Si tratta dell’invaso più importante dell’Italia centrale

Dighe contro la siccità? A Montedoglio c’è acqua ma non le reti per portarla nei campi

Anbi: «L'acqua non manca ma è impossibile completare i distretti irrigui, per la mancanza di risorse e di un adeguato supporto normativo»

[6 Aprile 2023]

Insieme alla crisi idrica anche la siccità avanza rapida in Toscana, dove si programma la realizzazione di un nuovo grande bacino artificiale – quello di San Piero in Campo, in Val d’Orcia – che dovrebbe aggiungersi a quelli di Bilancino e di Montedoglio. Ma quest’ultimo ad oggi opera ben al di sotto delle sue potenzialità.

Dall’Associazione che riunisce i Consorzi di bonifica a livello nazionale (Anbi) denunciano infatti che la diga di Montedoglio – l’invaso più importante dell’Italia centrale, coi suoi 140 mln di metri cubi d’acqua – non presenta le condizioni adeguate per ridistribuire la risorsa idrica tra le coltivazioni del territorio.

«Le condotte primarie ci sono, i laghetti di accumulo pure, ma ormai da anni mancano le reti per consegnare la risorsa alle aziende agricole che, causa siccità, fanno fatica a continuare a produrre ed a rimanere sul mercato – spiega Serena Stefani, presidente del Consorzio di bonifica 2 Alto Valdarno – L’ente consortile si deve confrontare ogni giorno con la difficoltà di portare acqua all’agricoltura della Valdichiana Senese e Aretina, nonché della Valtiberina,  dove insistono imprese competitive, il cui sviluppo è rallentato o minato dall’assenza di risorsa idrica. Eppure, in questo territorio l’acqua non manca, perché la diga di Montedoglio rappresenta un “polmone” importante, ma è impossibile completare i distretti irrigui, per la mancanza di risorse e di un adeguato supporto normativo».

Ciò non toglie, ovviamente, la contemporanea necessità di investire per rendere meno esigenti le coltivazioni sotto il profilo idrico. Per ovvi motivi l’agricoltura rappresenta il settore economico più direttamente esposto agli effetti della siccità, ma è anche quello maggiormente responsabile del consumo di acqua: dei 26 mld di metri cubi usati annualmente in Italia, il 55% finisce nei campi.

«Di fronte alla crisi climatica non solo è necessario realizzare nuovi bacini per trattenere le acque di pioggia sul territorio – aggiunge Francesco Vincenzi, presidente Anbi – Bisogna efficientare la rete idraulica esistente, completando gli schemi idrici e ripulendo bacini, la cui capienza è complessivamente ridotta di oltre il 10%  per la presenza di sedime sul fondale. Il Piano Anbi, a disposizione del Paese, prevede 858 interventi per un investimento di quasi 4 miliardi e 340  milioni di euro, capaci di garantire oltre 21.000 posti di lavoro. Non è infatti possibile perseguire l’obbiettivo dell’autosufficienza alimentare, senza garantire una risorsa indispensabile come l’acqua».

È comunque evidente che la realizzazione di nuovi invasi, per quanto necessaria, non possa rappresentare una pallottola d’argento contro la siccità. Occorre dunque intervenire su più fronti. Ammodernando i vetusti acquedotti italiani – il 60% è in funzione da più di 30 anni – che perdono oltre il 40% della risorsa idrica che trasportano (anche a causa di investimenti nel servizio idrico, pari a 56€ annui procapite contro una media Ue di 82€); investendo in agricoltura di precisione, dato i campi assorbono da soli il 55% del consumo d’acqua nazionale; puntando sulle soluzioni basate sulla natura (Nbs), ad esempio rinaturalizzando i fiumi e la rete idrica superficiale, o realizzando “città spugna” e Aree forestali d’infiltrazione per ricaricare le falde.

Senza dimenticare, naturalmente, la crisi climatica alle radici della siccità in corso: per contrastarla in modo efficace, l’unico modo è tagliare in modo rapido e robusto le emissioni di gas serra legate all’uso dei combustibili fossili.