La Corte di giustizia internazionale mette fine alla guerra delle Aguas del Silala tra Bolivia e Cile

Risorsa idrica internazionale: Bolivia e Cile devono farne un uso equo e ragionevole

[2 Dicembre 2022]

Leggendo la sentenza della Corte internazionale di giustizia (ICJ) dell’Aia sulla controversia tra Bolivia e Cile riguardo alle Aguas del Silala, la presidente della ICJ, Joan E. Donoghue, ha evidenziato che «La natura internazionale di questa risorsa idrica è riconosciuta da Bolivia e Cile, motivo per cui la Corte non si è pronunciata su questo punto». La sentenza, inappellabile, stabilisce che l’ICJ «Non è chiamata a prendere alcuna decisione sui punti della controversia tra Bolivia e Cile sull’utilizzo delle acque del Silala».

Il Silala, un corso d’acqua lungo 56 km, nasce nelle bofedales, le zone umide di alta quota nel ituate nel dipartimento boliviano sud-occidentale di Potosí, considerate di grande importanza per ecosistemi fragili che costituiscono habitat di specie rare che sono state colpite dalle infrastrutture idriche. Durante il loro percorso, le Aguas del Silala attraversano il territorio del nord del Cile e sfociano nell’Oceano Pacifico. Secondo uno studio commissionato a esperti internazionali dal governo della Bolivia, nel 1928 la Compañía Ferrocarril Antofagasta Bolivia costruì 46 rami artificiali lungo 6 chilometri per modificare il corso delle acque provenienti dalle sue sorgenti.

La controversia che si trascinava dal 2016, quando il governo di centro-sinistra cileno dell’allora presidente Michelle Bachelet chiese  all’ICJ di dichiarare formalmente il Silala corso d’acqua internazionale, soggetto a regolamenti specifici, per garantire i diritti del Cile all’uso o di quella risorsa idrica nel suo territorio. Nel 2018, il governo di sinistra della Bolivia, allora presieduto da Evo Morales, rispose con la richiesta  alla Corte Internazionale di Giustizia di riconoscere i suoi diritti sulla portata artificiale del fiume, a causa del sistema di canali costruiti per raccogliere l’acqua dalle sorgenti e che il Cile pagasse un risarcimento per l’uso di quelle risorse.

Le ultime udienze prima della sentenza di ieri si erano svolte ad aprile, quando le parti hanno esposto le loro argomentazioni e hanno avuto la possibilità di dibattere. In queste udienze, l’agente della Bolivia davanti all’ICJ, il diplomatico Roberto Calzadilla, ha chiesto all’ICJ di «Dichiarare la sovranità boliviana sul flusso artificiale delle acque Silala» e ribadito che «Il Cile non possiede diritti su quel corso d’acqua».

L’agente cileno, Ximena Fuentes, ha chiesto all’ICJ di «Respingere le argomentazioni della Bolivia», sostenendo che «Facendo una differenza tra cause naturali e artificiali, la dichiarazione boliviana manca di una base legale». Il Cile ha insistito sulla validità del diritto consuetudinario sulle Aguas del Silala  che considera un corso d’acqua internazionale.

Il Cile aveva anche chiesto all’ICJ di dichiarare che «La Bolivia è obbligata a prendere misure per prevenire l’inquinamento idrico, nonché a cooperare e notificare tempestivamente al Cile le misure che potrebbero avere un effetto negativo sulle risorse delle falde acquifere condivise».

La sentenza dell’ICJ ha rilevato a stragrande maggioranza che «In 6 degli 8 punti in discussione c’erano evidenti coincidenze che eliminavano la necessità di un pronunciamento, poiché non c’è dubbio che  il Silala è un corso d’acqua internazionale e che le parti sono d’accordo su esso.

Sui restanti punti, l’ICJ ha respinto una denuncia del Cile sulla presunta violazione del suo obbligo di cooperazione da parte della Bolivia e un’altra della Bolivia sull’accesso alle acque superficiali del Silala. La sentenza salomonica dell’ICJ consente a entrambi i Paesi di ritenersi soddisfatti.

La CIJ ha respinto la richiesta della Bolivia di essere risarcita dallo Stato cileno per l’uso delle acque del fiume in passato e la Donoghue ha aggiunto che «La Corte ritiene che le modifiche che aumentano il flusso superficiale di un corso d’acqua non hanno alcuna relazione con la sua caratterizzazione come corso d’acqua internazionale. Gli esperti nominati da entrambe le parti in causa convengono che le Aguas del Silala, sia superficiali che sotterranee, costituiscono un insieme unitario che scorre dalla Bolivia al Cile e ad una foce comune». Ma a la CIJ ha anche preso atto delle dichiarazioni del Cile secondo le quali «Non vi è dubbio che la Bolivia abbia il diritto sovrano di smantellare i canali e ripristinare le zone umide nel suo territorio, in conformità con il diritto internazionale».

La sentenza ha quindi riconosciuto il diritto del Cile di utilizzare le Aguas del Silala, così come il diritto sovrano della Bolivia di smantellare o apportare modifiche ai canali artificiali che trasportano l’acqua dal suo territorio al Paese vicino. La Corte ha invitato i due Paesi sudamericani a cooperare e ha ritenuto che la maggior parte delle controversie fosse stata risolta durante il processo giudiziario, quando le parti sono riuscite a fare passi in avanti su punti di accordo.

Inoltre, la ICJ  ha accolto con favore la disponibilità dell’Estado Plurinacional de Bolivia a cooperare per la risoluzione della controversia con la República de Chile  e l’accettazione da parte del Cile che la Bolivia possa decidere sul destino del canale artificiale che è stato  costruito e incorporato nella risorsa idrica quasi cento anni fa.

Il ministro degli esteri boliviano, Rogelio Mayta, ha fatto notare che con la sentenza «La sentenza ha chiarito che la Bolivia ha il diritto a un uso equo e ragionevole delle Aguas del Silala, quindi è chiaro che il Cile non ha il diritto acquisito di utilizzare tutte le acque come ha affermato nella sua richiesta. Allo stesso modo, la Corte ha stabilito che la Bolivia ha diritto alla canalizzazione che è stata effettuata nel suo territorio. L’ICJ ha posto fine alla controversia tra le due nazioni, quindi ora la Bolivia eserciterà i diritti che ha su questa risorsa idrica».

Il presidente della Bolivia, Luis Arce Catacora ha evidenziato che «La sentenza della Corte internazionale di giustizia (ICJ) ratifica i diritti della Bolivia sulle Aguas del Silala e la sovranità sullo smantellamento dei canali artificiali costruiti per trasportare le acque verso il Cile. La Bolivia ha risolto la controversia con una nazione sorella grazie al lavoro basato su studi scientifici e sulla nostra strategia di relazioni internazionali. Continueremo questo lavoro a beneficio dei popoli».

Il ministro Mayta ha fatto notare «La decisione del tribunale di respingere le 5 petizioni che il Cile ha presentato all’inizio del processo nel 2016. La Corte non ha preso una decisione sullo status di Silala, ma nella sua parte di esame ha fatto riferimento al fatto che le acque scorrono attraverso condutture artificiali. La Corte ha ritenuto che, in Bolivia, sulla base delle stesse dichiarazioni del Cile durante tutto il processo, ha il diritto di smantellarle quando lo riterrà opportuno. La Corte ha anche espresso nelle sue considerazioni sul fatto che che il Cile non ha alcun diritto acquisito sull’uso totale delle Aguas del Silala, come ha affermato nel suo ricorso, sebbene sia prudente sottolineare che durante tutto lo sviluppo del processo, e in particolare nella fase delle difese orali, il Cile ha ravvisato la necessità di chiarire tale affermazione. Ebbene, il tribunale nelle considerazioni ha affermato che il Cile non può avere né ha dichiarato espressamente pretese di tale portata. Nel processo è prevalsa la strategia boliviana volta a risolvere questo caso sulla base di criteri scientifici e di diritto internazionale». Il ministro degli esteri boliviano ha ricordato «La decisione del governo di affidare la consulenza internazionale al Danish Hydraulic Institute (DHI), che dopo un anno di lavori ha stabilito che “le acque del Silala provengono da sorgenti che si trovano in territorio boliviano, ma che scorrono verso e attraversano il confine con il Cile”». Mayta  ha concluso sottolineando «La necessità di tenere colloqui con il Cile sulla base della Roadmap concordata a La Paz nel 2021, al fine di costruire un’agenda di fiducia reciproca».

Il presidente del Cile, Gabriel Boric, ha detto che «La sentenza pronunciata dalla Corte internazionale di giustizia dell’Aia è stata categorica. Il Cile si è rivolto alla Corte per la certezza del diritto e l’ha ottenuta. Primo, si conferma che il fiume Silala è un corso d’acqua internazionale, il cui uso, nella sua interezza, è regolato dal diritto internazionale consuetudinario. In questo contesto, credo sia necessario sottolineare che il nostro Paese ha avanzato la sua richiesta di riconoscimento di 100 anni di pratica relativa all’uso congiunto, ragionevole ed equo del fiume Silala già nel 2016, prima che la Bolivia mettesse in discussione il diritto del Cile a beneficiare di questo corso d’acqua internazionale.  Durante il processo giudiziario, la Bolivia ha gradualmente riconosciuto le posizioni cilene e le ha accettate, riconoscendo che il sistema idrico del fiume Silala è un corso d’acqua internazionale e che sia il Cile che la Bolivia hanno il diritto a un uso equo e ragionevole delle sue acque. Viene così confermata la nostra affermazione, il cui obiettivo era raggiungere la certezza del diritto sul carattere del fiume Silala in futuro e risolvere una controversia tra due Stati confinanti.  Secondo, si riconosce – e questo è molto importante – che l’uso che il Cile ha storicamente fatto e l’uso che il Cile sta attualmente facendo delle acque del fiume Silala è conforme all’uso equo e ragionevole stabilito dal diritto internazionale. Terzo, altrettanto importante, stabilisce che il Cile non deve alcun compenso all’Estado Plurinacional de Bolivia per l’uso che ha fatto delle acque del fiume Silala. Questo è rilevante, perché ancora una volta il Cile ottiene la certezza del diritto su una questione inizialmente contestata dalla Bolivia. Quarto, ci sembra importante per le relazioni future, conferma che esiste un dovere di cooperazione per quanto riguarda l’uso dell’acqua in caso di possibili danni significativi, che per il Cile è importante per il futuro. che possono essere effettuati rispetto al Silala che eventualmente comportano rischi in futuro. In questo modo, il nostro Paese può stare tranquillo con la sentenza della Corte, abbiamo ottenuto la certezza del diritto che cercavamo e le questioni controverse sono state definitivamente risolte secondo il diritto internazionale in conformità con le affermazioni del Cile».

Boric  ha poi voluto ribadire «La volontà del nostro Paese è, d’ora in avanti, quella di continuare a lavorare con la fraterna Repubblica di Bolivia, avendo risolto questo problema, in uno spirito di buon vicinato, collaborazione e integrazione su tutte le questioni che richiedono la cooperazione tra entrambi membri, approfondendo i nostri legami e dando continuità al lavoro iniziato durante il precedente governo, del presidente Piñera, quello che è noto come l’Agenda de los 12 Puntos, durante questo mandato abbiamo fatto progressi e abbiamo avuto riavvicinamenti con il governo del presidente Luis Arce. Dopo questa sentenza, possiamo concentrarci su ciò che ci unisce e non su ciò che ci separa, promuovendo così la cooperazione per contribuire allo sviluppo dei nostri Paesi e dei nostri popoli».

Il portavoce boliviano, Sebastián Michel, ha annunciato che «La decisione di smantellare definitivamente i canali, in modo che le paludi di Silala tornino al loro stato naturale, non sarà presa immediatamente o alla luce della sentenza della Corte. Ritieniamo necessario stabilire un riavvicinamento con le autorità cilene, aprendo anche la possibilità di convocarle ad un incontro per il mese di gennaio del prossimo anno».

Si conclude quindi in un pareggio la nuova disputa tra Bolivia e Cile di fronte alla CIJ, che fa seguito alla controversia sull’accesso al mare della Bolivia, culminata nell’ottobre 2018 con una sentenza con la quale la CIJ ha concluso  che il Cile non è legalmente obbligato a negoziare l’accesso sovrano all’Oceano Pacifico della Bolivia.