Massimiliano Mazzanti spiega la ricerca condotta per l’Agenzia europea dell’ambiente

Risorse naturali, il problema con le tasse è che sono troppo basse

È possibile un sistema fiscale verde per incentivare i materiali riciclati e risparmiare quelli vergini, «senza pregiudicare l'attività economica e l'occupazione»

[3 Novembre 2015]

Le risorse naturali sono alla base di tutte le attività umane. Un concetto semplicissimo, tanto elementare da essere sistematicamente rimosso. Eppure, senza che vi prestiamo attenzione, ogni giorno passa sotto al nostro naso un ammontare incredibile di risorse naturali, indispensabili alla nostra sopravvivenza e a quella delle società moderne; il problema è che quest’ammontare non fa che aumentare. L’Unep (il Programma ambientale delle Nazioni unite) stima che l’estrazione globale delle risorse arriverà nel 2050 a toccare le 140 miliardi di tonnellate l’anno: nel 2005 erano 60, meno della metà. È un trend che, semplicemente, non possiamo sostenere.

La teoria economica classica suggerisce che non è comunque il caso di preoccuparsi. Se le risorse naturali in questione sono così scarse, allora le relative curve di domanda e offerta guideranno automaticamente i prezzi fuori mercato, e ogni rapina alla natura cesserà. Sfortunatamente, le cose non stanno andando così. Attualmente i prezzi delle risorse naturali non riflettono adeguatamente né la scarsità in termini geologici né le esternalità negative attinenti il loro sovra-sfruttamento: la conseguenza è che le risorse naturali non risultano impiegate in modo efficiente.

Da questo fondamentale presupposto nasce la ricerca Material resource taxation an analysis for selected material resources. Lo studio, appena pubblicato, è frutto dell’analisi condotta in seno all’European topic centre on waste and materials in a green economy (Etc/Wmge), un consorzio internazionale che riunisce sotto il cappello dell’Agenzia europea dell’ambiente 9 istituti di ricerca: per l’Italia, l’Ircres-Cnr e Seeds.

«Il lavoro – ci spiega Massimiliano Mazzanti, direttore del Seeds e co-autore della ricerca con il collega Roberto Zoboli – che discute il ruolo delle politiche ambientali ed economiche, soprattutto fiscali, per l’aumento dell’efficienza nell’uso delle ‘risorse’ ambientali estratte dal sottosuolo (materials), all’interno delle strategie europee di Resource efficiency. Si nota la rilevanza degli strumenti fiscali al fine di fornire incentivi di prezzo per un uso maggiormente efficiente, e generare risorse ex novo per interventi di bonifica ex post del territorio, in un’ottica ‘sostenibile’di investimenti e compensazioni. La bassa sensibilità dell’uso di materiali al prezzo fa però riflettere sull’insufficienza degli strumenti di prezzo. Diventa rilevante integrare il discorso sull’efficienza delle risorse (un minore uso ed estrazione delle stesse per unità di Pil) nell’ottica ampia dell’economia circolare, con enfasi su riuso e riciclo dei materiali».

La ricerca dell’Etc/Wmge attua un approccio ad ampio raggio, per focalizzarsi poi sui tre frazioni merceologiche in particolare: ferro e acciaio, rame, fosforo. Tutti elementi fondamentali per la manifattura italiana e – il caso dell’acciaio è emblematico – fortemente bisognosi di rinnovare i propri cicli produttivi nell’ottica della sostenibilità, per avere una solida prospettiva di futuro.

Per tutti questi materiali, vale l’assunto comune per la gran parte delle risorse naturali non rinnovabili: al contrario di quanto accade per l’energia (con l’Italia che da sempre eccelle nell’imposizione di balzelli e accise), il livello della tassazione è attualmente molto basso negli stati membri dell’Ue. Questo è un male per l’ambiente, ma anche per l’economia, che non riesce a trovare lo stimolo per evolvere da modelli di crescita che oggi non possiamo più permetterci. Non a caso lo studio commissionato dall’Agenzia europea dell’ambiente «si concentra sulle potenziali implicazioni di una tassa sulle risorse non rinnovabili e sui materiali come strumento per innescare l’efficienza delle risorse e ridurne la domanda, senza pregiudicare l’attività economica e l’occupazione». Anche quando le risorse in questione sono estratte al di fuori dai confini dell’Ue, i mezzi – come il Border tax adjustment (Bta), i cosiddetti aggiustamenti fiscali alla frontiera – già ci sarebbero.

Ancora una volta l’acciaio è caso emblematico. Il più importante sito per l’estrazione di minerale di ferro dell’Ue si trova a Kiruna, in Svezia: da questa miniera si estrae appena l’1,2% del minerale mondiale, che rappresenta però al contempo il 70% di tutto quello europeo. Oggi il prezzo del ferro e dell’acciaio sui mercati è sottoposto a forte volatilità, e l’unico mezzo che in Europa e in Italia abbiamo per difenderci efficacemente è quello di tassare al meglio le materie prime vergini e puntare sulle nostre miniere urbane: un fattore di competitività economica e ambientale che è possibile incentivare – si argomenta nel rapporto – tramite regimi fiscali progettati in modo che solo i materiali vergini, e non i loro equivalenti riciclati, siano tassati.

«Nel campo dei materiali, a differenza di clima-energia, più che la riduzione dell’uso delle risorse, comunque importante, e la loro sostituzione con altri input, è decisivo ‘chiudere’ i sistemi produttivi, facendo diventare gli output degli input. Infatti – conclude l’economista Mazzanti, che da sempre fa parte del think tank di greenreport, Ecoquadro – non sempre la sostituzione indotta tra materiali è efficiente (es. alluminio per il rame, scelta altamente intensiva in uso di energia e risorse). Il sistema dei prezzi indotti dalle policy deve correttamente individuare e colpire i materiali vergini a favore di quelli secondari, per sostenere l’economia circolare. La sostenibilità può essere ulteriormente migliorata e raggiunta usando le risorse fiscali derivanti dalle ‘material tax’ per fini sociali e di compensazione ambientale».

Da un nuovo e più “verde” sistema fiscale passa la stretta via per imprimere sul serio una svolta positiva alla green economy italiana, ma il governo da quest’orecchio continua a rimanere sordo; la recente delega fiscale è solo l’ultimo esempio, ma il gioco vale la candela ed è indispensabile continuare a insistere. Oggi a Rimini riapre i battenti l’ormai celebre Ecomondo, la 19a edizione della Fiera internazionale del recupero di materia ed energia e dello sviluppo sostenibile, e il messaggio dovrà arrivare forte e chiaro: il Paese ha bisogno di una riforma fiscale ecologica, e ne ha bisogno adesso.