un termometro nella bocca di chiunque stia fuori del paese per sapere qual è l’immagine del Brasile.

Chi ci guadagna in questa situazione?

Chi compie i reati. In Amazzonia ci sono 4 possibilità di guadagno: primo, la vendita del legname; poi l’occupazione della terra attraverso l’agricoltura o l’allevamento diffuso; a volte c’è la speculazione immobiliare sulla vendita di queste terre, che ora sono intestate (il cosiddetto land grabbing ); e, infine, c’è l’ingresso, in molti casi, di grandi imprese di produzione zootecnica o agricola. In mezzo a tutto questo, prima, durante e dopo, c’è anche l’attività mineraria, quasi sempre clandestina (i cosiddetti garimpos).

Il presidente Jair Bolsonaro e il ministro dell’ambiente Ricardo Salles parlano costantemente di rivedere, persino di annullare, la creazione di aree protette in Brasile, sulla base del fatto che sono state create per far cassa, senza un’adeguata pianificazione. Cosa ne pensa di questo?

Il Brasile ha sviluppato un sistema, attivo dagli anni ’90, al quale ho avuto il privilegio di partecipare fin dall’inizio, definendo le aree prioritarie per la conservazione della biodiversità, che hanno raccolto tutte le informazioni esistenti sulle specie di piante e animali, e incrociando dozzine o persino centinaia di dati, abbiamo ottenuto le aree prioritarie per la conservazione di questa biodiversità. Questa mappa esiste, è pubblica e sono state create aree protette sulla base di questo strumento scientifico, che ha richiesto anni per essere realizzato. Quindi non esiste alcun argomento valido per dire che non c’è stata alcuna cautela o che queste aree sono state fatte in maniera improvvisata.

Cosa ci guadagna il Brasile da queste aree protette?

Forniscono vari servizi. Possiamo anche estrapolare e parlare delle terras indígenas, che sono per lo più protette, come un insieme sistemico che fornisce la protezione della biodiversità, che garantisce la qualità della vita per le popolazioni circostanti, che ci dà la possibilità di uno sfruttamento sostenibile del legname, la sicurezza idrica e la sicurezza climatica. È un insieme di cose che senza dubbio devono essere considerate estremamente importanti.

L’impressione che molte persone hanno – e che il discorso del governo sembra rafforzare – è che queste aree protette sono terre chiuse, che servono solo a proteggere animali e piante, senza benefici per l’uomo.

In molti Paesi, le aree protette, come i parchi nazionali, sono fantastiche fonti di reddito. C’è il turismo de visitatori, locande, ristoranti, ecc. Prendi l’esempio qui del Parque Nacional do Iguaçu, che riceve circa 1,5 milioni di visitatori all’anno. La città di Foz do Iguaçu è una città ricca, con uno sviluppo notevole, in gran parte dovuto a questo turismo e al buon uso del parco, che genera una serie di altre attrazioni turistiche nei dintorni, estremamente redditizie per la popolazione locale. Ci sono altri esempi, ma questo è il più notevole che abbiamo in Brasile.

Il presidente Jair Bolsonaro è cresciuto nella Vale do Ribeira, una regione che ospita vaste aree protette della Mata Atlântica, ma è la regione più povera dello Stato di São Paulo. Cosa succede lì?

Prima di tutto, non c’è alcuna visita organizzata. Sono stato il primo gestore da Estação Ecológica da Jureia e posso garantire che le visite sono cresciute, ma abbiamo un potenziale molto maggiore nelle aree circostanti, che sono aperte al turismo. Ho comprato il primo autobus turistico per Iporanga, che oggi ha il turismo come principale risorsa economica, ma non in questa regione c’è un lavoro coerente da parte del governo statale.

Cioè, la regione non è povera perché ha aree protette, ma nonostante loro?

Esattamente; Quello che fanno è servire da attrazione per l’ecoturismo, che ha un grande potenziale e dovrebbe essere strutturato meglio come strumento di sviluppo regionale. Mi piacerebbe molto che i governi investissero in questa direzione. Esistono moltissime foreste nella Vale do Ribeira che non sono aree a protezione integrale, quindi non questo che rende irrealizzabile qualsiasi cosa nella regione. Le unidades de proteção integral (chiuse ai visitatori) non comprendono alcuna attività perché si trovano in aree montuose, paludose o molto inospitali. La foresta è già stata abbattuta ovunque fosse possibile piantare. Se la Vale do Ribeira fosse utilizzabile per il caffè, la soia o qualsiasi altra cosa, non esisterebbe più. Le foreste non sono lì perché erano protette, ma perché erano le foreste che erano rimaste.

Ha anche un legame storico con la regione di Paraty e Ilha Grande, che è stata appena riconosciuta patrimonio dell’umanità dall’Unesco e che il presidente Bolsonaro afferma di voler trasformare in una  “Cancún brasileira”. Cosa includerebbe la revoca della Estação Ecológica de Tamoios. Qual è la sua opinione su questo?

Vado a Paraty da oltre 50 anni, lì ho una casa che ho ereditato da mio padre. Ho conosciuto Paraty con 5.000 abitanti e oggi con oltre 50.000. La regione è ancora bellissima, ma l’afflusso di popolazione ha fatto aumentare i problemi, come la scarsa igiene pubblica, il crimine, il traffico di droga, la povertà. Tutto questo deve essere affrontato. Il turismo esiste già ed è la principale fonte di risorse. La più grande attrazione della regione è il paesaggio e, nel caso di Paraty, il paesaggio naturale insieme al suo patrimonio storico. Lì non può essere immaginata, come è stato fatto a Cancún, la costruzione di giganteschi edifici che distruggeranno il paesaggio e ucciderebbero la gallina dalle uova d’oro. Ma è perfettamente possibile pensare a dei resorts a due, tre piani, orizzontali: questi esistono già e potrebbe essercene di più. Ma per fare questo, dobbiamo prima affrontare il problema della violenza, dei servizi igienico-sanitari, ecc.

L’esistenza di aree protette crea ostacoli a questo sviluppo?

Al contrario; Oggi Ilha Grande e le quattro aree protette di Paraty sono considerate Patrimonio mondiale dell’umanità, che è un’attribuzione rarissima. Questo aggiunge valore alla regione, il che è positivo per tutti; e questo è possibile solo perché abbiamo queste aree protette, che sono una fantastica attrazione per il turismo. Accanto a questo c’è la Estação Ecológica de Tamoios, che ospita una serie di isole che fungono da stazioni di monitoraggio per possibili problemi derivanti dalla centrale nucleare di Angra dos Reis. Sono per lo più piccoli isolotti coperti di foreste, che non hanno alcuna possibilità di essere sfruttati come destinazione turistica.

 

L’intervista integrale José Pedro de Oliveira Costa, realizzata da Herton Escobar, è stata pubblicata sul Jornal da USP con il titolo “A cobra está comendo o próprio rabo”