L’Istituto per la dinamica dei processi ambientali conferma: «Livelli trascurabili per la salute»

Cnr, ecco quanto mercurio c’è nelle acque minerali italiane

Sono state raccolte e analizzate in laboratorio 244 acque confezionate in bottiglia di 164 marche, rappresentanti il 64% dell’intero mercato italiano

[24 Maggio 2019]

Il mercurio è uno dei contaminanti più dannosi, in particolare nell’ambiente acquatico, dato che anche l’esposizione a basse dosi può provocare «effetti avversi sul sistema nervoso centrale del feto, del bambino e dell’adulto e provoca, inoltre – come spiega Massimiliano Vardè del Cnr-Idpa – significativa tossicità renale ed epatica, diminuzione della fertilità, alterazioni del sistema immunitario e danni al sistema cardiovascolare». Indagare la sua presenza o meno nelle acque minerali italiane è una domanda dunque tutt’altro che peregrina.

A occuparsene è stato l’Istituto per la dinamica dei processi ambientali del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Idpa) ha coordinato uno studio sulle concentrazioni di mercurio (Hg) nelle acque minerali naturali italiane in bottiglia in collaborazione con l’Istituto di nanotecnologia (Cnr-Nanotec), l’Università della Calabria (Unical), le Università Sapienza di Roma, degli Studi di Ferrara, Ca’ Foscari di Venezia e Magna Graecia di Catanzaro.

«Nel biennio 2014-2016 – dettaglia Vardè – sono state raccolte e analizzate in laboratorio, con una tecnica analitica specifica per la determinazione del mercurio (Hg) in ultra-tracce, 244 acque confezionate in bottiglia di 164 marche, rappresentanti il 64% dell’intero mercato italiano. I dati raccolti forniscono informazioni fino ad oggi assenti, confermando i livelli trascurabili di Hg nelle acque in bottiglia italiane, circa mille volte inferiori rispetto al valore limite di 1 microgrammo per litro previsto dalla Direttiva Europea 2003/40/CE».

Oltre alla valutazione della qualità dell’acqua rispetto all’elemento tossico, la ricerca ha fornito importanti indicazioni in merito all’origine del mercurio nelle acque sotterrane. «Lo studio ha messo in luce infatti – conclude Vardè – una relazione diretta fra le concentrazioni di Hg misurate e le caratteristiche litologiche degli acquiferi e quindi ai processi di interazione acqua-roccia innescati durante il deflusso profondo. È stata osservata in tal modo una correlazione diretta dei livelli di Hg in acquiferi di aree di origine vulcanica e nei siti geotermici e minerari (estrazione di metalli), dimostrando come nelle suddette aree vi siano condizioni favorevoli in termini di disponibilità e mobilità dell’elemento. L’approccio proposto può rappresentare così un’alternativa economica per ottenere una prima indicazione sulla chimica del mercurio nelle acque sotterrane su scala nazionale».