Utilitalia: «È necessario continuare a incrementare il livello degli investimenti»

Acqua potabile, per garantire approvvigionamenti sicuri all’Italia servono 7,2 miliardi di euro

Legambiente: «Facciamola diventare una priorità a livello nazionale, la prima grande opera pubblica del nostro Paese»

[3 Ottobre 2019]

I cambiamenti climatici, insieme agli sprechi e all’inquinamento delle risorse idriche che ancora oggi affliggono l’Italia, rendono sempre più necessario e urgente un nuovo approccio alla gestione dell’acqua: i tre concetti chiave per impostare il cambio di rotta, emerse dal Forum nazionale organizzato oggi da Legambiente, sono tutela, zero sprechi e riuso.

«Partiamo da quanto di buono è stato già messo in campo finora – spiega il direttore generale di Legambiente, Giorgio Zampetti – da quei gestori del servizio idrico integrato e dai Comuni che hanno messo l’acqua al centro delle loro priorità, e facciamola diventare una priorità a livello nazionale, la prima grande opera pubblica del nostro Paese. Occorre affrontare e risolvere le criticità presenti, dalla depurazione alla tutela dall’inquinamento e alla riduzione dei prelievi, e garantire l’accesso all’acqua per tutti, anche per le generazioni future. Per questo è sempre più necessario rispondere in maniera efficace a quanto richiesto a gran voce da milioni di cittadini italiani con il referendum del 2011». Ma in che modo? «Mettendo insieme tutti gli attori in gioco per garantire un servizio equo, efficiente e sostenibile».

Un approccio che appare dunque distante da quello proposto attraverso la proposta di legge sull’acqua pubblica avanzata da Federica Daga (M5S) e oggi in corso d’esame parlamentare, che prevede un radicale riassetto dei servizi idrici a discapito della loro efficienza e necessità d’investimenti. La pdl rischia infatti di stravolgere quanto fatto negli ultimi anni, a partire dal contesto creatosi grazie alla regolazione di un’Authority indipendente come l’Arera, che ha dato un nuovo impulso sulla strada già segnata dalla Legge 36/94 “Galli”. Il risultato è che l’acqua in Italia è da sempre un bene comune, che già oggi il 97% della popolazione italiana è servita da soggetti pubblici o in maggioranza pubblici, e soprattutto che gli investimenti nel servizio idrico nazionale ammontano a 3,6 miliardi di euro/anno, in netto aumento (circa il triplo) rispetto al 2013.

Di fronte alle sfide che l’Italia ha di fronte è evidente come sia necessario fare di più su molteplici versanti, non tornare indietro. Come ricordano da Legambiente, infatti, l’Italia ha il primato europeo dei prelievi di acqua per uso potabile: 428 litri per abitante al giorno. Stando ai dati Istat, il 47,9% dell’acqua prelevata viene dispersa a causa delle perdite di rete. Eppure la risorsa idrica non è infinita. L’anno scorso, sei Regioni su 20 hanno dichiarato lo stato di emergenza per carenza idrica, anche nel settore potabile, e nel 2017 i quattro principali bacini – Po, Adige, Tevere e Arno – hanno ridotto le portate medie annue del 40% rispetto al trentennio precedente; un tema che riguarda da molto vicino anche l’agricoltura, che rappresenta circa il 50% del totale degli usi a livello nazionale, anche perché già oggi più del 60% dei fiumi e dei laghi italiani non raggiungono il livello di “buono stato ecologico” previsto dalla direttiva quadro Acque. Senza dimenticare gli interventi sul fronte della depurazione, resi urgenti anche dalle quattro procedure di infrazione aperte dall’Ue a causa della cattiva depurazione del nostro Paese, che coinvolgono 1.122 agglomerati urbani e 32 aree sensibili, di cui due sono già sfociate in condanna e altre potrebbero arrivare presto. Al proposito per ridurre i prelievi di acqua e gli scarichi nei corpi idrici, occorre praticare seriamente il riutilizzo delle acque reflue depurate nell’industria, in agricoltura e nell’ambito civile; per far questo non serve “solo” investire in tecnologie e impianti innovativi ed efficaci, ma sono necessari anche interventi normativi come la modifica del decreto 185/2003 del ministero dell’Ambiente.

«Il nostro Paese – conclude Giordano Colarullo, direttore generale di Utilitalia (la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche) – si ritrova ad affrontare sempre più spesso problemi di siccità d’estate, alluvioni in autunno e grandi rischi idrogeologici. Dopo decenni di investimenti insufficienti e legati alle stagionalità politiche, il settore idrico ha intrapreso un deciso percorso di miglioramento nell’ultimo periodo; ciò grazie a uno sviluppo delle gestioni in un’ottica industriale, al raggiungimento di maggiori efficienze del servizio ottenuto con una maggiore dimensione delle aziende, nonché ai positivi effetti della regolazione, che sta spingendo il sistema delle imprese verso una migliore offerta ai cittadini. È necessario continuare a incrementare il livello degli investimenti per recuperare il gap infrastrutturale. Ora il cambiamento climatico mette i gestori di fronte a nuove sfide: per garantire nei prossimi anni un approvvigionamento sicuro di acqua potabile, ad esempio, sono necessari investimenti pari a 7,2 miliardi di euro».