Fridays for future, le api e l’agroecologia (VIDEO)

Come la lotta dei giovani che scenderanno in piazza il 25 settembre è collegata all’agroecologia in Europa e in Camerun

[23 Settembre 2020]

Secondo  Azione contro la Fame, «Le conseguenze dei cambiamenti climatici sono sempre più visibili e minacciano, ogni giorno, sempre più persone: siccità, inondazioni, tempeste sono in costante aumento e colpiscono più duramente le popolazioni già vulnerabili. Lo ha evidenziato, quest’anno, anche il Rapporto sullo stato della sicurezza alimentare e della nutrizione (SOFI): per il quarto anno consecutivo le persone affamate, anche a causa dei cambiamenti climatici, sono aumentate fino 690 milioni. Nel 2018, la Banca Mondiale aveva già lanciato un altro tipo di allarme per il 2050, anno in cui potrebbero diventare 143 milioni i cosiddetti “migranti climatici”. Solo oggi, secondo il recente rapporto annuale dell’UNHCR, sono 80 milioni i rifugiati costretti a lasciare le loro case a causa di guerre, di carestie e anche dei cambiamenti climatici».

E’ anche di questo che parleranno il 25 settembre i giovani attivisti di Fridays for future che torneranno nelle piazze e nelle strade di tutto il mondo per ricordare ai decisori politici che il momento di agire è ora. Legambiente  dice che «In questa giornata, chi ha a cuore l’ambiente non dovrà far venire meno il proprio appoggio a Save bees and farmers, una campagna di mobilitazione cruciale per il futuro del nostro Pianeta. Promossa da una coalizione di 90 organizzazioni in 17 paesi europei con una compagine molto ampia che vede la presenza di svariate associazioni con un ruolo attivo anche in Italia, la campagna ha come obiettivo la raccolta di 1 milione di firme allo scopo di chiedere alla commissione Europea di adottare, attraverso provvedimenti normativi, una legislazione più efficace nell’ambito della tutela delle api e degli insetti pronubi, della riduzione dell’80% dell’utilizzo di pesticidi entro il 2030 e della loro totale eliminazione entro il 2035».

Angelo Gentili, responsabile agricoltura di Legambiente, sottolinea che «Il modello di agricoltura tradizionale  è principalmente votato più alla resa che alla qualità e questa è senza dubbio una delle cause del rapido declino dell’ecosistema. Per questo motivo, serve mobilitarsi con sempre più determinazione allo scopo di favorire un sistema agricolo capace di puntare con forza alla tutela della biodiversità. La campagna ICE per la tutela delle api e degli agricoltori si pone un obiettivo chiaro: eliminare i pesticidi di sintesi entro il 2035. L’iniziativa ruota su tre pilastri fondamentali riassumibili nei concetti di naturalità, ambiente ed economia eco-sostenibile. Quello della naturalità è un obiettivo raggiungibile mediante la riduzione graduale delle sostanze chimiche di sintesi nell’agricoltura europea, fino a raggiungere lo stop totale previsto dall’Ue nel 2035. Ovviamente, al centro di ogni progettualità dovranno essere posti l’ambiente e la sua salvaguardia, ripristinando gli ecosistemi naturali in ambito agricolo e non, in cui le api e gli insetti impollinatori svolgono una funzione preponderante per la conservazione della flora e per il mantenimento della biodiversità. Per quanto riguarda l’economia eco-sostenibile, è fondamentale che agli agricoltori vengano fornite valide ragioni anche di natura economica per aderire alle linee guida di una nuova PAC che non miri a finanziamenti a pioggia che premiano l’agricoltura intensiva e maggiormente inquinante, ma che, al contrario, sostengano l’agroecologia e le azioni volte a tutelare la biodiversità messe in atto dagli agricoltori. L’auspicio è che, a seguito della mobilitazione, la Commissione europea presenti leggi coerenti con gli obiettivi indicati, impegnandosi ad agire allo scopo di salvaguardare gli ecosistemi naturali nelle aree agricole affinché l’agricoltura possa davvero diventare una forza motrice per il recupero della biodiversità. Per questo, chiediamo a tutti, ancora una volta, di sottoscrivere la petizione e di rendersi parte attiva di questa grande mobilitazione collettiva. L’agricoltura europea ha bisogno di azioni forti per sviluppare il potenziale che custodisce. Nelle prossime settimane, il Parlamento europeo approverà la nuova Pac ed è bene sottolineare ancora una volta che sarà fondamentale in tale contesto lavorare per invertire la rotta: niente più denaro pubblico ad un’agricoltura che inquina, consuma acqua in maniera eccessiva, contribuisce alla perdita di biodiversità e all’effetto serra.  Dobbiamo invece investire in modo chiaro e senza indugi su un modello basato sull’agroecologia, capace di andare verso gli obiettivi del Green new deal e delle strategie dell’Ue Farm to Fork e Biodiversità».

I Cigno Verde è convinto che «Un  modo alternativo di fare agricoltura esiste e deve diventare l’unico faro delle politiche agricole nazionali e comunitarie, riducendo fortemente la dipendenza dai prodotti chimici per l’agricoltura allo scopo di rendere il cibo più sano e salvaguardando la ricca diversità delle tradizioni alimentari e agricole del Paese».

E’ quel che pensa anche Azione contro la Fame, che sta lavorando, in un’ottica di medio-lungo termine, per proporre soluzioni efficaci finalizzate a rendere le popolazioni locali più resistenti, come nel caso dei progetti che puntano a promuovere l’agroecologia nell’ambito della agricoltura contadina.

Simone Garroni, direttore generale di Azione contro la Fame, evidenzia che «L’agroecologia  è un modo di progettare sistemi di produzione alimentare basati sulle specificità offerte dai singoli ecosistemi e ha il grande merito di sostenere le necessità delle popolazioni locali e di ridurre, al tempo stesso, le pressioni sulle risorse naturali”. Tale sistema mira, del resto, a trovare una simbiosi con l’ambiente: oltre all’assenza di prodotti fitosanitari, all’uso del compost e alla ricerca della complementarità tra le specie, l’agroecologia fa propri alcuni importanti parametri di gestione ecologica, come l’uso parsimonioso dell’acqua e dello spazio coltivato, la riforestazione e la lotta all’erosione».

Si tratta di  un nuovo approccio che evidenzia i limiti dell’agricoltura industriale. L’ONG ricorda che «il rapporto 2019 realizzato dall’Intergovernmental panel on climate change (Ipcc) ha già dimostrato che i pericoli connessi allo sfruttamento intensivo di terre coltivabili costituiscono un tema che il mondo, oggi, non può più ignorare. L’uso di pesticidi o le monocolture, per esempio, contribuiscono all’aumento dei gas serra e all’impoverimento e al degrado del suolo che, invece, va preservato come “serbatoio di stoccaggio” di carbonio utile catturare e trattenere la CO2 dall’atmosfera. Nel 2019, i terreni agricoli hanno occupato circa il 38% della superficie. Tale superficie, oggi, continua ad aumentare anche in ragione dell’aumento della domanda di prodotti animali, aumentando i rischi legati alla deforestazione. Gli esperti dell’Ipcc raccomandano, in tal senso, “un’agricoltura diversificata, territoriale e a misura d’uomo”».

Garroni aggiunge: «Con l’intensificarsi dei fenomeni climatici, le popolazioni già vulnerabili sono più che mai esposte all’insicurezza alimentare. Desertificazione, inondazioni, scarsità di scorte alimentari costringono milioni di persone a spostarsi pur di sopravvivere. Gli agricoltori e i piccoli produttori dei Paesi in via di sviluppo sono i primi a subirne le conseguenze. Occorre, in tal senso, lavorare con l’obiettivo di sostenere di più l’agricoltura di tipo ‘familiare’, che rappresenta l’80% della produzione alimentare globale. Se così non fosse, oltre alla perdita del loro unico mezzo di sussistenza, rischiamo di veder svanire anche la capacità di nutrire il resto del mondo».

E’ per questo che, in alcuni Paesi, Azione contro la Fame ha promosso momenti di formazione delle comunità locali. Come in Camerun, un Paese con molti rifugiati e sfollati interni a causa della guerriglia indipendentista nell’area anglofona, della guerra civile nella Repubblica Centrafricana e delle violenze di Boko Haram nella regione del Lago Ciad.

Papa Abdou, facilitatore della missione in Camerun di Azione contro la Fame, conclude: «La scuola contadina è, innanzitutto, un metodo per condividere esperienze. Ognuno viene con il suo know-how e impariamo insieme. Azione contro la Fame ci ha formato su tecniche che non conoscevamo, come l’agroecologia. Si tratta di pratiche che non costano molto e che sono efficaci. Un campo senza fertilizzanti e insetticidi è più produttivo. Spesso i vicini che usano prodotti chimici vengono da noi e ci chiedono come facciamo. Le nostre piante crescono più delle loro. Ogni membro del gruppo ha il proprio campo, che viene coltivato secondo le tecniche apprese nella scuola contadina. Piantiamo sorgo, mais, arachidi o ceci. E’ grazie all’agricoltura che posso prendermi cura della mia famiglia. Siamo in 23; ho 18 figli e nipoti, mia moglie e tre orfani. Mio fratello e sua moglie sono stati uccisi da Boko Haram e io ho accolto i loro figli. Quando lo staff di Azione contro la Fame ha raggiunto la nostra comunità con questo progetto di scuola agraria e ci hanno illustrato le tecniche agroecologiche più efficienti e meno costose rispetto ai tradizionali prodotti chimici, mi hanno consentito di raggiungere i miei obiettivi. Ora non sono più vulnerabile e, inoltre, sono da esempio per altri».

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