Arabia Saudita, entro tre anni proibite le colture agricole: consumano troppa acqua

I sauditi coltiveranno foraggio in Sudan e comprano carne in Brasile e grano in Canada

[29 Dicembre 2015]

Secondo Ecofin Agency, dopo il Brasile la Saudi Agriculture and Livestock Co (Salic)  punta sul Sudan, dove ha intenzione di comprare terre arabili per coltivarci foraggio.  La Salic, che è una filiale dei fondi pubblici di investimento sauditi ha annunciato il suo progetto all’indomani dell’acquisizione con 188,4 milioni di dollari del 19,95% del capitale della Minerva Foods SA, una multinazionale che esporta carne bovina, anche halal, cioè macellata secondo gli standard islamici, in più di 100 Paesi del mondo. L’ingresso dei sauditi dovrebbe consentire alla Minerva Foods di estendere le sue attività in nuovi mercati del Medio Oriente.

Ecofin Agency spiega che «Questa operazione si inscrive nel quadro della strategia saudita che consiste nel sopprimere le culture agricole nel regno a causa del loro grande consumo d’acqua che mette in pericolo le riserve dell’Arabia Saudita. Riyadh punta dunque sulla delocalizzazione dell’attività Agricola acquistando delle terre e sfruttandole in altri Paesi». Insomma landgrabbing in grande stile.

Il direttore della Salic, Abdullah Aldubaikhi, ha detto alla Reuter che  «Il Sudan sarebbe il posto ideale per la coltivazione del foraggio, grazie alla disponibilità d’acqua del Paese e al suo clima». La Salic, che investe sulla carne di manzo e su otto colture strategiche, tra le quali grano, orzo e soia, ad aprile ha fatto una joint venture con Bunge Canada Limited per creare la G3 Global Grain Group che ha subito messo sul piatto 180,3 milioni di dollari per acquisire la maggioranza della canadese CWB, organizzazione leader del marketing del grano in Canada.

Per Salic il Sudan rappresenta un progetto particolarmente importante, una specie di “Arabia Saudita 2” al di là del Mar Rosso dove poter coltivare il foraggio, cosa che verrà completamente proibita sul territorio saudita entro 3 anni. C’è quindi da aspettarsi che la penuria idrica, i costi della desalinizzazione e i cambiamenti climatici in corso spingano anche le altre monarchie petrolifere assolute del golfo ad aumentare il loro già esteso ed aggressivo landgrabbing in Africa e in altri Paesi vicini e lontani, per assicurarsi la produzione e gestione dei rifornimenti alimentari, senza doverli importare interamente a caro prezzo.

Un’operazione che probabilmente si tradurrà in ulteriore insicurezza alimentare per i Paesi che svenderanno i loro territori.