Food systems pre-summit, Azione contro la fame: no alle sirene dell’agribusiness, sì all’agroecologia

Slow Food partecipa al controvertice: Unfss sproporzionatamente influenzato dai grandi attori economici

[23 Luglio 2021]

A pochi giorni dell’United Nations Food Systems Pre-Summit (Unfss), che si terrà a Roma dal 26 al 28 luglio, Azione contro la Fame esprime la sua preoccupazione sulla direzione intrapresa dalla comunità internazionale. Simone Garroni, direttore generale dell’organizzazione umanitaria internazionale specializzata nella lotta alla fame e alla malnutrizione infantile nel mondo, sottolinea che «Mentre la Fao e molte ricerche hanno dimostrato il ruolo essenziale dell’agroecologia per rispondere alle sfide sociali, alimentari e ambientali contemporanee, gli organizzatori del summit stanno virando su una forma di ‘agricoltura high-tech’ incentrata su soluzioni che essi stessi dipingono come rivoluzionarie ma che, in realtà, sono fintamente ‘verdi’, incapaci di contrastare il fenomeno dilagante della fame nel mondo. Abbiamo la sensazione che l’influenza dei grandi gruppi agroalimentari e tecnologici abbia dato l’illusione dell’efficacia di alcune loro proposte: OGM, digitalizzazione dell’agricoltura, carne in vitro, droni spray, agricoltura di precisione e climate-smart. Riteniamo che tali soluzioni, che peraltro hanno già dimostrato la loro inefficacia, vadano, senza mezzi termini, a scapito del diritto al cibo e dell’autosufficienza dei piccoli produttori, estendendo la presa delle multinazionali su terra, acqua, semi, generi alimentari e vegetali».

La pensano così anche più di 300 organizzazioni della società civile, produttori di cibo di piccola scala, ricercatori e popoli indigeni di tutto il mondo che si riuniscono in un evento virtuale e fisico a Roma dal 25 al 28 luglio 2021  – People’s Counter-Mobilization to Transform Corporate Food Systems  – per manifestare il loro dissenso al Food Systems Pre-Summit. A guidare la Mobilitazione è la People’s Autonomous Response to the Unfss che da tempo ha denunciato che «Il Vertice non sta facendo nulla per affrontare davvero fragilità e ingiustizie all’interno dei sistemi alimentari. Al contrario, il Vertice si sta dimostrando una pericolosa distrazione dai veri problemi che le persone più fragili e il nostro pianeta si trovano ad affrontare in questo momento di crisi multiple e combinate. L’Unfss non garantisce affatto responsabilità e trasparenza necessarie affinché le istanze dei popoli contadini e indigeni siano adottate e incluse nelle sintesi finali. Il risultato della partnership tra l’Onu e il World Economic Forum – organismo che riunisce le 1.000 maggiori corporation mondiali – fa infatti sì che il Vertice sia sproporzionatamente influenzato dai grandi attori economici, dirottando le energie e risorse finanziarie necessarie ad affrontare le crescenti crisi sociali, ambientali e sanitaria».

Carlo Petrini, presidente e fondatore Slow Food, che aderisce al contro.summit ha detto che «Il progetto di cambiare i sistemi alimentari e agricoli in senso autenticamente sostenibile può solo marciare sulle gambe di milioni di persone che nell’economia locale portano avanti questa trasformazione ambiziosa e utile. Per tutti questi motivi io penso che la Mobilitazione sia una scelta coraggiosa e utile. Che non esclude il dialogo, anzi, porta avanti il dialogo. Ma il dialogo deve coinvolgere tutti e non solo i soliti privilegiati di un sistema economico finanziario che è responsabile di questo disastro»

Per Edie Mukibi, vicepresidente di Slow Food, «Il Vertice è diventato un chiaro terreno di gioco dove gli interessi corporativi hanno manifestato tutta l’intenzione di spadroneggiare. L’agricoltura industriale, con le sue pratiche ingiuste come land grabbing, deforestazione, sfratto dei contadini dalle proprie terre, e altre pratiche agricole che non fanno altro che esacerbare la crisi climatica e ambientale, ha provocato la sofferenza di milioni di persone, soprattutto nel Sud del mondo. Come Slow Food siamo profondamente preoccupati che l’attuale processo dell’Unfss, affrettato, controllato dalle multinazionali, irresponsabile e poco trasparente, non porterà alla trasformazione e al cambiamento che noi immaginiamo. La nostra grande preoccupazione è che questo Vertice sia piuttosto orientato a ripetere il modello agri-business-as-usual, ben lontano dalla trasformazione olistica e sistemica dei sistemi alimentari, necessaria per arginare le crisi ambientali, climatica e alimentare. Slow Food si unisce alle centinaia di altre organizzazioni della società civile, soprattutto del Sud del mondo, alle organizzazioni delle comunità indigene e a tutti coloro che hanno a cuore il pianeta e il sistema alimentare, per sfidare i risultati prestabiliti del Vertice e rivendicare la sovranità dei popoli sui sistemi alimentari».

Per Azione contro la Fame e molte altre organizzazioni della società civile e dei popoli indigeni, al contrario, l’agroecologia contadina ha dimostrato il suo valore, contribuendo in modo significativo alla riduzione della fame e della malnutrizione e sulla capacità di generare autonomia e Garroni aggiunge che «Nelle fattorie familiari le comunità locali producono più del 70% del cibo consumato nel mondo, utilizzando meno del 20% delle risorse produttive. Le pratiche miste coltura-allevamento sono molto più efficienti dal punto di vista energetico rispetto alle monocolture industriali e agli allevamenti intensivi. Inoltre, mentre pesticidi e fertilizzanti chimici devastano il suolo e la biodiversità, l’agroecologia mira a trovare una simbiosi con l’ambiente: oltre all’assenza di prodotti fitosanitari, all’uso del compost e alla ricerca della complementarità tra le specie, questa tecnica fa propri alcuni importanti parametri di gestione ecologica, come l’uso parsimonioso dell’acqua e dello spazio coltivato, la riforestazione e la lotta all’erosione. Peraltro, è stato ampiamente dimostrato che l’insicurezza alimentare nel mondo non sia più legata alla mancanza di produzione bensì alle crescenti disuguaglianze. In tal senso, le scelte politiche operate a livello internazionale sono, oggi, più che mai decisive per guidare l’agricoltura e i sistemi alimentari. Eppure, le “innovazioni tecnologiche” delle multinazionali agricole e alimentari e le realtà dell’agribusiness ricevono centinaia di miliardi di sostegno pubblico; al contrario, l’agroecologia è sottofinanziata. L’Expo 2015 ospitato sei anni fa dall’Italia ci ha ricordato che per nutrire in modo sano le popolazioni di tutti i Paesi, dovremmo tutti puntare a una più equa gestione delle risorse agricole e ittiche. Sarebbe, finalmente, l’ora di promuovere una forma di ‘sovranità alimentare’, intesa come la capacità di ogni Paese di decidere democraticamente come, e da chi, il loro cibo sia prodotto ed elaborato. Le politiche agricole e alimentari, del resto, non devono essere dettate dalla regola, considerata onnipotente, del libero scambio, che penalizza i più vulnerabili ma dall’obiettivo di eliminare la piaga della fame nel mondo e creare una società più equa».

L’Italia, che quest’anno ospita importanti consessi internazionali, dal pre-summit di lunedì fino al G20 di ottobre, può davvero svolgere un ruolo di primo piano per invertire la tendenza e proporre soluzioni alla fame adatte alle popolazioni vulnerabili, facendo in modo che la comunità internazionale non ceda ancora alle sirene dell’agribusiness. Garroni conclude: «Noi tutti ci auguriamo che l’entusiasmo contagioso espresso dagli italiani per la recente e meritata vittoria dell’Europeo di calcio non esaurisca, nel Paese, il desiderio delle sue istituzioni politiche e della società civile di una leadership anche su altre partite internazionali: la partita della lotta alla fame, per esempio, non rappresenta un campionato inferiore ma una finale da vincere a tutti i costi per il benessere dell’umanità. Chiediamo al Governo Draghi di mettere sul tavolo proposte capaci di incidere, nel lungo termine, sulla resilienza delle popolazioni più vulnerabili, puntando sulla valorizzazione di sistemi innovativi e di successo, come appunto l’agroecologia, e sulla valorizzazione dei sistemi alimentari locali, per una trasformazione sostenibile ed equa».