Malawi: i rifugiati della guerra che non esiste del Mozambico

Migliaia di profughi in condizioni terribili a Kapise. Ma il Malawi è in ginocchio per i cambiamenti climatici

[1 Marzo 2016]

Cosa sta succedendo ai confini tra Mozambico e Malawi lo spiega bene Charity Chimungu Phiri su Inter Press Service -IPS «Immagina di dover scappare dalla tua casa perché ti minaccia chi, per legge, dovrebbe garantire la tua protezione  , quando  finalmente trovi un posto sicuro, queste persone convincono i tuoi benefattori che non lo devono fare perché, in realtà non hai niente da temere». E’ esattamente  la situazione nella quale si trovano  5.800 persone che, a cominciare dal luglio 20215,  sono scappate dal Mozambico in Malawi per sfuggire agli scontri tra l’esercito fedele al governo del Frente de Libertaçao de Moçambique (Frelimo) e l’opposizione di destra della Resistência Nacional Moçambicana (Renamo).

Centinaia di uomini, donne e molti minori non accompagnati sono entrati in Malawi dalla provincia mozambicana di Tete, considerata un bastione della Renamo, attaccata dalle forze governative  che accusano la popolazione di appoggiare i ribelli, che pure sono una forza politica riconosciuta ch partecipa alle elezioni e che ha messo a rischio l’egemonia che il Frelimo si è conquistata prima con la lotta di liberazione dal Portogallo e poi con la guerra civile proprio contro la Renamo. Quei tempi sono dimenticati, come il marxismo-leninismo del Frelimo, ma lo scontro con la Renamo non si è mai sopito del tutto ed ora riprnde, dopo che la Renamo ha accusato il governo di Maputo di aver truccato le ultime elezioni e di penalizzare le regioni dove la Renamo è più forte.

In Malawi  rifugiati  mozambicani si sono installati in un’area intorno a  Kapise, nel distretto meridionale di Mwanza, ad appena  300 metri dalla frontiera con il loro Paese, e sopravvivono in condizioni terribili, competendo per la sopravvivenza con le 150 famiglie locali.

Medici senza frontiere (Msf), che in Malawi  ha un ambulatorio nel confinante distretto di Nsanje, dice che l’afflusso dei profughi dal Mozambico è aumentato dal novembre 2015 e Bote Zamadenga, responsabile delle attività mediche di Msf per i rifugiati mozambicani in Malawi conferma: «I rifugiati ci anno piegato che hanno dovuto fuggire dalle rappresaglie delle forze armate mozambicane che li accusano di sostenere il gruppo di opposizione “Resistenza nazionale del Mozambico”. Ma, a dire il vero, non si sa chi eserciti veramente delle violenze. Durante le nostre consultazioni mediche, non abbiano d’altronde constatato segni fisici di abuso o  di stress post-traumatico. La maggioranza dei rifugiati raccontano che la violenza alla quale sono stati sottoposti  non è stato loro inflitta direttamente ma che ne sono stati testimoni su dei membri delle loro famiglie o su dei loro vicini». Comunque i profughi quando arrivano in Mozambico sono esausti e piagati per il lungo viaggio a piedi che hanno dovuto affrontare la situazione è particolarmente difficile per il gran numero di bambini rifugiati a  Kapise.

Zamadenga  dice che  I profughi non hanno abbastanza ripari e che in queste condizioni hanno dovuto affrontare la stagione delle piogge, mentre «L’acqua potabile resta rara e l’igiene è insufficiente. I rifugiati devono abbattere gli alberi per cercare di costruire un riparo essenziale». A preoccupare è soprattutto la malaria: « Kapise è situata tra due grandi paludi – spiega ancora Zamadenga – e la maggior parte dei rifugiati sono fuggiti senza niente e in particolare senza prendere le zanzariere. Da novembre, il 70% dei casi malaria scoperti dalle nostre  équipe riguardano dei bambini che hanno meno di 5 anni». Solo la prima settimana di febbraio sono stati registrati 338 casi di malaria

Zamadenga spera che l’Alto commissariato per i rifugiati dell’Onu metta realizzi al più presto  un campo di rifugiati  e Whitney Ward, coordinatrice di Msf à Kapise, sottolinea che è necessario fornire maggiore assistenza umanitaria ai 5.800 profughi mozambicani: «Ho lavorato in diversi campi e non avevo mai assistito ad un tale livello di sovra-popolazione. Quando le persone sono affluite in Malawi, si sono installate dove potevano, costruendosi ripari di fortuna a base di vegetazione e legname. In tutto, ci sono centinaia di piccoli ripari che si ammassano l’uno sull’altro  dove  molti bambini  si divertono a correre e dove la gente cucina su dei focolari. Dato che la stagione delle piogge si è fatta attendere, i campi sono restati in maggioranza secchio fino a poco tempo fa, causando un forte rischio di incendio».

I rifugiati sono estremamente vulnerabili e la possibilità che si diffondano malattie contagiose è altissima:  «La sovrappopolazione e la mancanza di sanitari costituiscono i due rischi maggiori – dice la Ward – Per esempio, per rispettare condizioni umanitarie minimali, ci vorrebbero almeno 225 latrine per gli attuali 5.500 occupanti, ma in realtà ce ne sono solo 15 funzionanti. Malgrado il bisogno urgente di impiantane di nuove, la mancanza di spazio ci impedisce di gestirne un numero sufficiente».

Il problema è che il flusso di profughi dal Mozambico sta aumentando e che il campo di Kapise.  ha da tempo superato la capacità di accoglierli. Il solo corso d’acqua regolare si è seccato e le donne devono aspettare in media 2 ore e mezzo per poter riempire le loto taniche. Ogni persona dispone in media di circa 8 litri di acqua al giorno, che devono bastare per  bere e cucinare , ben al di sotto dei 15 . 20 liti minimi raccomandati dalle norme umanitarie all’interno di installazioni di emergenza. E questo malgrado Msf abbia trivellato nuovi pozzi ed installato cisterne.

Gli abitanti del villaggio di Kapise si sono m dimostrati generosi e ospitali con I profughi, ma i nuovi arrivi rischiano i creare tensioni, in particolare per quanto riguarda l’accesso all’acqua . «Ma questo è comprensibile – spiega ancora la Ward – spiega ancora la Ward – perché la situazione è semplicemente del tutto invivibile: di base, il villaggio di  Kapise conta più o meno 150 famigli, ma attualmente ci sono più di mille famiglie su questa parcella di terreno e le risorse sono limitate. Msf cerca di migliorare le condizioni di vita, ma sappiamo che non arriveremo a raggiungere le norme minime. E’ evidente che il campo deve essere spostato. In primo luogo, deve essere installato in un posto che permetta di ridurre il problema del sovra-popolamento , di i destinare risorse sufficienti e di garantire un accesso sufficiente alle cure, così come una distribuzione efficace degli aiuti umanitari».

La situazione è peggiorata con l’arrivo delle piogge: se prima ci volevano 45 minuti per raggiungere la vicina città di Mwanza, ora ci vogliono 2 ore  e anche con un potente 4×4 ben equipaggiato puà restare prigioniero del fango.  I ponti di legno sono stati spazzati via dall’acqua e quelli che restano rischiano di finire sommersi, se le piogge continueranno i profughi rischiano di restare completamente bloccati. Inoltre la frontiera col Mozambico è appena a 300 metri, una distanza ben inferiore rispetto a quella raccomandata per questo tipo di situazioni, nella quale una popolazione fugge dalle violenze nel suo Paese, da una guerra non dichiarata e della quale non si deve sapere niente.

Se i profughi temono che i soldati del Mozambico possano attaccarli, il governo del piccolo Malawi subisce le pressioni di Maputo  perché non li riconosca come rifugiati. Scondo Msf il Mozambico ha inviato vari rappresentanti nell’accampamento di Kapise  per convincere i profughi a rientrare in patria, dicendo che non c’è nessun conflitto. Ma anche i media mozambicani parlano di scontri armati in aumento nelle province di Tete, Zambezia e Sofala. Msf chiede al governo del Malawi di spostare i profughi mozambicani a Luwani, dove ci sono più spazio, un ospedale, una scuola e strade migliori. Ma il  ministro degli interni dl Malawi, Beston Chisamile, ha detto a  The Nation : «I nostri amici del Mozambico chiedono che queste persone ritornino, così, quando le due parti prenderanno una decisione che per metta loro di lasciare il Malawi, potremo cominciare a trasferirle in un altro li luogo».

Non è la prima volta che il piccolo e povero Malawi offre rifugio ai mozambicani:  durante i 16 anni della guerra civilie, tra il 1977 e iòl 1992, il campo profughi di  Luwani ospitò un milione di rifugiati. Ma attualmente il Malawi attraversa una difficile situazione economica, con l’inflazione alle stelle. Il miracolo neoliberista del paese non esiste più e in moti faticano a sopravvivere.  Il Malawi è anche una delle principali vittime dei cambiamenti climatici: se i profughi del Mozambico sono in situazioni disperate, ben  2,8 milioni di  malawiani hanno bisogno di assistenza alimentare dopo l’ultima siccità alla quale sono seguite inondazioni devastanti. Secondi un recente rapporto del the Malawi Vulnerability Assessment Committee,  ci vorrebbero almeno  18 milioni di dollari per salvare dalla fame tutta questa gente, prima che arrivi la prossima catastrofe “naturale” o politica.