Contro la siccità italiana indispensabile incrementare «depurazione e riuso delle acque reflue»

Ma dei conseguenti scarti chi se ne occupa? Ogni anno nel Paese ne vengono prodotte circa 39 milioni di tonnellate/anno, molto di più di tutti i rifiuti urbani messi insieme

[21 Giugno 2017]

Oggi è solo il primo giorno d’estate, ma in Sicilia le riserve d’acqua sono già in bilico a causa di cambiamenti climatici e siccità: le riserve idriche sono calate del 15% negli ultimi dodici mesi, facendo mancare negli invasi dell’isola oltre 75 milioni di metri cubi di acqua. È in questo contesto di progressiva desertificazione che si apre a Palermo Watec Italy 2017, la mostra convegno dedicata alla gestione e alla salvaguardia della risorsa idrica curata da Kenes Exhibitions con la collaborazione di Regione Sicilia e Università di Palermo.

Sono essenzialmente tre le grandi sfide che attendono il servizio idrico nazionale, viste attraverso gli esperti di Watec: incrementare la depurazione (4 persone su 10 in Italia non sono collegate a un impianto) e il riuso delle acque reflue; sviluppare la dissalazione, che oggi fornisce soltanto lo 0,1% dell’acqua potabile nel nostro Paese; portare a 80 euro annui pro capite gli investimenti sulla rete idrica, ora fermi a quota 32 euro.

Il primo punto messo in evidenza è lo stesso celebrato dall’Onu nel marzo di quest’anno con toni enfatici: nel rapporto presentato in occasione della Giornata mondiale dell’acqua si parlava delle acque reflue come di una risorsa «inesplorata». Un aggettivo che vale più che mai per il contesto italiano.

Come ricordano da Watec, l’Italia è «27esima nella classifica Ocse della popolazione collegata a un impianto di trattamento delle acque reflue, ovvero quasi fanalino di coda: peggio di noi solo Turchia, Slovenia e Messico. Il 60,83% è lontanissimo dalla leadership di Cile e Olanda, rispettivamente con 99,93% e 99,40%, ma molto meglio di noi fanno anche altri Paesi del Mediterraneo tra cui Spagna (97,80%) e Grecia (92,03%). Un sistema di riuso delle acque ha certamente ricadute economiche positive, e l’Italia è uno dei Paesi europei con il potenziale di sviluppo più alto».

Potenziale non sfruttato però, in quanto in primis continuano a mancare gli impianti industriali sul territorio: sia per la fase di depurazione, sia per la gestione dei nuovi rifiuti che la depurazione genera.

Secondo i più aggiornati dati messi a disposizione dall’Ispra, in Italia i rifiuti speciali CER19 – ovvero quei “rifiuti prodotti dagli impianti di trattamento dei rifiuti e delle acque reflue e da quelli di potabilizzazione dell’acqua e della sua preparazione per uso industriale” – ammontano a circa 39 milioni di tonnellate/anno, una cifra enormemente superiore a quella dei rifiuti urbani prodotti in tutto il Paese, che si fermano a 29,5 milioni di tonnellate/anno. Eppure, dei rifiuti da depurazione – per i quali assai difficilmente sarebbe ipotizzabile una riduzione – il sistema-paese preferisce non occuparsi, tranne quando finiscono per dare scandalo.

Come spiegato da Utilitalia (la Federazione delle imprese di acqua ambiente e energia) già in occasione della Giornata mondiale dell’acqua, in Italia «si trattano e si riusano ogni anno 233 milioni di metri cubi di acque reflue. Ma se i processi di depurazione da un lato producono acqua da riusare, dall’altro producono fanghi di depurazione, in quantità proporzionale al grado di affinamento della depurazione. Ogni abitante, mediamente, produce ogni anno 18 kg di fanghi di depurazione che vengono utilizzati prevalentemente come fertilizzanti in agricoltura, essendo ricchi di azoto, fosforo, sostanze organiche e micronutrienti. In Italia, a differenza di altri Paesi Ue, la legge che ne consente l’utilizzo è differente regione per regione, con gravi complicazioni dal punto di vista della logistica e del processo industriale».

«È evidente come l’applicazione dei principi dell’economia circolare anche alle risorse idriche avrebbe effetti virtuosi – è la chiosa del presidente di Utilitalia – La normativa europea, infatti, sta andando nella direzione di incentivare il riuso delle acque che vengono depurate e la valorizzazione dei fanghi che derivano dalla depurazione».

L. A.