La siccità record in Uruguay manda in tilt il governo di centro-destra

Gli ambientalisti: gestione irresponsabile, inefficacia, mancanza di lungimiranza, ma impegno per la privatizzazione

[16 Maggio 2023]

In Uruguay una grave e prolungata siccità ha portato a una storica carenza di acqua potabile a Montevideo e nella sua area metropolitana e il governo di centro-destra di Luis Lacalle Pou la sta affrontando sia  con restrizioni sui consumi che con misure che stanno provocando le proteste dei cittadini e che hanno innescato una crisi politica. .

Televisioni e radio hanno iniziato a trasmettere uno spot di ministero dell’ambiente che spiega che l’Uruguay sta patendo una siccità che colpisce le sue riserve idriche e che quindi bisogna prendersi cura dell’acqua – una risorsa finora ritenuta abbondante – perchè non si esaurisca.  Il governo ha chiesto ai cittadini di adottare misure che altrove sono già usuali: non far scorrere inutilmente l’acqua del rubinetto del bagno o in cucina, utilizzare lavatrice e lavastoviglie solo a pieno carico e con programmi adeguati, utilizzare contenitori per lavare frutta e verdura , o secchi nel caso di autoveicoli, ridurre il tempo per fare la doccia e preferirla al bagno, utilizzare il meno possibile le cisterne, non annaffiare giardini, riparare le perdite degli impianti idrici domestici e segnalare quelle per strada, controllare gli scarichi, i serbatoi d’acqua e le fosse settiche e chiudere i rubinetti centrali se ci si assenta da casa per diversi giorni…

Lo spot governativo afferma che «Gli uruguaiani hanno già dimostrato di essere in grado di superare le emergenze, se riduciamo l’utilizzo delle riserve idriche, possiamo sostenere le riserve più a lungo».

Ma la misura che ha fatto più arrabbiare gli urugaiani è un’altra: dato che le riserve normalmente utilizzate sono esaurite da una siccità che dura da 3 anni o e non sono sufficienti a garantire l’approvvigionamento,  la compagnia pubblica Obras Sanitarias del Estado (OSE) ha aumentato la salinità in alcuni canali collegati al Río de la Plata per poter utilizzare e distribuire l’acqua dolce dei fiumi e dei bacini delle dighe con l’acqua del Río De la Plata, nel tentativo di evitare di esaurire le riserve che l’azienda statale ha a disposizione per fornire acqua potabile. Il problema è che, secondo il regolamento ufficiale, i valori massimi di salinità consentiti sono 200 milligrammi per litro, ma ora sono stati portati a 400, e i consumatori se ne sono accorti subito perché l’acqua che esce dai rubinetti di Montevideo è imbevibile. Così, la diffidenza che c’era già verso OSE e governo si è trasformata in protesta per l’eccessiva salinità e per l’obbligo di fatto di dover comprare acqua in bottiglia che viene anche razionata.

Il ministro dell’Ambiente, Robert Bouvier, e il presidente OSE, Raúl Montero, hanno aggravato ulteriormente la situazione con alcune dichiarazioni maldestre sulla qualità dell’acqua che hanno confuso ancora di più gli utenti. Bouvier ha detto che «Se lo guardiamo dal punto di vista tecnico, l’acqua non è potabile nella perfetta definizione di potabilità, ma è potabile. Quello che diciamo è che l’acqua è consumabile». Montero ha aggiunto: «Non stiamo dicendo che è bevibile perché ha valori superiori in alcuni parametri (…) è adatta al consumo umano, che è consumabile, in termini generali ci si può cucinare, può essere utilizzata per l’igiene». Quel che è certo è che l’acqua che viene distribuita attualmente ha alti livelli di salinità. Tanto che anche il ministero della salute pubblica ha emesso una serie di raccomandazioni per prevenirne l’uso nei pazienti a rischio: persone con ipertensione o che fanno uso di diuretici, con malattie renali, insufficienza cardiaca o cirrosi  e donne in gravidanza, non possono consumare l’acqua salina che esce dai rubinetti. Non si deve nemmeno ggiunto sale all’alimentazione dei bambini fino a 2 anni e per il biberon è consigliabile l’uso di acqua in bottiglia. Riconoscendo che l’acqua che viene distribuita non è potabile per tutti, il governo ha previsto un programma sociale per sovvenzionare  l’acquisto di acqua in bottiglia per le donne incinte, le famiglie con neonati e i pazienti a rischio.

E mengtra la crisi da idrica e ambientale diventava sociale e politica, il presidente dell’Uruguay è stato messo in difficolta nel modo più inatteso: durante una visita a una scuola elementare un bambino gli ha chiesto: «Com’è che l’acqua è così salata?» e Lacalle Pou ha risposto nel peggiore dei modi. Prima si è  insospettito e ha chiesto allo scolaro se qualcuno gli avesse chiesto di fargli quella domanda, e il bambino gli ha risposto di no. Poi il presidente ha spiegato l’origine della crisi e i lavori che si stanno facendo e ha detto che bisognava solo aspettare che piovesse e ha chiesto al bambino di preoccuparsi dei suoi consumi d’acqua.

Ieri c’è stata un’udienza al Tribunal de lo Contencioso Administrativo (TCA) alla quale erano state convocate le autorità governative (Presidenza, Ministero dell’ambiente e OSE) in seguito a un ricorso presentato dai cittadini che si oppongono alla miscelazione di acqua salata con quella dolce e che chiedono di conoscere la composizione dell’acqua che viene erogata alla popolazione e il Movimiento en defensa del agua.

ha organizzato una manifestazione in Plaza Independencia, di fronte al Palazzo del Governo, seguita da una marcia verso il TCA per denunciare la mancanza di opere e investimenti da parte dello Stato che ha portato a questa situazione,

La sindaca di Montevideo, Carolina Cosse del Frente Amplio di sinistra, ritiene  insufficienti e confuse le risposte del governo di Lacalle Pou: «Non è una questione per la quale ritenersi offesi, è perché bisogna essere trasparenti. Stanno giocando con la salute delle persone. Non è ora di mettere dei limiti ai consumi? Di portare l’acqua da un altro posto. Il governo nazionale dovrebbe riconoscere la crisi e fornire informazioni precise alla popolazione, in particolare affinché si sappia, in realtà, quanta acqua è rimasta».

I ministri dell’ambiente e della sanità pubblica, insieme ai direttori dell’OSE, sono già stati convocati dal Parlamento per illustrare le misure di emergenza che si stanno prendendo e le politiche future per fare in modo che la carenza idrica non peggiori a breve termine. Il senatore del Frente Amplio Enrique Rubio è stato il primo a richiedere questa audizione e spiega che «Per noi la cosa più importante è avere informazioni, e darle alla popolazione, sulla natura e la qualità dell’acqua che stiamo consumando. Chiediamo informazioni chiare a causa della confusione generata dai messaggi del governo su questo tema. Le dichiarazioni in successione dei diversi ministri e dello stesso OSE sono stati ancora più confusi. E’ fondamentale che vengano prese misure adeguate per garantire che l’acqua sia sicura per il consumo e l’uso da parte della popolazione, per la quale ci auguriamo che questa audizione fornisca risposte chiare e soluzioni efficaci. Vedremo come ne uscirà. Qui c’è spirito di collaborazione».

Chi sembra avere le dee molto chiare sulle ragioni della crisi idrica è REDES – Amigos de la Tierra Uruguay: «La riforma costituzionale del 2004 ha stabilito all’articolo 47 che “l’acqua è una risorsa naturale essenziale per la vita” e che “l’accesso all’acqua potabile e l’accesso ai servizi igienici costituiscono diritti umani fondamentali”. Vent’anni dopo, le autorità, invece di assumersi la responsabilità di garantire questo diritto umano fondamentale come previsto dalla Costituzione, hanno messo a rischio la salute pubblica modificando gli standard e fornendo acqua che può danneggiare una parte significativa della popolazione. forniscono risposte assolutamente irresponsabili, trasferendo la responsabilità alle persone, dando loro l’unica possibilità di acquistare acqua in bottiglia sul mercato. In questo modo aggravano l’ingiustizia, perché l’acqua senza alti livelli di sodio è accessibile solo a chi ha i soldi per comprarla».

Per REDES l’Uruguay è arrivato ​​a questa situazione per «La gestione irresponsabile delle autorità OSE e del ministero dell’ambiente, e l’orientamento caotico della politica idrica del governo verso la privatizzazione (in molteplici sfaccettature), una flagrante violazione della Costituzione, ha diverse componenti: Riduzione progressiva degli investimenti in infrastrutture e personale nell’OSE, invece di risolvere le perdite idriche nella rete di approvvigionamento (più del 50% dell’acqua viene persa nella distribuzione) e cercare l’efficienza nell’uso dell’acqua potabile. Assenza di una pianificazione territoriale e di adeguate politiche di gestione dei bacini idrografici, che ha generato una situazione critica nel bacino del Río Santa Lucía, fonte d’acqua per oltre il 60% della popolazione del Paese. Pur avendo diagnosi e linee d’azione, i team di gestione non le stanno implementando e sembrano orientati ad “abbandonare” il Río Santa Lucía man mano che il suo deterioramento avanza. La mancata integrazione di nuove misure suggerite dalla società civile e dal mondo accademico per ridurre l’impatto dell’agrobusiness. Un esempio è il rifiuto di formare un gruppo di lavoro per valutare l’impatto dell’rimboschimento nelle sorgenti dei bacini e per analizzare la riclassificazione dei suoli prioritari forestali in quelle aree, a causa dell’impatto diretto sulla diminuzione dei flussi fino a 50 % in periodi di stress idrico come quello attuale. Limiti e tagli alla partecipazione della società civile alla pianificazione, gestione e controllo delle risorse idriche, ostacolando il normale funzionamento delle commissioni di bacino e dei consigli regionali per le risorse idriche. Nuovi impegni per la privatizzazione del servizio di acqua potabile: il progetto Neptuno e le strategie seguite dall’amministrazione per la sanificazione e le perdite idriche sono un chiaro riflesso di questo orientamento politico del management. Totale passività di fronte agli effetti che ha prodotto il cambiamento climatico, come l’aumento della frequenza di eventi estremi con importanti periodi di siccità, e quindi forti impatti sul ciclo idrologico. Si è eluso e negato un dibattito profondo sul modello produttivo e sull’insostenibilità che riproduce, con ricadute sui nostri beni comuni, in primis l’acqua».

REDES – Amigos de la Tierra Uruguay conclude: «L’accesso all’acqua potabile è un diritto umano fondamentale, sancito dalla nostra Costituzione. Oggi questo diritto non viene garantito, poiché una parte importante della popolazione, oltre il 40%, non può bere l’acqua che esce dai rubinetti a causa degli effetti negativi sulla propria salute. Con la distribuzione di acqua che mette a rischio la salute delle persone, l’OSE non rispetta il suo mandato di fornire acqua potabile sicura a tutti».