Riceviamo e pubblichiamo

La protesta dei contadini olandesi contro la politica agricola “verde” del governo

Il pomo della discordia sono le emissioni di azoto. Come conciliare sostenibilità ambientale e giustizia sociale ed economica?

[17 Ottobre 2019]

Da ormai una settimana l’Olanda è scossa dalla protesta di centinaia di contadini scesi in strada contro misure restrittive alla produzione agricola che il governo de L’Aia avrebbe intimato di adottare. Nella giornata di ieri, mercoledì 16, centinaia di trattori ed agricoltori hanno invaso la città de L’Aia, segnando di fatto l’apice della protesta che nei giorni precedenti si era estesa a tutte le maggiori centri urbani del paese. Oggi, mentre dalle strade de L’Aia gli ultimi trattori se ne vanno suonando i clacson, la maggior parte dell’opinione pubblica rimane in sospeso, incerta se una soluzione che possa accontentare tutti possa essere raggiunta. La questione è complessa poiché ha a che fare con la politica ambientale, agricola ed economica dell’Olanda. Ma a ben pensarci, in gioco non c’è solo il futuro dell’Olanda ma di tutti i paesi, inclusa l’Italia.

Il pomo della discordia, ad una prima analisi, è l’emissione di azoto. Da circa il 1980, questo problema è stato al centro del dibattito di politica ambientale in Olanda. L’azoto è un elemento chimico che si trova per natura nell’atmosfera e che si rivela essere dannoso quando le emissioni – che in Olanda provengono al 40% dal settore agricolo – aumentano al punto tale da favorire l’acidificazione del suolo la consecutiva perdita di biodiversità. Se ciò è risaputo ed il governo olandese si è già impegnato da anni alla riduzione di queste emissioni d’eccesso, ci sono stati tre eventi relativamente recenti che hanno scatenato la protesta di questi giorni e che hanno rotto gli equilibri politico-sociali del Paese.

Primo elemento: una sentenza della Corte Supreme olandese dello scorso maggio ha invalidato l’applicazione di un programma nazionale di gestione dell’azoto. Questo programma, lanciato nel 2015 con l’intento di ridurre le emissioni dannose, cercava di conciliare diversi obiettivi cari al governo: la protezione ambientale, lo sviluppo economico e quello agricolo. Secondo questo schema, progetti di espansione edilizia ed agricola che avrebbero comportato ulteriori emissioni di azoto e che dovevano realizzarsi in prossimità di riserve naturali venivano autorizzati con la clausola, però, di compensare per l’emissione nociva. Una sorta di schema di compensazione che è molto comune nella teoria e pratica dell’economia ambientale. Con la sospensione da parte della Corte Suprema di questo programma di gestione dell’azoto si è di fatto aperto l’interrogativo di come conciliare i diversi obiettivi di sviluppo sostenibile del Paese.

Il secondo elemento che ha fatto tremare le fondamenta del dibattito pubblico olandese è stata una ricerca pubblicata dall’Università di Wageningen e commissionata da WWF. Questa ricerca ha mostrato che per effettivamente contribuire alla conservazione della biodiversità e della natura è necessario dimezzare le emissioni di azoto.

Il terzo elemento – che è di fatto una risposta ai precedenti – è stata la proposta/affronto del partito D66 (partito di coalizione al governo) di dimezzare la produzione di bestiame il prima possibile in modo tale da limitare le emissioni di azoto. In risposta a questa durissima presa di posizione, alcuni alleati di governo si sono immediatamente schierati al fianco degli allevatori e dei contadini. Ad esempio, la ministra dell’agricoltura, appartenente al partito Unione Democratica (CU), Carola Schouten ha risposto che finché sarà ministro, non ci sarà alcun taglio del bestiame.

A fronte di queste incomprensioni – o faide interne al governo – gli agricoltori si sono mobilitati e hanno iniziato ad “invadere” le maggiori città dei Paesi Bassi. “No agricoltori=no cibo” è stato tra i motti più utilizzato durante la protesta. Benché solo una piccola parte del cibo prodotto dagli agricoltori olandesi venga effettivamente consumato in madrepatria (la maggior parte viene esportato, facendo dell’Olanda una delle potenze agricole mondiali), l’agricoltura gioca un ruolo fondamentale nell’economia olandese. Ciononostante, secondo molti agricoltori intervistati dal Volkskrant, essi rappresentano una categoria che si trova molto spesso sotto le forche caudine di politiche più o meno restrittive da parte del governo olandese e molto spesso la carta “ambientalista” viene giocata a loro sfavore. La posizione degli agricoltori è chiara: l’agricoltura non può essere l’ancilla della sostenibilità.

Queste affermazioni mostrano una seconda chiave di lettura, sicuramente più interessante e anche di rilievo per la politica italiana. In Olanda, ci troviamo di fronte ad un caso in cui “la carta ambientalista” rischia di diventare uno strumento di ulteriore marginalizzazione di certe fasce della società. Va sicuramente detto che gli agricoltori olandesi, come raccontanto in un recente articolo del Volkskrant, non rappresentano il “ceto” povero e disagiato della società olandese, come accade in altri paesi europei. La loro forza (e peso) economica e politica è conosciuto dai più. Ciò però non rende meno valido il loro disagio a fronte di politiche restrittive dell’attività agricola. Nessuno – o almeno pochi in Olanda – nega l’importanza di misure per l’ambiente tuttavia tutti, in questi giorni, si interrogano su come la protezione ambientale possa essere conciliata con questioni di giustizia sociale ed economica. In fin dei conti, l’ambientalismo non può essere un affare elitista.

Per risolvere questo problema, suggerisce eloquentemente un professore dell’Università di Wageningen, è necessario pensare in maniera olistica. Soluzioni temporanee – come per esempio quella suggerita dal partito D66 – non sono altro che tentativi piuttosto goffi di posticipare la questione e tergiversare ad oltranza. Serve una visione per la sostenibilità e per l’agricoltura e non possono essere i cittadini – che siano abitanti dei centri urbani o rurali – a pagare per questa transizione. Ci sono già potenziali soluzioni: agroecologia, agricoltura circolare, intensificazione sostenibile agricola. Diverse opzioni, certo, talora anche controverso che però devono essere adeguatamente considerate.

di Marco Immovilli