Il “piano Borghi” del ministero della Cultura parte con grandi ambizioni ma piedi d’argilla

Senza garantire un aggiornamento infrastrutturale che ne riduca la perifericità (fisica e digitale), il dicastero riparte da zero e s’improvvisa ministero dello Sviluppo territoriale

[18 Gennaio 2022]

Investimenti da 420 milioni di euro per 21 progetti pilota “di particolare rilievo e significato”, uno per Regione, e 580 milioni per almeno 229 progetti di rigenerazione culturale e sociale (di cui 200 a favore di micro, piccole e medie imprese): questo, in sintesi, l’impegno dichiarato e tradotto in bando per il “piano Borghi” del ministro della Cultura, Franceschini. Ora si parte veramente, con scadenze ravvicinate per le scelte della Regioni e la presentazione e selezione dei bandi.

Gli auguri di successo sono dovuti, ma i dubbi e i timori sono inevitabili. Il Governo, infatti, non arriva a questa decisione con ipotesi forti, di sostanza e di metodo, sulla strategia di rinascita dei borghi storici, bensì scommette su un innesco di progettualità dal basso stimolato dalla disponibilità di risorse eccezionali (il Pnrr).

Richiede certo una buona predisposizione al rischio scommettere sul fatto che “all’idea di quel metallo, portentoso, onnipossente” – come avrebbe detto Figaro – miracolosamente si palesino le progettualità sinora inespresse e assumano improvvisamente concretezza i “modelli” di cui tanto si è parlato e poco si è realizzato.

Scommessa o azzardo? Lo vedremo tra non molto, quando leggeremo i progetti che strutture politico-amministrative generalmente molto deboli riusciranno a presentare con il supporto (auspicato) di enti pubblici ed associazioni e quello di una moltitudine, qualitativamente assai variegata, di consulenti. E lo vedremo ancor meglio nel non lontano 2026, quando tireremo le somme del fatto e del non fatto, e sarà visibile l’impatto effettivo.

Le perplessità rimangono anche perché gli obiettivi dichiarati eccedono di molto la giurisdizione e le competenze tecniche di un ministero della Cultura, che si improvvisa ministero dello Sviluppo territoriale. Diamo per credibile che l’intervento goda di una buona dose di coordinamento con gli ex-colleghi del neonato ministero del Turismo. E questo è tremendamente importante, dato che quella turistica è l’opzione di gran lunga più credibile per lo sviluppo dei borghi.

Ma è possibile immaginare borghi che dovrebbero rinascere, economicamente e demograficamente, con la ricerca, lo smart working, le Rsa, ovviamente con il turismo, etc, senza garantire un aggiornamento infrastrutturale che ne riduca la perifericità fisica e – ancora più importante – quella digitale?

Chi porterà la fibra? E chi garantirà i servizi essenziali alle persone e alle famiglie, a cominciare da quelli sanitari e scolastici? Ci saremmo aspettati un raccordo diretto con la “Strategia nazionale delle aree interne” che, pur riconoscendone i limiti attuativi, avrebbe meritato più di una citazione di passaggio, se non altro per l’innovazione di metodo che aveva promosso e per il lavoro già svolto.

E invece no, si riparte da zero. In questa fase di progettazione diffusa speriamo almeno che non siano in troppi a superare la sottile linea che divide le ambizioni dalle velleità, un rischio che questo bando purtroppo contribuisce significativamente ad aumentare.