L’Africa coltiva gli anacardi per tutto il mondo ma non li trasforma

Così gli africani perdono ricchezza e le opportunità offerte da una domanda globale in forte espansione

[26 Aprile 2021]

Il mercato globale degli anacardi è in forte espansione ma, a causa della mancanza di industrie di trasformazione,. i guadagni non vanno a vantaggio dei Paesi africani che coltivano più della metà degli anacardi venduti nel mondo.

A denunciarlo  è il recente rapporto “Commodities at a Glance: Special issue on anachew nuts”, pubblicato dall’United Nations conference on trade and development (Unctad), che sottolinea che «Tra il 2000 e il 2018, il commercio mondiale di anacardi crudi è più che raddoppiato a 2,1 miliardi di chilogrammi e i produttori africani – guidati dalla Costa d’Avorio – hanno rappresentato quasi i due terzi della crescita. Ma gli agricoltori e gli esportatori del continente ottengono solo una frazione del prezzo finale al dettaglio».

Miho Shirotori, che guida il lavoro dell’Unctad sui negoziati commerciali e la diplomazia commerciale, spiega che «I Paesi che coltivano anacardi ma non li elaborano su una scala significativa conservano solo una piccola parte del valore creato mentre la noce viaggia dalla fattoria al negozio. Agricoltori, esportatori e lavoratori africani stanno perdendo molte opportunità».

Gli anacardi prosperano nei climi tropicali di 20 nazioni dell’Africa occidentale e orientale, dove viene coltivato circa il 90% degli anacardi crudi commercializzati nel mercato globale. Dopo la Costa d’Avorio, i principali produttori sono Tanzania, Nigeria, Benin, Guinea-Bissau, Mozambico e Ghana. Ma meno del 15% delle noci del continente vengono sgusciate sul suolo africano. Il resto viene esportato soprattutto in Asia, dove viene consumato l’85% degli anacardi del mondo, il che aggiunge valore alla merce. Tra il 2014 e il 2018, India e Vietnam hanno rappresentato da soli circa il 98% delle importazioni mondiali di anacardi grezzi.

Ancora più valore viene aggiunto in Europa e Nord America, dove il 60% degli anacardi commercializzati viene tostato, salato, confezionato e consumato come spuntino o ingrediente per una bevanda, per i bar o per altri prodotti.

Anche se è difficile calcolare quanto stiano perdendo gli africani, il rapporto Unctad fornisce calcoli indicativi: «Nel 2018, ad esempio, il prezzo all’esportazione di semi di anacardio dall’India verso l’Unione europea era circa 3,5 volte superiore a quello pagato ai coltivatori di anacardi in Costa d’Avorio: una differenza di prezzo del 250%.

E dopo la trasformazione secondaria nell’Ue, il prezzo dei semi di anacardio era circa 2,5 volte superiore rispetto a quando venivano esportati dall’India e circa 8,5 volte di più rispetto a quando hanno lasciato alla fattoria in Costa d’Avorio».

Secondo la Shirotori, «Questo mostra il potenziale di creazione di valore nei Paesi africani in cui si coltiva l’anacardio, 14 dei quali sono classificati come “meno sviluppati’”. E la creazione di valore può portare a salari migliori per i lavoratori e a più soldi per l’economia locale».

Il rapporto evidenzia il potenziale per gli anacardi di contribuire agli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Onu, in particolare quello sulla riduzione della povertà: «Poiché la produzione avviene tipicamente in piccole aziende agricole nelle aree rurali, esiste un collegamento diretto tra l’aggiunta di valore nel settore degli anacardi e il raggiungimento della riduzione della povertà. Gli anacardi sono una fonte di reddito per circa 3 milioni di piccoli proprietari – agricoltori in Africa».

Sebbene il potenziale inutilizzato di riduzione della povertà degli anacardi sia maggiore in Africa, è valido anche per le altri Paesi dove vengono coltivati in Asia, America Latina e Caraibi. Il rapporto evidenzia che tutti i 46 Paesi che producono anacardi su scala significativa sono economie in via di sviluppo, 18 delle quali sono classificate come “Paesi meno sviluppati” (LDC).

Il principale autore del rapporto, Stefan Csordas, sottolinea che «L’Africa non è il fulcro del rapporto. Ma dato che il continente produce più della metà dell’offerta globale ed è dove si trovano 14 dei Paesi meno sviluppati che producono anacardi, l’Africa occupa un posto di rilievo nell’analisi».

Una dozzina degli altri Paesi che coltivano questa frutta secca sono asiatici (4 sono Paesi meno sviluppati), che rappresentano il 43% della produzione globale, e 14 sono nella regione dell’America Latina e dei Caraibi, che produce il 5% dell’offerta mondiale.

Il rapporto menziona una serie di trend di mercato che aprono opportunità per i trasformatori africani, compresa la crescente domanda dei consumatori globali per snack più sani e una maggiore preferenza per prodotti alimentari più rispettosi dell’ambiente e di origine etica. «La tracciabilità, la trasparenza e la sostenibilità delle catene di approvvigionamento alimentare stanno diventando sempre più importanti per consumatori e fornitori – afferma il rapporto – Questo potrebbe avvantaggiare i trasformatori africani, che si riforniscono localmente piuttosto che attraverso lunghe catene di approvvigionamento. I trasformatori africani in grado di soddisfare gli standard di qualità e sicurezza alimentare sempre più severi nei mercati globali, potrebbero trarre vantaggio dalla crescente domanda di prodotti biologici, che nell’Ue è cresciuta, ad esempio, del 121% tra il 2009 e il 2019».

Mentre la spina dorsale dell’industria africana degli anacardi deve essere una fornitura stabile di noci crude di alta qualità, il rapporto dice anche che «I trasformatori hanno bisogno di un contesto politico che consenta loro di operare con costi di trasformazione competitivi e faciliti l’accesso ai principali mercati di esportazione».

Per l’Unctad «Le politiche volte a sostenere il settore degli anacardi nei Paesi africani devono quindi considerare l’intera catena del valore dell’anacardio: produzione, trasformazione e commercio». E per far questo è necessario: Garantire agli agricoltori l’accesso a piantine di qualità, know-how tecnologico e informazioni di mercato. Aumentare la formazione degli agricoltori sull’imprenditorialità e la gestione delle aziende agricole, comprese le pratiche di raccolta e post-raccolta. Sostenere la ricerca pubblica che aiuti a identificare le pratiche e le tecnologie agricole che funzionano meglio nelle condizioni ambientali ed economiche locali. Migliorare le infrastrutture rurali, comprese le strade secondarie, per collegare meglio gli allevamenti di anacardi e i siti di lavorazione. Facilitare l’ingresso nel mercato attraverso lo sviluppo di competenze tecniche e un migliore accesso alle informazioni di mercato. Rafforzare la capacità dei trasformatori di anacardi di soddisfare gli standard di qualità nei potenziali mercati esteri. Promuovere lo sviluppo di sottoprodotti di anacardi, come le bevande a base di mele di anacardi, che vengono normalmente scartate come rifiuti. Promuovere la cooperazione tra le regioni di coltivazione degli anacardi per migliorare la stabilità del mercato, limitare le strozzature dell’offerta e ridurre gli incentivi al contrabbando transfrontaliero.

L’Unctad conclude: «Tale azione politica e sostegno alla fine rafforzerebbero le capacità produttive dei Paesi africani: le risorse produttive, le capacità imprenditoriali e i collegamenti di produzione che determinano la capacità di un’economia di produrre e aggiungere valore a beni e servizi. Il Productive Capacities Index dell’Unctad traccia il modo in cui i Paesi hanno sviluppato le loro capacità produttive, consentendo ai responsabili politici di tracciare le performance del loro Paese nel tempo».