Rivolte per l’acqua in Iran: le cause ambientali, climatiche e politiche

Emungimento delle falde e dighe non hanno risolto la crisi e la hanno probabilmente aggravata

[4 Agosto 2021]

Le proteste di piazza in Iran per la grave mancanza di acqua e i blackout elettrici, represse brutalmente, hanno attirato l’attenzione sui gravi problemi idrici della Repubblica islamica. Ma quali dsono le origini di questa crisi?

Già ad aprile, l’Organizzazione meteorologica iraniana aveva lanciato un preoccupato allarme per «Una siccità senza precedenti» e per livelli di precipitazioni a lungo termine sostanzialmente inferiori alle medie. Nella provincia petrolifera e a maggioranza araba del Khuzestan la gente è scesa in strada per protestare per la carenza d’acqua e per i blackout elettrici  che si sono verificati anche in altre province iraniane. Il governo islamico ha risposto con il bastone e la carota: repressione delle manifestazioni (anche con qualche morto) e arresti  e poi aiuti di emergenza per le aree più colpite. Ma l’Iran deve affrontare una serie di difficili sfide ambientali: alte temperature, inquinamento, inondazioni, perdita di biodiversità e laghi che stanno scomparendo.

Secondo i dati del sito web del ministero dell’energia iraniano, tra settembre 2020 e luglio 2021, le precipitazioni nei principali bacini fluviali dell’Iran sono state quasi ovunque molto inferiori rispetto allo stesso periodo del 2019 – 2020. Il Center for hydrometeorology dell’università della California – Irvine ha raccolto dati sull’Iran utilizzando immagini satellitari, riuscendo così a confrontare le precipitazioni fino a marzo di quest’anno con la media degli ultimo 40 anni, ne è venuto fuori che i primi tre mesi del 2021 sono stati tutti ben al di sotto di quella media. Gennaio è stato il più secco registrato dal 1983; marzo è stato uno dei più secchi; novembre è stato piuttosto piovoso ma ottobre è stato il più secco degli ultimi 40 anni. Il rapporto “GIEWS – Global Information and Early Warning System” pubblicato dalla Fao il 20 luglio 2020 sottolineava che la sopravvivenza di un terzo circa dei preziosi campi di grano dell’Iran dipende dall’irrigazione, quindi, se non piove, è un grosso problema.

Ma in Khuzestan è successo qualcosa di ancora più grave: la gente è scesa in pizza gridando abbiamo sete in una regione che un tempo era ricca di acqua, il grande fiume Karun, che costituiva una risorsa idrica essenziale, ora spesso è completamente in secca. Secondo i dati satellitari analizzati dalla Stuttgart Universität, il livello dei bacini idrici e dei fiumi è costantemente diminuito nell’ultimo anno e il picco nel 2019 è stato causato da gravi e devastanti inondazioni.

Una mappa  – che pubblichiamo – fornita alle autorità del Khuzestan mostra i livelli dell’acqua nelle dighe della regione nel luglio 2021. La linea azzurra indica il livello dell’acqua. Attualmente, molte delle dighe più importanti attualmente sembrano ai livelli minimi e ci sono state richieste per il rilascio dell’acqua rimanente per salvare risaie a allevamenti di bestiame nelle regioni sottostanti.

Gli ambientalisti e diversi esperti accusato l’industria petrolifera di aver danneggiato agli ecosistemi locali e l’acqua del Khuzestan  deviata verso le regioni desertiche dell’Iran centrale è un’altra fonte di problemi e tensioni, anche etniche.

Kaveh Madani, ex vice capo del dipartimento dell’ambiente iraniano e ora alla Yale University, ha detto a BBC News che «Qui, il cambiamento climatico e la siccità sono un catalizzatore. Ma il problema ha le sue radici in decenni di cattiva gestione, scarsa governance ambientale e mancanza di lungimiranza e nel non essere preparati a una situazione come questa».

Il problema è che la situazione climatica è destinata a peggiorare in un Paese già fortemente dipendente dalle sue riserve idriche in calo, che sperimenta frequenti siccità e che subisce sempre più condizioni climatiche estreme dovute al cambiamento climatico.

Il clima sempre più caldo e secco avrà un impatto maggiore sulla produzione di energia idroelettrica, il che ha già provocato gravi blackout in Iran. A Teheran e in altre città si sono verificate proteste contro le interruzioni di corrente che causano il caos, interrompendo le telecomunicazioni e spegnendo i semafori. E l’aumento della domanda di aria condizionata per contrastare il caldo soffocante contribuisce a innescare nuovi blackout. Tra i fattori accusati di contribuire ad indebolire le forniture energetiche dell’Iran ci sono anche l’enorme quantità di server utilizzati per l’estrazione di criptovalute.

Ma se la siccità e i consumi crescenti hanno creato un ambiente difficile, le ragioni della crisi idrica iraniana sono più profonde. Già nel 2015 gli ambientalisti iraniani avvertivano che, se l’Iran non avesse trovato una soluzione alla sua crisi idrica, questo avrebbe potuto causare un esodo di massa di milioni di persone e in un’intervista alla BBC la capo del dipartimento dell’ambiente dell’Iran iraniano, Masoumeh Ebtekar, aveva chiesto  «Una rivoluzione dell’agricoltura» per farla diventare più efficiente.

In Iran, le falde acquifere sotterranee sono una fonte essenziale di acqua ma, secondo lo studio “Anthropogenic depletion of Iran’s aquifers” pubblicato a giugno su PNAS da un team internazionale di ricercatori , l’Iran, insieme a India, Usa, Arabia saudita e Cina, patisce  uno dei peggiori tassi di esaurimento delle acque sotterranee al mondo. Le politiche autarchiche – determinate anche dalle sanzioni economiche – che puntano all’autosufficienza nazionale di cibo hanno portato gli agricoltori a consumare maggiori quantità di acque sotterranee. Come fa notare lo studio pubblicato su PNAS, pompare le acque sotterranee a un ritmo più veloce di quanto non venga reintegrato può portare a un aumento dei livelli di sale nel suolo, il che a sua volta può influire sulla fertilità del suolo nelle regioni produttrici di cibo e in Iran «C’è un “pericolo di salinizzazione molto elevato» dell’acqua che viene utilizzata per l’irrigazione. Come se non bastasse fare pozzi più profondi per trovare altre falde acquifere provoca la subsidenza e alcuni centri abitati e aree stanno letteralmente sprofondando.

Gli iraniani sono preoccupati anche per il prosciugamento delle zone umide e dei fiumi, che può innescare pericolose tempeste di polvere. Il lago di Urmia, un tempo uno dei più grandi laghi di acqua salata del mondo, è diventato un simbolo di questo disastro ambientale. Una volta si estendeva su  5.200 km2, ma nel 2015 si era già ridotto a un decimo della sua superficie originale, per arrivare in alcuni periodi di siccità al 5%.

Negli anni ’90, per alimentare la rapida espansione agricola dellìarea, mentre imperversava una prolungata siccità, gli agricoltori hanno fatto ricorso al pompaggio delle acque sotterranee e alla costruzione di numerose dighe per garantire i loro raccolti.

Dopo le proteste pubbliche, le promesse del governo e il miglioramento dell’irrigazione, la situazione del lago di Urmia sembra migliorare: ora cresciuto fino ad arrivare fino circa la metà della sua estensione storica ed è in condizioni migliori, ma non è chiaro se questo sia dovuto alle riforme e agli interventi attuati o all’aumento delle precipitazioni. E gli esperti avvertono che la siccità prolungata potrebbe ancora minacciare il suo recupero.