L’assessore all’Ambiente: «Non abbiamo le condizioni per essere a rifiuti zero»

Rifiuti, Livorno e Aamps in bilico tra slogan e realismo

Il Consiglio comunale boccia il bilancio, contro anche la maggioranza a Cinque stelle

[30 Settembre 2015]

Oggi è stato convocato il Consiglio comunale di Livorno per approvare, nell’ultimo giorno previsto a norma di legge, il bilancio consolidato sperimentale per l’anno 2014. Bilancio che, alla resa dei conti, è stato bocciato dal Consiglio comunale con 20 no e 3 astenuti. A votare contro non solo le opposizioni, ma anche la stessa maggioranza a CInque stelle. Come noto da tempo i dissidi nascono dal fatto che il bilancio presentato per l’approvazione era orfano della contabilità relativa alla più importante azienda partecipata dal Comune: Aamps, l’azienda – controllata al 100% dall’amministrazione cittadina – che ha in cura l’igiene urbana livornese. «Non c’è nessuna sfiducia né a me né alla giunta – è stato il commento del sindaco Filippo Nogarin – Ora si tratta di attendere alcuni giorni, il tempo tecnico di avere il bilancio Aamps, per tornare in Consiglio e votare di nuovo».

Oggi però, più ancora della bocciatura del bilancio comunale a destare sgomento è l’igiene finanziaria della municipalizzata. Come chiarito dall’assessore pentastellato al bilancio, Gianni Lemmetti, i debiti complessivi di Aamps ammontano a 49.036.548 euro, ereditati certo dagli anni passati – col Comune labronico a guida Pd – ma aumentati di altri 11 milioni di euro nel corso del 2014 (nel 2013 l’ammontare dei debiti era infatti di 37.796.550). Una voragine che ad oggi paralizza l’azienda pubblica e, con lei, anche i numerosi fornitori per i quali quei 49 milioni di euro rappresentano un credito da tempo in attesa di essere saldato.

A far slittare continuamente la presentazione del nuovo bilancio Aamps non è però questo maxi-buco, ma la quantificazione delle perdite da mettere nero su bianco alla fine dell’esercizio 2014, 120 giorni dopo il termine ultimo fissato a norma di legge per l’approvazione del bilancio. Meno 11 milioni di euro o meno 21 milioni? Nel primo caso le tasse rifiuti non riscosse in passato e ormai derubricate a crediti inesigibili verrebbero a gravare sulla Tari richiesta a (tutti) i cittadini e le imprese livornesi; la perdita in bilancio, a quel punto, potrebbe essere coperta dal capitale sociale di Aamps, che oggi ammonta a 16 milioni di euro. Se invece il Comune scegliesse di non percorrere questa strada, e in mancanza di scappatoie alternative, perdite da 21 milioni di euro avvierebbero l’Aamps al fallimento… con amare conseguenze anche per il socio unico, il Comune di Livorno.

Questo – in estrema sintesi – lo spaccato finanziario relativo all’Aamps sul quale dovrà presto arrivare un pronunciamento ufficiale, sottoforma di bilancio. In un modo o nell’altro, una volta approvato il documento, si dovrà però passare anche a definire una strategia per l’azienda e per il futuro del servizio che offre ai livornesi. Una volta finalmente pronto il piano industriale, prima definito per l’estate e poi ritirato per essere riscritto, offrirà un quadro di riferimento più preciso, ma dalla cronaca è già possibile ricavare prime impressioni di una dicotomia da sanare.

Da una parte, proposte che rimbalzano in Consiglio comunale senza apparentemente offrire alcun appiglio con la realtà. Spengere il termovalorizzatore del Picchianti, operazione per la quale i Cinque Stelle stimano necessari 10 anni e 35 milioni di euro. Estendere il porta a porta a tutta la città, senza una preventiva analisi costi-benefici (ambientali ed economici), ma solo un’approssimata stima dei primi: 5,5 milioni di euro e due anni di tempo. 40,5 milioni di euro da reperire a fronte di 49 milioni di euro di debiti già presenti, e senza una strategia industriale. Per entrambe le proposte non si intravedono infatti motivazioni definite, se non dall’ideologia, né un fine preciso: in questo caso la spinta sarebbe in toto sulla raccolta differenziata, senza poi delineare un futuro per i materiali raccolti: materiali che dovranno essere riciclati e riacquistati sul mercato (un aspetto sul cui l’amministrazione comunale latita), che andranno avviati a recupero energetico – questo indica la gerarchia europea dei rifiuti – per la frazione non riciclabile e per gli scarti derivanti dal processo di riciclo, e infine indirizzati a discarica per la parte in nessun modo recuperabile.

Una prospettiva complessa che continua sfuggire alle logiche “rifiuti zero”, con le quali – è questo il nuovo spiraglio che pare definirsi negli ultimi giorni – l’assessore all’Ambiente Giovanni Gordiani inizia a prendere le dovute misure, al contrario della maggioranza del gruppo consiliare pentastellato. «A oggi – ha dichiarato l’assessore – non abbiamo le condizioni per essere a “rifiuti zero”. Il primo obiettivo non può essere il porta a porta esteso a tutti, che da solo costa e non contribuisce a chiudere il ciclo virtuoso dei rifiuti: uno degli obiettivi primari di Aamps deve essere un centro del riciclo». Riconoscendo poi come anche «il residuo resta e da qualche parte deve andare». La gerarchia europea dei rifiuti indica come passo successivo la termovalorizzazione e non la discarica, preferita invece dall’assessore, ma è comunque un primo passo compiuto sulla strada del realismo.

Altrettanta concretezza è necessario che emerga, e il prima possibile, anche in merito all’ingresso di Aamps in RetiAmbiente e alla necessità di guardare alla gestione dei rifiuti e delle risorse in modo organico. Nel primo caso i presupposti che negano l’apertura ai privati non reggono, visti anche i risultati della gestione tutta pubblica dell’Aamps; l’importante è il (buon) controllo pubblico. Nel secondo, basti rammentare il senso delle proporzioni: in Toscana le raccolte differenziate nel loro complesso (dati Arrr, 2013) ammontano a circa 0,95 milioni di tonnellate l’anno. Rappresentano il 42,4% dei rifiuti urbani, e il 7,9% dei rifiuti totali prodotti; se si estende lo sguardo a tutti i flussi di materia che attraversano la nostra economia regionale, arriviamo infine ad abbracciare qualcosa come 70 milioni di tonnellate. Un contesto in cui Livorno si inserisce in pieno e col quale, al di là dell’efficace slogan “rifiuti zero” dovrà prima o poi fare i conti.