L’analfabetismo funzionale al tempo delle elezioni

Per l’Istituto Cattaneo «più di sette italiani su dieci sono analfabeti funzionali o hanno capacità cognitive e di elaborazione minime». Un dato di fatto che incide direttamente sull’effettiva possibilità dell’elettorato di comprendere e indirizzare lo scenario politico

[11 Febbraio 2019]

Le elezioni regionali in Abruzzo si sono appena chiuse con la vittoria del centrodestra, che ha conquistato il 48,03% dei voti (con la Lega primo partito), seguito dal centrosinistra (31,28%) e infine dal M5S (20,20%), in un contesto di profonda disaffezione: il primo partito è quello del non voto, visto che si è espresso poco più della metà (53,12%) degli aventi diritto, in netto calo rispetto alle regionali 2014 quando l’affluenza si fermò al 61,55%. Un dato che non fa ben sperare per il prossimo futuro.

La tornata elettorale appena conclusasi in Regione Abruzzo apre infatti una fase dove l’esercizio democratico delle elezioni torna a ricoprire un ruolo centrale nella vita politica italiana ed europea. Tra meno di due settimane si tornerà a votare in Sardegna, poi sarà la volta di Basilicata, Sicilia e Piemonte. A primavera le elezioni amministrative riguarderanno circa la metà dei Comuni italiani, mentre a maggio l’Unione europea chiamerà al voto i propri cittadini. L’autunno vedrà poi protagoniste Calabria ed Emilia-Romagna, fino ad arrivare nel 2020 a Regioni come la Toscana (senza escludere nel mentre la possibilità di elezioni anticipate a livello nazionale). Non c’è dunque momento più urgente per tornare a riflettere sull’effettiva possibilità dell’elettorato italiano di comprendere e indirizzare lo scenario politico attraverso il proprio diritto-dovere di voto.

Un contributo determinante in materia arriva dalla Fondazione Giangiacomo Feltrinelli e il suo Le conseguenze del futuro – Conoscenza. Il bisogno di sapere, all’interno del quale spicca il contributo dell’Istituto Carlo Cattaneo – firmato dall’economista Pier Giorgio Ardeni – sull’Analfabetismo funzionale e condizioni socio-economiche in Italia. Un’analisi che riporta all’attualità i più recenti studi in materia, a partire da quelli del compianto Tullio De Mauro al più recente Piaac condotto sotto il cappello dell’Ocse sulle competenze degli adulti (16-65enni) di cui abbiamo già dato conto su queste pagine.

«Con analfabetismo funzionale si intende – ricordano dall’Istituto Cattaneo – l’incapacità di un individuo di usare in modo efficiente le abilità di lettura, scrittura e calcolo nelle situazioni della vita quotidiana». Un analfabeta funzionale è apparentemente autonomo, magari anche in grado di usare apparecchi come gli smartphone, ma «non è capace di leggere e comprendere la società complessa nella quale si trova a vivere». Ed è in questa condizione, secondo lo studio Piaac, che vive larghissima parte degli adulti italiani.

Se è vero che il fenomeno dell’analfabetismo funzionale ha «gravi dimensioni in tutti i paesi studiati», dall’ultima indagine Piaac emerge che il nostro Paese si colloca all’ultimo posto della graduatoria nelle competenze alfabetiche e al penultimo posto per le competenze matematiche e di calcolo. Su sei livelli di competenza (da 0 a 5), oltre il 70% degli adulti italiani si colloca al di sotto del livello 3, quello dove iniziano le «competenze considerate necessarie per interagire in modo efficace nella società del XXI secolo». In altre parole guardando al principale dominio (quello delle competenze alfabetiche) la «maggior parte della popolazione italiana (il 71.9%) si colloca al livello 2 o sotto», il che significa che «più di sette italiani su dieci sono analfabeti funzionali o hanno capacità cognitive e di elaborazione minime». Secondo l’indagine Piaac nessun adulto italiano studiato si colloca al livello 5 (tra i Paesi Ocse si arriva allo 0,7%), il 3,3% è al livello 4 (11,3% nei Paesi Ocse), e il 26,5% è al livello 3 (a fronte del 38,7% Ocse). Suddividendo l’analisi per fasce d’età emerge poi un vero e proprio paradosso: in Italia la classe dei 25-34enni si conferma quella che ottiene le performance migliori, ma è la stessa che è tra le meno valorizzate e più colpite dalla crisi economica, soggetta a disuguaglianze crescenti in fatto di reddito e ricchezza disponibili.

Tutto questo ha inevitabili ripercussioni in ambito democratico. L’analfabetismo funzionale è «correlato ad una scarsa convinzione nella partecipazione politica», che non a caso in Italia è molto bassa, mentre è molto alta la sfiducia verso il prossimo. «Già Tullio De Mauro aveva sottolineato come più del 50% degli italiani si informa (o non si informa), vota (o non vota), lavora (o non lavora), seguendo soltanto una capacità di analisi elementare […] Un analfabeta funzionale, in sostanza, interpreta il mondo confrontandolo esclusivamente con le sue esperienze dirette», e «non è capace di costruire un’analisi che tenga conto anche delle conseguenze indirette, collettive, a lungo termine, lontane per spazio o per tempo». Analisi che, per definizione, risulta fondamentale anche per progettare e perseguire ogni obiettivo di sviluppo sostenibile, inteso come “quello sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri”.

Tutto questo, già secondo De Mauro, rende l’analfabetismo «un instrumentum regni, un mezzo eccellente per attrarre e sedurre molte persone con corbellerie e mistificazioni». Per questo è oggi più che mai necessario riassegnare centralità alla conoscenza, in modo da abitare la realtà e darci una chance di cambiarla: «Se gli italiani non fossero in così ampio numero degli analfabeti funzionali – conclude l’Istituto Cattaneo – potrebbero agire elettoralmente in modo molto diverso».