La sostenibilità passa (anche) dal cibo, ma i giovani italiani non lo sanno

La sensibilità ambientale dei ragazzi non trova eguali nelle altre generazioni, ma rimane molto da fare sulla consapevolezza di cosa davvero significhi sviluppo sostenibile

[6 Giugno 2019]

In Italia (e non) le giovani generazioni sono quelle più attente alle problematiche dell’ambiente, e ne hanno dato ampiamente dimostrazione pratica portando in piazza decine di migliaia di persone per manifestare durante i Fridays for future ispirati dall’attivista Greta Thunberg, ma c’è ancora molto da lavorare perché alla sensibilità verso l’ambiente si abbini anche un’adeguata consapevolezza di cosa voglia di dire davvero sostenibilità: un passo non da poco, se la volontà è quella di passare dalla protesta all’azione.

Come mostra la ricerca “I giovani, gli SDGs e il cibo” realizzata da Ipsos insieme a Fondazione Barilla e presentata all’evento che ASviS ha organizzato ieri nella sede del ministero dell’Istruzione, ben un 14-15enne su quattro ha aderito ai Fridays for future e circa 6 giovani su 10 ne condividono i messaggi, ma solo 4 giovani intervistati su 10 sembrano conoscere davvero il concetto di sostenibilità. La conoscenza aumenta con il crescere dell’età (29% tra i 14-15enni; 36% tra i 16-19enni; 43% tra i 20-23enni; 52% tra i 24-27enni),del grado di istruzione (52%) e del tenore di vita più alto delle famiglie (53%). Eppure, come spesso accade anche fra i più grandi, i ragazzi sono portati a mettere in relazione la sostenibilità solo agli aspetti ambientali, mentre restano sullo sfondo temi, altrettanto importanti, della sostenibilità associata all’economia (13%), alla società (9%), al cibo e all’alimentazione (9%).

Dati speculari a quelli che riguardano l’Agenda Onu per lo sviluppo sostenibile, anch’essa in larga parta sconosciuta ai giovani: oggi, purtroppo, parlare di Agenda 2030significa rivolgersi a una nicchia di giovani, ossia al 10% dei 14-15enni (20% quando parliamo di 16-27enni). Tra i ragazzi c’è attenzione ai cambiamenti climatici, ma meno di 1 su 5 sa cosa siano davvero i 17 Obiettivi. E anche tra coloro che li conoscono è minoritaria (29%) la consapevolezza che il loro raggiungimento passi dall’adozione di un sistema alimentare sostenibile. Ecco perché molto c’è ancora da fare per diffondere una consapevolezza corretta su questi temi.

Da dove partire? Il cibo in questo caso può divenire un potente veicolo di conoscenza, perché si tratta di qualcosa che è quotidianamente e profondamente legato alla vita di ognuno. Eppure se si parla di “sostenibilità” ai giovani si scopre che è un concetto familiare al 40% degli intervistati, ma pochi conoscono il nesso che la collega alla produzione di cibo. Solo 1 su 3, tra chi conosce la sostenibilità, pensa che il benessere del Pianeta dipenda anche da cosa mettiamo nel piatto. Un peccato se si pensa che in realtà proprio la produzione agricola è responsabile del 24% delle emissioni di gas serra. In questo scenario, una consapevolezza emerge tra i ragazzi: ridurre lo spreco alimentare per il 50% dei ragazzi è il più importante comportamento sostenibile da adottare (più che scegliere cibo a Km0 o ridurre gli imballaggi).

«Molte evidenze scientifiche dimostrano che i sistemi agro-alimentari sono determinanti al fine di raggiungere gli Obiettivi di sviluppo sostenibile – spiega Angelo Riccaboni, coordinatore del gruppo di lavoro Sdg2 dell’ASviS e presidente della Fondazione Prima – Continuare a credere che la culla della famosa dieta mediterranea sia immune dalla necessità di cambiamenti è un errore. I modi di produrre, distribuire, trasformare e consumare cibo devono essere rivisti alla luce degli Obiettivi. È per questo che oggi siamo qui per diffondere la massima conoscenza sulle sfide ambientali, sociali, economiche e proporre anche qualche soluzione. La presenza di rappresentanti di istituzioni, politica, università e ricerca, scuola, imprese e cittadinanza testimonia che solo unendo le forze possiamo affrontare e raggiungere obiettivi comuni».