Agire coraggiosamente per un patto di pace con la natura (VIDEO)
Elizabeth Maruma Mrema: «Quando si parla di specie, non si tratta solo di piante e animali, include anche noi esseri umani. Significa che periremo proprio come faranno gli animali e le piante»
[7 Dicembre 2022]
Oggi a Montreal, in Canada, inizia la seconda sessione della 15esima Conferenza delle parti della Convention on biological diversity (COP15 Cbd) che avrebbe dovuto tenersi a Kunming, in Cina, e la direttrice esecutiva dell’United nationa environment programme (Unep), Inger Andersen, dopo aver ringraziato la presidenza Cinese della COP15 e e il Canada, dove ha sede il segretariato della CBD, per la cooperazione che ha portato senza troppi scossoni a trasferire rapidamente la Conferenza ha ricordato che siamo in un o momento cruciale: «Un momento in cui dobbiamo concordare un piano per garantire il nostro sistema di supporto vitale e, come ha notato il Segretario generale delle Nazioni Unite, per fare pace con la natura».
Durante una conferenza stampa di presentazione della COP15, la Andersen, ha sottolineato che «Non possiamo permetterci di continuare a percorrere un sentiero attraverso la fragile rete della natura e della biodiversità per spianare la strada allo sviluppo umano. Le specie, gli ecosistemi e i benefici che forniscono, da cui tutti dipendiamo, si stanno degradando e stanno lentamente morendo. La perdita e il degrado della biodiversità hanno un costo che misuriamo non solo in dollari, ma in mezzi di sussistenza, fame, malattie, vulnerabilità, benessere e morti. Lo abbiamo fatto a noi stessi. Ma questa COP è la nostra occasione per iniziare a proteggere e riparare la rete della vita».
Secondo la direttruce esecutiva Unep, «In questo meeting, dobbiamo vedere un post-2020 Global Biodiversity Framework con obiettivi e parametri di riferimento chiari. Un framework che affronti i cinque cavalieri dell’apocalisse della natura, definiti dall’IPBES: cambiamento dell’uso del suolo e del mare, sfruttamento eccessivo delle specie, cambiamento climatico, inquinamento e specie alloctone invasive. Questo riguarda i fattori alla base della perdita di biodiversità: compresi i sussidi dannosi, gli investimenti mal indirizzati e il consumo e la produzione insostenibili. Questo va a vantaggio di tutti, ovunque: popolazioni indigene e comunità locali, popolazioni urbane e coloro i cui mezzi di sussistenza dipendono direttamente dall’uso sostenibile della natura. Questo aiuta ad affrontare la più ampia triplice crisi planetaria del cambiamento climatico, della natura e della perdita di biodiversità, dell’inquinamento e dei rifiuti. Questo deve riconoscere i diritti sovrani e tradizionali e i valori più ampi della biodiversità. Questo deve assicurare una condivisione sostenibile dei benefici derivanti dall’utilizzo delle risorse genetiche, sia attraverso informazioni sulla sequenza digitale che in altro modo.
E la Andersen, dopo il clamoroso fallimento degli obiettivi di Aichi per il 2020, ha avvertito che «Con l’accordo sul piano, dovrà essere attuato – per intero, con urgenza e in tutta la società. Questo significa accordarsi qui alla COP su risorse sufficienti e garantire una maggiore trasparenza sui progressi che devono essere compiuti nell’attuazione. Abbiamo solo pochi giorni per agire con decisione e secondo i nostri principi. L’azione deve essere audace, non prudente, quindi dobbiamo portare a termine l’accordo.
Una volta adottato, il Global Biodiversity Framework fungerà da piano per conservare, utilizzare in modo sostenibile e ricostruire la rete della vita. I negoziati devono avere successo qui alla COP. Se la rete della vita cade, cadremo con essa. Ma se lo sosteniamo e lo rendiamo più forte, sosterrà tutto il peso dell’umanità per i secoli a venire».
Intervistata il 5 dicembre dalla radio pubblica statunitense NPR, la segretaria esecutiva della Cbd, Elizabeth Maruma Mrema. Ha detto che per capire meglio cosa siano le estinzioni di massa di cui parlano i biologi «Penso che il modo più semplice sia guardaree alla biodiversità come fondamento della vita. E’ perché il cibo che mangiamo, l’acqua che beviamo, lo stoccaggio del carbonio necessario per la mitigazione climatica, la regolazione dell’acqua necessaria per l’adattamento climatico, i mezzi di sussistenza, le medicine di cui abbiamo bisogno… provengono tutti dalla biodiversità e dai servizi ecosistemici che fornisce. Come se non fosse abbastanza importante, il 50% del PIL globale – la nostra economia – dipende dalla biodiversità. Quindi chiaramente, l’obiettivo principale della prossima conferenza è quello di emergere con una road map per riparare il nostro rapporto con quella natura della biodiversità perché noi, esseri umani, siamo i principali colpevoli della perdita di biodiversità. Il nostro rapporto con la natura deve cambiare drasticamente se vogliamo allontanarci da dove gli scienziati dicono che siamo: quasi al punto di non ritorno e che questa è la nostra ultima possibilità».
La Maruma Mrema ha ricordato che «Quando si parla di specie, non si tratta solo di piante e animali, include anche noi esseri umani. Significa che periremo proprio come faranno gli animali e le piante». E all’inercvistatore che le chiedeva se non ha la sensazione che la questione della biodiversità sia diventata la cugina povera del cambiamento climatico, la la segretaria esecutiva della Cbd ha risposto che «Era vero. Non è più vero. Per molto tempo il mondo ha prestato attenzione al cambiamento climatico, dimenticando che non possiamo affrontare il cambiamento climatico senza affrontare la perdita di biodiversità. Ora il mondo ha capito che queste due questioni sono intrinsecamente connesse e legate e che non si possono affrontare l’una senza l’altra. Ora stiamo anche assistendo a questa attenzione alla biodiversità come mai prima d’ora, quindi indica chiaramente che la tendenza è cambiata e il treno si sta muovendo».
La Maruma Mrema ha concluso ricordando cosa è successo e succede nel suo Paese, la Tanzania: «Vengo da un paese ricco di biodiversità, in particolare di animali. Ma è anche triste che quello che ho visto già da grande non sia quello che vedo oggi. Se parliamo di specie, di elefanti, rinoceronti, quando si guarda la foresta, gli alberi, continuano a scomparire perché, in particolare nel villaggio da cui provengo e in molti altri villaggi, la legna da ardere è la fonte di energia. E a meno che agli abitanti del villaggio non venga data un’alternativa alla legna da ardere, gli alberi continueranno a scomparire. Quindi anche gli slogan e la campagna di tagliare un albero, piantare un albero non hanno funzionato al massimo del loro potenziale. Quindi questo è quello che ho visto. Venendo dalle pendici del Kilimangiaro, ovviamente, le donne devono andare a prendere la legna da ardere perché quella è la fonte di energia. E questo farà continuare la deforestazione. Finché non saremo ancora in grado di affrontare il commercio illegale, il bracconaggio, le specie continueranno a scomparire. Questo è ciò che stiamo vedendo».