Il grano e il mais ucraini sono diventati mangime per maiali spagnoli, invece di cibo per i più poveri del mondo

L’Onu lancia un nuovo appello da 5,6 miliardi di dollari per aiutare milioni di ucraini colpiti dalla guerra

[16 Febbraio 2023]

L’Unione europea si è battuta insieme all’Onu per realizzare un corridoio navale per far uscire grano e mais  dall’Ucraina nonostante la guerra, in modo da alleviare la carestia in corso in alcuni Paesi poveri, in particolare nel Corno d’Africa e nello Yemen. Ma un’indagine pubblicata dal giornale austriaco eXXpress  rivela che «Il grano difficilmente arrivava lì, invece raggiunge principalmente la Spagna  come mangime per l’allevamento di maiali». eXXpress ricorda che «Senza il grano del granaio d’Europa, l’Ucraina, ci sarebbe una carestia catastrofica nei Paesi più poveri dell’Asia e dell’Africa. Questo è stato l’argomento principale dell’Ue nei negoziati con la Russia su ulteriori esportazioni di milioni di tonnellate di grano attraverso un corridoio verso la Turchia. Putin ha accettato e la partenza delle prime navi è stata celebrata in tutto il mondo. Tuttavia, a quanto pare, il prezioso grano non è stato consegnato ai Paesi più poveri del mondo, come riportato da Focus e Handelsblatt. Invece, il principale acquirente sarebbe stato la ricca Spagna, sebbene gli iberici producano abbastanza grano per i propri bisogni. Ma la Spagna è uno dei maggiori produttori di carne di maiale al mondo, ci sono finite 2,9 milioni di tonnellate di grano e mais dall’Ucraina. In compenso, quasi nessuna consegna è finita nel Terzo Mondo. Solo il 15% delle attuali esportazioni ucraine va lì. L’Etiopia ha dovuto accontentarsi di 167.000 tonnellate di grano, il Sudan di 65.000 tonnellate». Secondo  eXXpress la spiegazione è semplice: «La Spagna ha pagato più soldi e l’Ucraina ha consegnato».

Insomma, buona parte del grano e mais che, con la non certo politicamente gratuita mediazione del presidente turco Erdogan, dovevano servire a sfamare i poveri è finita altrove e quasi la metà di tutte le esportazioni ucraine di grano e mais verso l’Ue è servita a nutrire i maiali spagnoli per produrre il famoso e costoso jamon. L’Unione europea ha finito così per rappresentare la maggior parte delle esportazioni di grano Ucraino, anche se l’apertura del corridoio del Mar Nero era stata presentata come un modo per nutrire l’Africa e l’Asia.

Dopo mesi in cui l’ucraina e i Paesi occidentali denunciavano il blocco russo dei porti ucraini, Onu e Turchia hanno negoziato un accordo per l’esportazione di grano sia dall’Ucraina che dalla Russia, attraverso corridoi speciali nel Mar Nero. L’accordo sui cereali – la Black Sea Grain Initiative – annunciato nell’agosto 2022 dal segretario generale dell’Onu António Guterres, ha sicuramente rappresentato una speranza di pace e di sollievo per la fame mentre i prezzi dei generi alimentari stavano salendo. Ma fin dall’inizio le cose non sono andate come credeva Guterres e molte ONG hanno cominciato a denunciare il fatto che il grano ucraino esportato era in realtà mangime per animali e che la sua reale destinazione erano porti europei e turchi. A dicembre, il governo russo aveva rivelato che «6,4 milioni di tonnellate di grano ucraino sono state esportate nell’Ue, di cui il 43% era mais e il 29% grano».  Va detto che Mosca non è contenta dell’accordo sul grano, perché il meccanismo che prevedeva la revoca delle restrizioni sulle esportazioni russe di grano e fertilizzanti, ma per Mosca questo stato semplicemente ignorato dall’Occidente, anche se Usa e Ue dicono di non aver mai sanzionato questi prodotti. Cosa tecnicamente vera, ma i russi fanno notare che l’embargo occidentale ha vietato a tutte le loro navi attraccare nei porti statunitensi ed europei e di accedere ai servizi assicurativi e di intermediazione, imponendo di fatto un blocco totale alle navi commerciali.

Cercando di rafforzare il governo ucraino, l’Ue ha anche sospeso tutte le tariffe e le tasse sui prodotti agricoli ucraini. L’accordo temporaneo è stato introdotto nel maggio 2022 e scadrà nel giugno di quest’anno. A quanto pare, Polonia, Ungheria e Romania – tutte confinanti con l’Ucraina – stanno esercitando pressioni contro l’estensione dell’accordo, lamentandosi per il fatto che ha danneggiato la competitività nella regione e ha inondato i loro mercati di merci ucraine a buon mercato.

Rispondendo ieri a una domanda dei giornalisti sugli sforzi guidati dall’Onu per garantire un’estensione dell’accordo alla consegna di fertilizzanti e prodotti alimentari provenienti dall’Ucraina e dalla Russia ai molti Paesi che ne hanno bisogno in tutto il mondo, il coordinatore dei soccorsi di emergenza delle Nazioni Unite (OCHA), Martin Griffiths ha insistito sul fatto che «Il Sud del mondo e la sicurezza alimentare internazionale hanno bisogno che quell’operazione continui. Più di 21,3 milioni di tonnellate di mais, frumento, petrolio e altri commestibili sono stati spediti attraverso il Mar Nero, come parte della Black Sea Grain Initiative, che dovrebbe essere autorizzata a continuare. Non bisogna che venga fermata a metà marzo e spero – spero e credo, anzi – che venga estesa. E questo perché è un caso ovvio per la sicurezza umanitaria internazionale».

Ieri, Griffiths aveva convocato una conferenza stampa a quasi un anno dall’invasione russa dell’Ucraina, per lanciare un appello per «5,6 miliardi di dollari per aiutare milioni di persone colpite all’interno del Paese devastato dalla guerra e oltre» e ha ricordato  che «La situazione per molti in Ucraina rimane disperata, tra bombardamenti “implacabili” di obiettivi civili e infrastrutture. Sono necessari finanziamenti umanitari per continuare a sostenere le consegne di convogli di aiuti salvavita alle comunità in prima linea, nelle aree di grande pericolo, difficoltà e con bisogni prioritari».

Griffith ha detto che «Martedì il personale del team nazionale delle Nazioni Unite si è recato su 6 camion precaricati da Dnipro alla regione orientale di Donetsk, a circa 200 chilometri di distanza, per fornire aiuti a due villaggi coinvolti nella peggiore di quelle zone di guerra… bombardamenti, attacchi quotidiani, case bombardate, freddo gelido, problemi di elettricità».

Per continuare a svolgere questo lavoro salvavita, il capo dell’OCHA ha lanciato «Un appello per 3,9 miliardi di dollari per aiutare 11,1 milioni dei 18 milioni di persone che necessitano di assistenza umanitaria all’interno dell’Ucraina». Il Piano di risposta umanitaria per l’Ucraina riunisce più di 650 partner, la maggior parte dei quali organizzazioni ucraine.  Parallelamente all’appello dell’OCHA, anche l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) sta cercando 1,7 miliardi di dollari per aiutare i rifugiati ucraini in 10 Paesi ospitanti: Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Moldavia, Polonia, Romania e Slovacchia. L’Alto Commissario dell’UNHCR Filippo Grandi ha messo in guardia su quanto sta accadendo in Ucraina: «Penso che ci stiamo un po’ abituando a questo; non dovremmo, perché è abbastanza spaventoso ciò che l’invasione russa sta facendo al Paese. Da quando i gruppi tattici russi hanno attraversato il confine il 24 febbraio 2022, le infrastrutture civili in Ucraina hanno continuato a subire attacchi costanti, lasciando gli asili nido rasi al suolo e gli anziani che vivono nelle cantine a causa di il pericolo dei bombardamenti. I rifugiati del conflitto hanno tutte le intenzioni di tornare in Ucraina, ma fino a quando ciò non accadrà, l’appello del piano di risposta per i rifugiati di martedì continuerà ad aiutare milioni di rifugiati e centinaia di partner dell’Onu sul campo. In particolare, i finanziamenti sosterranno i servizi sanitari e nutrizionali, l’istruzione, i mezzi di sussistenza e la protezione temporanea. La crisi dei rifugiati in Ucraina – la crisi degli sfollamenti – rimane chiaramente la più grande del mondo. Quasi 6 milioni di sfollati interni stimati. Inoltre, i rifugiati in Europa che si sono registrati per la protezione temporanea sono ormai quasi 5 milioni: 4,8 milioni. Ma sappiamo che ce ne sono molti altri che non l’hanno fatto».

Mentre la Russia stanotte ha lanciato un altro massiccio attacco contro le infrastrutture energetiche ucraine, le ultime stime dell’Onu indicano in più di 7.000 i civili che sono stati uccisi in Ucraina nell’ultimo anno, con 12.000 feriti.  Ma per Griffiths «Questa è quasi certamente una stima bassa».

Johannes Fromholt, area manager dell’International organization of migration (IOM) in Ucraina, ha confermato a UN News che «La portata della distruzione nel sud e nell’est dell’Ucraina è stata enorme, tanto che alcune città non esistono nemmeno più.  Vediamo pesanti combattimenti su entrambi i lati della linea di contatto. Alcuni luoghi sono pieni di personale militare e di equipaggiamento militare. Alcuni civili sono riusciti a fuggire dall’oblast di Donetsk verso la città più centrale di Znamyanka, dove l’IOM sta aiutando a riparare rifugi collettivi per i nuovi arrivati, Per coloro che non possono partire, la situazione rimane disastrosa. Nelle località in prima linea (il conflitto sta) effettivamente peggiorando, con un aumento dei combattimenti giorno per giorno. Quindi, le persone devono semplicemente stare giù negli scantinati in rifugi dove ovviamente fa freddo. In queste località in prima linea non c’è elettricità».