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Italia 2030, qual è la rotta verso gli obiettivi Onu per lo sviluppo sostenibile?

Nella bozza di Strategia nazionale presentata dal governo sono presenti alcuni lodevoli obiettivi, ma nessun Fondo per finanziarne il raggiungimento

[26 Maggio 2017]

Sono passati un anno e otto mesi da quando l’assemblea generale delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione Transforming our world: the Agenda 2030 for sustainable development con la quale l’Italia e altri 192 Paesi si sono assunti l’impegno di perseguire un obiettivo comune di sviluppo sostenibile, declinato in 17 Sustainable development goals (Sdgs) e 169 relativi target.

Nel frattempo il 21 marzo 2017 il ministero dell’Ambiente italiano ha presentato la bozza di Strategia nazionale di sviluppo sostenibile, in vista della sessione programmata per il prossimo luglio dell’High level political forum dell’Onu, l’organismo che ha il ruolo di monitorare il follow-up e l’implementazione degli impegni assunti dai Paesi in attuazione dell’Agenda 2030 e degli Sdgs.

Grandi aspettative vengono riposte su questo primo passo concreto del nostro Governo verso la promozione di una politica nazionale di sviluppo sostenibile che fino ad oggi ha sempre proceduto con un’andatura molto lenta e caratterizzata da diverse pause e tentennamenti.

Un iniziale significativo contributo sull’analisi delle lacune da sanare e le iniziative da intraprendere in Italia era stato apportato dall’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (Asvis), che nel Rapporto del 2016 dal titolo “L’Italia e gli obiettivi di sviluppo sostenibile” ha messo in luce diversi aspetti problematici e fornito numerosi suggerimenti per la compilazione della Strategia italiana.

Successivamente, il ministero dell’Ambiente ha pubblicato, il 4 gennaio 2017, il rapporto sul Posizionamento italiano rispetto ai 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, che ha costituito il punto di partenza per l’elaborazione concreta della bozza della nuova Strategia nazionale. In tale rapporto sul posizionamento dell’Italia rispetto ai 17 Sdgs emerge una situazione non proprio rosea: il nostro Paese compare nella “zona rossa” in sette casi (educazione, occupazione, disuguaglianza, consumo responsabile, lotta contro il cambiamento climatico, pace e giustizia, partnership) e in quella “gialla” nei rimanenti 10, mentre in nessun caso rientra in quella “verde”, cioè pienamente in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile.

Tuttavia, dopo la recente presentazione della bozza di Strategia nazionale da parte del ministero dell’Ambiente, sembra che oggi qualcosa si stia finalmente muovendo. D’altronde, un deciso passo avanti del nostro Paese in questo ambito appare molto urgente, visto che la mancanza di una chiara direzione da seguire da parte delle istituzioni sul tema dello sviluppo sostenibile, che ha caratterizzato le attività degli ultimi anni, si riflette su numerose questioni irrisolte negli ambiti sociali, economici e ambientali.

La bozza di Strategia nazionale di sviluppo sostenibile presentata dal ministero dell’Ambiente propone l’istituzione di un quadro organico di riferimento nazionale per la promozione dello sviluppo sostenibile, in attuazione di quanto determinato dall’articolo 3 della Legge n. 221/ 2015, che modificando quanto precedentemente stabilito dal Decreto Legislativo n. 152/2006, prevede l’aggiornamento della Strategia nazionale con cadenza “almeno” triennale.

Le proposte contenute nella bozza di Strategia sono suddivise, sul modello dell’Agenda 2030, in cinque aree tematiche (le cinque P), cioè Persone, Pianeta, Prosperità Pace e Partnership. Ogni area tematica è composta da un sistema di scelte declinate in obiettivi strategici nazionali in cui vengono indicati anche gli strumenti chiave per l’attuazione. Il documento è arricchito da otto allegati, tra gli altri uno che riprende l’analisi sul posizionamento dell’Italia rispetto ai relativi 17 target ed altri due sull’inquadramento preliminare degli strumenti normativi e degli strumenti di attuazione. In particolare, quest’ultimo rappresenta un importante punto di partenza per la realizzazione di un efficiente sistema di monitoraggio, che risulta un imprescindibile elemento costitutivo di una efficace Strategia nazionale.

Per quanto riguarda gli obiettivi previsti dalla bozza di Strategia nazionale, questi sembrano tendenzialmente in linea con quanto richiesto dalla Raccomandazione delle Nazioni Unite per il disegno delle strategie nazionali ed in molte parti riprendono tematiche e suggerimenti già contenuti nel citato Rapporto dell’Asvis del 2016.

Nello specifico, va salutato positivamente il processo partecipativo promosso dal ministero dell’Ambiente, che ha visto il coinvolgimento di diversi soggetti istituzionali e di numerosi altri stakeholders, tra cui organizzazioni non governative, società scientifiche nazionali, università e esponenti della società civile.

A tal fine, va sottolineato il coinvolgimento di regioni ed altri enti locali nel percorso di definizione della Strategia, il quale risulta fondamentale per promuovere la declinazione dei contenuti nei diversi livelli territoriali e stimolare la costruzione di una governance multilivello. L’importanza riposta su una concertazione “verticale”, accostata a quella “orizzontale” altrettanto necessaria, costituisce indubbiamente un elemento di forza della bozza di Strategia, che d’altronde non tralascia neppure la dimensione “esterna”, dedicando il capitolo sulla “Partnership” a questi aspetti.

Dal punto di vista economico, il traguardo chiave del piano è quello di promuovere un nuovo modello di economia circolare che, come già rilevato dall’Asvis, appare l’unica risposta adeguata all’esigenza di coniugare sviluppo economico, occupazione, risparmio energetico e riduzione dell’impronta ecologica dell’uomo nell’era dell’Antropocene. A tal fine, l’obiettivo di riferimento inserito nella bozza è quello di “abbattere la produzione di rifiuti, azzerare il conferimento in discarica e promuovere il mercato delle materie prime seconde”, con un target di diminuzione dei rifiuti in discarica del 10% per il 2030.

Un ulteriore aspetto positivo è dato dal livello di dettaglio con cui ogni singolo obiettivo viene trattato: in aggiunta c’è anche un allegato sul sistema obiettivi-indicatori in cui per ogni area tematica vengono elencati tutti i traguardi, a cui si accompagnano sia indicatori primari, che rappresentano il sistema principale di monitoraggio della Strategia, sia indicatori secondari che costituiscono un sistema complementare a quello degli indicatori primari.

Nella sezione “Persone”, la bozza considera alcuni tra i temi attualmente più critici per il nostro Paese, come ad esempio il femminicidio; gli episodi di razzismo nei confronti dei migranti; l’infiltrazione della criminalità organizzata in diversi settori della società; i reati legati alle ecomafie e all’inquinamento. Tali questioni vengono definite come aspetti che, oltre alla loro intrinseca gravità, creano un freno allo sviluppo.

Si potrebbe quindi sostenere che con la bozza sono stati creati i presupposti per il superamento della frammentazione degli interventi settoriali che hanno caratterizzato le politiche italiane in tempi recenti. Va rilevato ad esempio che con riferimento ad alcune tematiche di fondamentale importanza, come per esempio quella sul settore energetico, vengono fissati nella bozza degli obiettivi di decarbonizzazione dei diversi settori dell’economia, di intensificazione della produzione di energia da fonti rinnovabili. Manca però ancora una programma di implementazione effettivo: infatti vengono enunciati gli obiettivi, ma è ancora assente una chiara linea di sviluppo e l’indicazione delle relative azioni operative che dovrebbero essere individuate quanto prima in un settore così cruciale.

Vi sono poi alcune questioni aperte, della quali la bozza non contiene traccia. Due di queste, che erano state entrambe menzionate nel citato Rapporto dell’Asvis, meritano un particolare riferimento.

La prima è quella relativa alla proposta di istituzione di un “Fondo per lo sviluppo sostenibile”. L’assenza della previsione di un tale Fondo o comunque di uno specifico sistema di finanziamento delle azioni e delle attività previste dalla Strategia fa sorgere purtroppo il dubbio che questa rischi di rappresentare l’ennesimo elenco di obiettivi aleatori e difficilmente perseguibili.

La seconda è quella relativa alla proposta di inserire il principio dello sviluppo sostenibile all’interno della Costituzione italiana, un aspetto su cui Asvis ha particolarmente insistito nel suo rapporto. Va rilevato che tale inserimento non avrebbe un valore puramente simbolico, ma potrebbe consentire al principio dello sviluppo sostenibile di rafforzare fortemente il suo ruolo. Oltre a  costituire un potente messaggio per l’opinione pubblica, l’inserimento nella Costituzione italiana potrebbe infatti rafforzare il ruolo politico e normativo del principio, facendone finalmente un punto di riferimento imprescindibile per la formulazione delle politiche e delle iniziative nazionali pubbliche e private. Senza tralasciare il fatto che tale inserimento potrebbe anche consentire di chiarire e meglio precisare il corretto significato e la specifica portata dello sviluppo sostenibile, in modo da poter finalmente riconoscere al concetto la sua inerente matrice ecologica. La riscoperta di tale matrice, che è stata messa da parte negli ultimi decenni, appare infatti assolutamente necessaria per poter avviare un’inversione di rotta nell’Era dell’Antropocene, in cui l’essere umano costituisce il principale elemento di cambiamento del sistema terrestre.

Considerato che uno degli scopi dell’Agenda 2030 è quello di tentare di scollegare la crescita economica dal degrado ambientale, probabilmente è il momento adatto per riflettere sul fatto che in tale contesto ciò che appare assolutamente prioritario è abbandonare la centralità del dogma della crescita economica tout court e sostituirla con obiettivi equilibrati di sviluppo sostenibile, che valorizzino allo stesso tempo le tre dimensioni economiche, sociali ed ambientali.

Un ulteriore dubbio che rimane, e che solo il tempo chiarirà, è quello di verificare se gli impegni che saranno presi a livello nazionale in materia di sviluppo sostenibile riusciranno a prescindere da considerazioni prettamente politiche e di governo, cioè se si potranno configurare come obiettivi largamente condivisi a livello politico (obiettivi bipartisan). Se così non fosse, il raggiungimento di obiettivi tanto ambiziosi entro il 2030 diventerà ancora più complicato, considerati i necessari tempi tecnici di attuazione delle politiche e delle relative azioni. Citando l’ex segretario delle Nazioni Unite Ban Ki Moon, a quel punto non potrà esserci un piano B perché non esiste un Pianeta B.

Non resta quindi che auspicare che la bozza di Strategia presentata dal ministero dell’Ambiente possa essere approvata in tempi rapidi e successivamente costituire il punto di partenza per un processo  di cambiamento che dovrà riguardare la società italiana nella sua interezza, in una prospettiva multilivello, proiettata verso soluzioni di medio e lungo termine, che superi e accantoni le scelte di breve periodo.

Inoltre auspichiamo che, come è stato stabilito dal Goal n. 4 dell’Agenda 2030, venga effettivamente “promossa la cultura della sostenibilità e la centralità dell’educazione allo sviluppo sostenibile”, in quanto la sensibilizzazione dei cittadini su questi temi può rappresentare una considerevole decisiva spinta “dal basso” per il raggiungimento dei più ambiziosi obiettivi di sostenibilità da parte della società italiana.

di Massimiliano Montini, in collaborazione con Francesca Grandinetti