Xylella fastidiosa, per l’avvocato Ue gli ulivi sani ma vicini a quelli infetti possono essere abbattuti

[12 Maggio 2016]

Non c’è contraddizione tra le misure che impongono l’abbattimento degli ulivi sani che si trovano nel raggio di cento metri dalla pianta contaminata dal batterio Xylella fastidiosa e ulteriori ricerche scientifiche e trattamenti fitosanitari preventivi: questa è l’opinione dell’avvocato generale Ue Yves Bot, in riferimento alla questione sollevata dal Tar Lazio.

Alcuni agricoltori pugliesi, infatti, hanno presentato davanti al Tar ricorsi contro i provvedimenti per far fronte all’emergenza ambientale e agricola rappresentata dal batterio Xylella Fastidiosa per le piantagioni di ulivo della regione Puglia. In particolare contro l’ordine di rimozione immediata non soltanto di certi ulivi infetti da Xylella fastidiosa ma anche delle piante sane poste entro un raggio di 100 metri da ognuno degli esemplari infetti. Ordine che – secondo gli agricoltori – dovrebbe costituire l’extrema ratio.

Secondo i proprietari degli uliveti, l’ordine di rimozione delle piante sane, senza la possibilità di tentare un preliminare, diverso e meno invasivo trattamento fitosanitario, sarebbe contrario ai principi di proporzionalità e ragionevolezza nonché alla direttiva sulla protezione contro gli organismi nocivi ai vegetali (2000/29).

Secondo i proprietari dei fondi, inoltre, sarebbe necessario un indennizzo sufficiente per la prevista rimozione.

In caso d’infezioni di alberi e piante, la direttiva del 2000 prevede, tra l’altro, che ai vegetali suscettibili di albergare i vettori dell’infezione e posti in un raggio di 100 metri attorno a ciascuna delle piante infette siano applicati appropriati trattamenti fitosanitari, tra i quali va ricompresa anche la rimozione della pianta. La decisione di esecuzione adottata dalla Commissione sulla base della direttiva e a seguito delle notifiche di nuovi focolai da parte delle autorità italiane, ha previsto le misure atte a evitare l’introduzione e la propagazione nel territorio dell’Unione del batterio Xylella fastidiosa, e il Governo italiano ne ha recepito il contenuto attraverso apposito provvedimento.

La decisione della Commissione, dunque, oltre a imporre allo Stato membro di “campionare ed esaminare le piante specificate nel raggio di 100 m attorno a ciascuna delle piante infette” prevede che gli stati debbano “eseguire opportuni trattamenti fitosanitari contro i vettori e le piante che possono ospitare i vettori”, trattamenti però, che possono includere, eventualmente “la rimozione delle piante”.  Per questo – secondo l’avvocato generale – la normativa non è in contraddizione con quella europea. Così come non viola il principi di precauzione, adeguatezza e proporzionalità. La Commissione si è rifatta, per prendere la propria decisione a un parere dell’Efsa (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) del 6 gennaio 2015, che ha messo in evidenza l’esistenza di un rischio almeno potenziale (e pertanto sufficiente a giustificare l’adozione di tali misure) risultante dalla propagazione del batterio. Nonostante non sia certo che le misure in questione possano arrestare definitivamente e completamente la dispersione del batterio, le stesse appaiono comunque idonee a limitare questo rischio.

Per quanto riguarda l’indennizzo, l’Avvocato Generale ha affermato che è competenza degli Stati membri l’istituzione di un regime che conceda ai proprietari dei fondi interessati un indennizzo ragionevolmente commisurato al valore delle piante distrutte. Un indennizzo, che secondo l’avvocato, sussisterebbe anche se la Commissione non si è pronunciata in proposito.