Foodinsider, i Criteri ambientali minimi rendono le mense scolastiche più sane e sostenibili

Muroni: «Tanta biodiversità in più, una nuova attenzione alle tipicità locali e a valutare i piatti anche in base all’impronta ecologica dei diversi ingredienti»

[3 Giugno 2022]

Più varietà, biologico, filiera corta e attenzione alla qualità delle materie prime; meno cibi processati e monoporzioni di plastica, un ritorno alle posate lavabili dopo la fase più critica della pandemia, durante la quale le mense scolastiche avevano adottato il monouso in plastica.

Sono i principali miglioramenti emersi dal 7° rating dei menù scolastici di Foodinsider, l’indagine sulla qualità e sostenibilità del cibo nella refezione scolastica presentata in conferenza stampa alla Camera. E come sottolineato da Claudia Paltrinieri, presidente di Foodinsider, i cambiamenti verso pasti più equilibrati e sostenibili sono stati favoriti dall’applicazione dei Criteri ambientali minimi (Cam) nei bandi comunali per il servizio mensa.

L’analisi di Foodinsider mette Parma, Fano e Cremona sul podio nella classifica dei menù scolastici più sani e sostenibili, seguono Rimini, Jesi, Bergamo, Trento, Ancona, Sesto Fiorentino, Perugia, Bolzano, Roma, Bologna, Aosta, Mantova. Al di là del punteggio raggiunto, Roma, Aosta e Lecce fanno un salto di qualità. Più in generale migliora il 42% dei menù analizzati, ma cresce il divario tra i primi e gli ultimi in classifica.

In positivo c’è sicuramente tanta biodiversità in più, una nuova attenzione alle tipicità locali e a valutare i piatti anche in base all’impronta ecologica dei diversi ingredienti, la tendenza a privilegiare i fornitori locali.

Succede perché le Amministrazioni hanno capito che l’accoppiata varietà-filiera corta fa mangiare meglio i nostri figli e crea anche ricchezza sul territorio. Contemporaneamente va sottolineato il ruolo positivo dei Cam, che nei bandi fanno conquistare un punteggio specifico per le forniture sostenibili, sia dal punto di vista dell’alimentazione che delle stoviglie. Un meccanismo premiante che aiuta ad andare verso la sostenibilità. Così, ad esempio, ci sono scuole che propongono prodotti con una minore impronta ecologica: il miglio che richiede meno acqua rispetto ad altri cereali, la carne bianca rispetto a quella rossa e un minor ricorso a queste proteine animali, prodotti locali sfusi come lo yogurt ‘alla spina’.

A Cremona e Sesto Fiorentino vengono serviti fino a sette cereali diversi al mese; a Fano, Jesi e Ancona il pesce è fresco, locale e comprende da cinque a sette specie differenti; a Trento e Bolzano i bambini mangiano un doppio contorno di verdura. Tre i Comuni che fanno il salto di qualità: Aosta, la cui Amministrazione ha imposto un cambio di passo eliminando cibi processati e introducendo un menù più vario; Lecce, che ha esaltato i prodotti del territorio e la gastronomia locale, combattendo l’obesità infantile; e Roma, che con la nuova gara d’appalto ha rimesso al centro la qualità delle materie prime, il biologico e il legame con il territorio. Così aumenta anche la qualità percepita. Ma come anticipato cresce pure il divario tra i più e meno virtuosi. E sono in salita gli sprechi: il 47% dei bambini mangia meno della metà del pasto. Uno scarto che non ci possiamo permettere e su cui bisogna interrogarsi e intervenire.

Se da una parte è innegabile che l’uso dei Cam, come sottolineato dalla vicepresidente di Foodinsider  Francesca Rocchi, ha consentito l’avvio di una rivoluzione sostenibile da supportare con strategie premianti per accompagnare i Comuni nel cambiamento, dall’altra è evidente che c’è ancora tanta strada da fare per rendere la refezione scolastica un importante strumento di politica sociale, economica ed ambientale. Grazie al quale educare le nostre bambine e i nostri bambini alla sana alimentazione, proteggendoli dalla povertà nutrizionale, dall’obesità e dagli effetti negativi di queste sulla salute, rilanciare un’economia pulita sul territorio e promuovere a livello locale la conversione ecologica.

Riscoprire a mensa sapori e prodotti dei nostri territori significa anche indirizzarci verso la sovranità alimentare e contribuire, in epoca di guerra del grano, alla costruzione la pace.