Da Legambiente le osservazioni al progetto avanzato dalla Solar Energy Sette

Piombino, agricoltura o fotovoltaico a Bocche di Cornia? Meglio l’agrivoltaico

«La possibilità di installazione di pannelli fotovoltaici su grandi superfici è vincolata a nostro avviso al fatto che essa si integri pienamente nella mission agricola»

[16 Giugno 2020]

L’agrivoltaico, ovvero l’integrazione delle tecnologie fotovoltaiche nelle aziende agricole, rappresenta una delle opzioni più interessanti a disposizione per favorire lo sviluppo sostenibile due comparti ugualmente essenziali – come ha messo limpidamente in evidenza la fase di lockdown dovuta alla pandemia – al nostro territorio: produzione di energia (pulita) e filiera agroalimentare (di qualità).

Elaborare un fine sovraordinato che richieda la collaborazione di entrambi i settori può essere la chiave di volta per superare quelle criticità che oggi contribuiscono a soffiare sul fuoco delle sindromi Nimby, e che oggi a Piombino vedono il territorio muoversi compatto – in questo caso anche con buone ragioni – contro due progetti fotovoltaici a terra in località Bocche di Cornia, entrambi in fase di verifica di assoggettabilità a Via in Regione Toscana: uno da 33,830 MWp di pannelli su 674,11 ettari presentato da Solar Energy Sette, e l’altro da 9.805 kWp su 11,5 ettari di SPV Energy 1 S.r.l.

I due progetti hanno già incassato il deciso no degli agricoltori riuniti in Cia Livorno oltre a un diffuso malcontento tra altre associazioni e comitati sul territorio, che il Comune di Piombino ha prontamente intercettato: «Abbiamo scongiurato il rischio di veder installato un impianto fotovoltaico a Bocca di Cornia – dichiarava a marzo il sindaco Ferrari – A seguito delle osservazioni del Comune di Piombino e alla richiesta di sottoporre il progetto all’ufficio Via della Regione, l’azienda (SVP Energy 1, ndr) l’ha ritirato. È la vittoria di un’amministrazione, è la vittoria del mondo agricolo. Il felice epilogo della vicenda è anche la prova che il cambiamento politico si è tradotto nell’ascolto della volontà dei cittadini». Ma “ascoltare” senza offrire al contempo una direttrice di sviluppo spesso non basta, e infatti già ad aprile SVP Energy 1 ha avviato l’iter di assoggettabilità a Via.

Lo stesso iter che sta percorrendo il progetto di Solar Energy Sette, cui Legambiente Val di Cornia ha appena fatto pervenire le sue osservazioni. I problemi non mancano: il grande impianto sorgerebbe a ridosso di un abitato (e sarebbe visibile anche dalla strada geodetica) con conseguente «disturbo visivo determinato dall’abbagliamento solare», per questo gli ambientalisti chiedono «un ridimensionamento del progetto e una fascia di rispetto dai caseggiati di almeno 500 metri, con una schermatura vegetale» ad oggi non ben dettagliata dal proponente. Soprattutto il progetto ad oggi non è per niente integrato nella dimensione agricola dell’area, cui sottrarrebbe suoli per quanto “marginali”, definizione che al Cigno verde non piace.

«Nel nostro Paese – spiega il circolo della Val di Cornia – non esistono grandi ‘aree inutili’ e nemmeno ‘marginali’, le aree abbandonate dall’attività agricola non sono aree perse alla produzione di servizi ecosistemici, quanto mai utili nella cornice del global warming. La possibilità di installazione di pannelli fotovoltaici su grandi superfici è vincolata a nostro avviso al fatto che essa si integri pienamente nella mission agricola dell’azienda presso cui è declinata. Ecco cosa è per noi un progetto agrivoltaico».

È bene precisare che l’area sulla quale sorgerebbe l’impianto rientra tra quelle deperimetrate nel Paer 2015 della Regione, e ritenute adatte per l’insediamento di impianti fotovoltaici a terra. Ma qui non si tratta di leggi – che sarebbe forse opportuno rivedere – quanto di opportunità: ad oggi la parte “agricola” del progetto consiste in un mero inerbimento del terreno sottostante ai pannelli, mentre gli ambientalisti chiedono che «sia radicalmente rivisto, allontanato dalle abitazioni, schermato da vegetazione arborea e che sia fortemente integrato ad attività agricole, rilanciando questo settore con un vero progetto di coltivazione integrata».

L’agrivoltaico sta già mostrando le sue potenzialità in Germania, in Cile, in Vietnam. Anche in Puglia. Perché non provarci anche a Piombino? I casi finora studiati – è il caso di dire – sul campo mostrano vantaggi reciproci per mondo dell’energia e dell’agricoltura. I progetti fotovoltaici sono ben integrati sul territorio e non suscitano pruriti Nimby, e come spiega QualEnergia si accompagnano a un moltiplicatore di almeno 6/7 volte la redditività del sistema agricolo attivo sugli stessi terreni. Se ben calibrati, i raccolti possono essere più abbondanti grazie a un’intelligente integrazione coi pannelli fotovoltaici che col loro ombreggiamento offrono riparo da caldo e siccità; l’umidità aumenta e cala la domanda d’acqua.

Certo, i pannelli non possono essere disposti sul terreno come d’abitudine, ma le soluzione per una migliore integrazione con l’attività agricola non mancano. Molti gli esempi citati da Legambiente: impianti mobili integrati in rotazioni agrarie, solar sharing, oppure impianti fissi e mobili su erbai e prati permanenti con lavorazioni a strisce, o vegetazioni spontanee per impollinatori con annessa apicoltura, impianti fissi applicati a colture estensive zootecniche, impianti integrati con serre, ecc.

«L’agrivoltaico – concludono gli ambientalisti – può risultare un investimento vincente e idoneo a soddisfare i nuovi e ambiziosi requisiti climatico-ambientali a cui il sostegno Pac (Politica agicola comune, ndr), nella programmazione 2021-27 è dichiaratamente finalizzato. In ogni caso, esso deve innestarsi su un quadro aggiornato di regole, adeguate alle sfide dichiarate dalla riforma della Pac, e che prevengano fughe speculative o elusione dei controlli, che è precisamente quanto impostato dalla previsione di un sistema di ‘condizionalità rafforzata’ prevista nel regime di aiuti post-2020».